ARTE ELETTRONICA: l’arte come modo di vedere più che di rappresentare

Si parla spesso di arte elettronica, di questa forma d’arte che per sua natura tende all’ibrido , allo scambio, alla trasformazione, all’interazione tra discipline profondamente diverse, all’impiego di tecniche antiche e tecnologie super- moderne…Quando, e come, ha avuto origine; chi sono gli artisti e chi i fruitori di tale manifestazione culturale, che è sempre più presente nelle esibizioni artistiche e culturali dei nostri giorni?
Ci introduce a questo affascinante tema Silvia Bordini, curatrice della mostra
Arte elettronica. Metamorfosi e metafore. L’intervento che segue è comparso sulla rivista ART e dossier, numero 169, luglio /agosto 2001.

Sono passati più di tre decenni dagli esordi sulla scena internazionale di modi di fare e di pensare l’arte imperniati sull’impiego di strumenti che siamo abituati a chiamare "nuove tecnologie": il video, il computer e le loro molteplici interazioni. Una periodizzazione storica potrebbe iniziare dagli anni Cinquanta, assumendo come data di partenza ideale il Manifesto del movimento spaziale per la televisione di Lucio Fontana (1952) e come preme realizzazioni i "décoll/ages" in cui Wolf Vostell inserisce schermi e trasmissioni televisive (1958-1959); mentre le fondative esperienze del trattamento delle immagini elettroniche risalgono a Nam June Paik, che fin dal 1963 genera all’interno del dispositivo televisivo un magmatico flusso di forme e suoni, e che nel 1965 inaugura l’uso creattivo della registrazione con la prima telecamera portatile avviando la lunga stagione del video d’artista. Sperimentazioni, queste, che alla fine degli anni Sessanta possiedono già una struttura ampia e in divenire, come testimoniano, tra gli altri, le ricerche di Steina e Woody Vasulka, le registrazioni di Gerry Schum, le videoperformance e le installazioni di Bruce Nauman, e le ratifiche di mostre come Cybernetic Serendipity. The computer and the Arts (1968), che proponeva Tv as a Creative Medium (New York 1969), dedicata alla videoarte. Da allora si sono diffuse nei territori dell’arte le articolazioni di un linguaggio nuovo, carico di ipotesi problematiche ed affascinanti: non solo per lo stringersi di un rapporto tra arte e tecnologia che espunge manualità e procedimenti tradizionali a favore di un fare mentale che implica un’interazione particolare tra artista e macchina – sovente in una dimensione di lavoro collettivo - , ma anche e soprattutto per le realizzazioni che ne scaturiscono. Attraverso la rielaborazione dei dati e delle potenzialità espressive e comunicative dei new media, l’arte elettronica ha mutato profondamente il senso e la nozione stessa di opera d’arte portando a compimento la decostruzione, iniziata dalle avanguardie storiche, delle tradizionali categorie di pittura e scultura come arti dello spazio e letteratura e poesia come arti del tempo. Nelle immagini e nell’immaginario delle opere si immettono le suggestioni di musica, suoni e parole, l’animazione del movimento, la fluidità di un senso del tempo di volta in volta espanso o contratto o moltiplicato, i suggerimenti di una percezione diversa, più attiva ed intensa sul piano del corpo e dei sensi; intessuta dalla dimensione mobile ed incorporante dell’evento, l’arte elettronica sollecita nell’osservatore una partecipazione emotiva, mentale, fisica, fino a immetterlo all’interno dell’opera e a farlo intervenire anche nella responsabilità dei suoi funzionamenti e delle strategie degli artisti.

Tutto questo si è avverato e avviene in un continuo confronto con le tradizioni e con le sperimentazioni dell’orizzonte artistico. Non a caso si sono accostati al video, e alle sue svariate ibridazioni con l’informatica, artisti provenienti da diversi campi operativi, alcuni per attraversamenti sperimentali di breve durata, molti scegliendo questo settore come campo privilegiato ed esclusivo d’azione. Per tutti comunque l’esplorazione dei mezzi elettronici si configura come una ricerca, continua, versatile e polivalente; fondamentale è l’attitudine a una sperimentazione in direzioni diverse e a una continua e intensa contaminazione e interazione di linguaggi. Una dimensione "in progress" che si esplica in un contesto internazionale fitto di scambi, di apporti individuali differenziati come di momenti di aggregazione collettiva, di confronti, in un tessuto di continuità e diversità.

Assi portanti per una possibile lettura della storia dell’arte elettronica sono le categorie della metamorfosi e della metafora. Metamorfosi perché un carattere peculiare dell’arte elettronica è l’intrinseca mutabilità di immagini trattate come materia plasmabile che si trasforma dal proprio interno. Non solo, ma anche per la sua vocazione a proporre, trasfigurandoli, narrazioni e miti dell’oggi, archetipi antichi e nuovi di un immaginario nella cui identità concorre la presenza delle profonde trasformazioni delle forme del comunicare e del pensare legate all’accelerazione tecnologica del mondo attuale. Video e videoinstallazioni costituisco un’arte ibrida, che incessantemente trasmigra dall’immobilità al movimento, dall’oggetto all’immaterialità, dal compiuto al modificabile, dall’unicum al riproducibile, dal silenzio al suono, dal dato fisico alla fluidità, dalla materia all’evento, dalla contemplazione alla partecipazione, dal visibile all’invisibile. Articolando in tal modo le suggestioni metaforiche proprie dell’arte nella costruzione di un linguaggio che incorpora e rielabora il tempo e lo spazio, persona e natura, oggetti e ombre, moltiplicando nelle sue intenzioni e invenzioni i riferimenti a una pluralità di mondi e sensi possibili, tra i poli complementari di realtà e apparenza. Le opere dell’arte elettronica si configurano come metafore del mutare dei rapporti e dei desideri all’interno della ricchezza e dell’entropia di una comunicazione invasiva, stimolante e stordente, della natura e della cultura mutanti in cui siamo immersi. Una realtà nei cui confronti gli artisti si sono posti nei termini di indagine e interpretazione, dialetticamente rappresentandola o trasfigurandola, manipolando l'apparenza e l'esperienza, utilizzando e volgendo a significati altri proprio quelle tecnologie multimediali che la caratterizzano; l’arte come modo di vedere più che di rappresentare.