Bruno Pontecorvo, il fisico che scelse l'URSS
Negli anni ‘50 del secolo scorso poco lontano da Mosca, sulle rive del Volga, sorgeva la giovane città di Dubna. In questa cittadina, voluta nell’immediato dopoguerra dal fisico nucleare ed ex direttore del progetto per la costruzione della bomba atomica sovietica Igor Kurciatov, era stato allora costruito il più potente acceleratore di particelle elementari del mondo e, benché gli esperimenti riguardassero soltanto problemi fisici fondamentali, tutti i lavori erano coperti dal segreto più assoluto. Tutti i calcoli e le annotazioni venivano riportate solo su un apposito registro, che veniva poi custodito in un reparto particolarmente protetto. Ma fra le annotazioni ne spiccavano alcune che riportavano l’intestazione in russo mentre il testo era in inglese. Come poteva essere accaduto in un giornale russo top secret e di chi erano quegli scritti? L’allora direttore dei laboratori V. P. Jelepov in merito a quel periodo affermò: “Nell’autunno del 1950 venimmo a sapere che nel nostro laboratorio avrebbe lavorato un noto fisico italiano allievo del celebre Fermi”. Si trattava di Bruno Pontecorvo, che era da poco arrivato a Mosca dall’estero; allora vi furono molte leggende su come Pontecorvo fosse arrivato in Unione Sovietica e per quali motivi avesse deciso di stabilirsi in Russia.
A Dubna Pontecorvo prese dimora in una villetta nella via principale della cittadina scientifica, sia lui che i familiari non conoscevano il russo, nacquero così delle difficoltà che però Pontecorvo superò con il suo fascino naturale e il modo di comportarsi. In Russia si usa chiamare per nome patronimico, i colleghi e amici erano a disagio a chiamare Pontecorvo soltanto Bruno, così gli chiesero il nome di suo padre e da allora assunse ufficialmente il nome Bruno Maksimovich (dal nome del padre Massimo) Pontekorvo.
Bruno Pontecorvo
Bruno Pontecorvo era nato il 22 agosto 1913 a Marina di Pisa da una famiglia benestante – suo padre dirigeva una fabbrica di stoffe – di origine ebraica e con una certa tendenza alla genialità: il fratello maggiore di Bruno, Guido Pontecorvo, diventerà un biologo e genetista di fama mondiale, il fratello minore Gillo uno dei più grandi e ammirati registi cinematografici e fra i cugini ricordiamo Emilio Sereni ed Eugenio Colorni, il primo partigiano e politico, il secondo filosofo e antifascista. Particolarmente stimolanti erano anche le frequentazioni della famiglia, infatti passarono per casa Pontecorvo due giovani studenti di Fisica di nome Enrico Fermi e Franco Rasetti. Quest’ultimi Bruno li incontrerà nuovamente nel 1931, in veste di commissari, nel colloquio di ammissione al terzo anno della Facoltà di Fisica di Roma dopo che aveva frequentato e superato il biennio di Ingegneria a Pisa. Fermi e Rasetti in quegli anni stavano cercando di organizzare un gruppo di lavoro sulla Fisica nucleare, che ai tempi era ai suoi albori, così, dopo aver superato la prova di ammissione, il giovane Bruno – che aveva solo diciotto anni e per questo fu soprannominato “cucciolo” – entrò a far parte del gruppo dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperna” dal nome della via in cui era ospitato l’Istituto di Fisica.
Bruno era ancora uno studente di Ingegneria, quando sentì parlare per la prima volta del neutrino. L’esistenza di questa speciale particella fu ipotizzata nel 1930 dal fisico teorico austriaco Wolfgang Pauli che la associò al fenomeno del decadimento β. Questo processo fisico è un particolare tipo di decadimento radioattivo che coinvolge le forze nucleari deboli, in cui in cui si verifica l’emissione da parte di un nucleo di un elettrone negativo o positivo e la sua conseguente trasformazione in un nuovo elemento. Ma la radioattività β in quegli anni poneva un grave problema: gli elettroni non venivano emessi con una singola energia ma con uno spettro di energie che variava con continuità. A differenza di quanto accadeva nella gran parte dei fenomeni di decadimento α e γ, in cui l'energia della particella emessa è determinata dalla differenza di energia tra il nucleo iniziale e quello finale e quindi è sempre la stessa, nel caso del decadimento β si registrava la “scomparsa” di una porzione di energia dai prodotti finali del processo, in palese violazione con le leggi di conservazione. Per cercare di fornire una soluzione al problema, Pauli affermò che nel decadimento β non veniva emesso soltanto un elettrone o un positrone, ma anche una seconda particella di natura neutra che sfuggiva ai loro strumenti e portatrice dell’energia mancante.
Pauli chiamò questa particella “neutrone” ma quando nel 1932 il fisico inglese James Chadwik annunciò di aver scoperto il “neutrone”, Pontecorvo e gli altri ragazzi che frequentavano l’Istituto di Fisica chiesero a Fermi se la particella scoperta dell’inglese fosse quella ipotizzata da Pauli. Fermi rispose che i neutroni di Chadwick erano troppo grandi e pesanti, mentre i neutroni previsti dal fisico austriaco dovevano essere piccoli e leggeri, così ribattezzò quest’ultimi “neutrini”. Ma Fermi e il suo gruppo non si limitarono a dare un nome nuovo alle particelle, proseguirono gli studi fino ad arrivare a quello che Bruno Pontecorvo definì il “debutto nel campo della Fisica nucleare pura”. Nel 1933 Fermi pubblicò la sua teoria del decadimento β (Tentativo di una teoria dei raggi β), in cui veniva descritto il neutrino nel suo giusto ambito fisico e si dimostrava l’esistenza dell’interazione debole, una nuova forza fondamentale della natura che si aggiungeva alle due fino ad allora note: la forza di gravità e la forza elettromagnetica.
Il ‘34 è anche l’anno in cui i ragazzi di via Panisperna, che comprendevano Edoardo Amaldi ed Emilio Segré, iniziarono il celebre esperimento nel quale bombardarono i nuclei atomici con i neutroni di Chadwik, ottenendo durante queste prove, pur non accorgendosene, la fissione di nuclei atomici. Questa tecnica innovativa farà di Roma, per almeno i successivi quattro anni, la capitale mondiale della Fisica nucleare.
La natura di Pontecorvo si distingueva da quella degli altri componenti del gruppo poiché, oltre a mostrare grandi doti come fisico sperimentale e teorico, era evidente in lui il profilo di abile fenomenologo, ossia una grande capacità di approfondire applicazioni e ipotesi di lavoro. Fu nell’estate successiva che Pontecorvo insieme a Edoardo Amaldi, nel proseguire gli esperimenti sui nuclei atomici, si accorsero che quando i neutroni attraversavano un filtro di paraffina risultavano cento volte più efficaci del solito nel provocare la radioattività dell’argento. Fermi e il suo gruppo compresero che i neutroni venivano rallentati dalla paraffina e dunque avevano maggiore probabilità di incontrare i nuclei dell’elemento irradiato e renderlo attivo. Nascevano così i celebri esperimenti coi cosiddetti neutroni lenti che avevano la proprietà di rimanere nelle vicinanze del nucleo per un tempo sufficientemente lungo da aumentare la loro probabilità di essere riassorbiti. A questo punto della sua carriera Bruno Pontecorvo era poco più che ventenne ma era già entrato nella storia della Fisica.
Nel 1936, dopo gli eclatanti successi, il ventitreenne Pontecorvo si recò a Parigi con una borsa di studio del Ministero per l’Educazione Nazionale. Qui, grazie a una raccomandazione di Fermi, collaborò con Frédéric e Irène Joliot-Curie – rispettivamente genero e figlia di Pierre e Marie Curie e vincitori nel 1935 del premio Nobel per la scoperta della radioattività artificiale – su degli esperimenti riguardanti gli urti tra neutroni e protoni e le transizioni elettromagnetiche tra isomeri.
A Parigi Bruno Pontecorvo, oltre a farsi notare per le sue doti di scienziato, si fa notare per il suo fisico sportivo da grande giocatore di tennis e proprio nella capitale francese incontrò la giovane svedese Marianne Nordblom che divenne dopo poco tempo sua moglie e da cui ebbe presto il primo figlio Gil. Ma Parigi gli fu fatale non solo in amore, qui nel clima del Front Populaire e della guerra di Spagna cominciò a interessarsi di politica. Gran parte dei suoi colleghi erano di sinistra, Irène Joliot era membro del governo del socialista Léon Blum, il marito Frédéric Joliot attivo comunista, come anche suo cugino Emilio Sereni, intellettuale e dirigente del PCI, perseguitato in Italia dal regime fascista e rifugiatosi per l’appunto in Francia. Grazie a suo cugino, Bruno stabilì rapporti con tutta l’intelligencija politica emigrée e nell’agosto del ‘39, in presenza di Luigi Longo, aderì e si iscrisse al PCI. Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali del 1938 Pontecorvo, ebreo e comunista, era dovuto restare (raggiunto dal fratello minore Gillo a cui più era legato) in Francia. Nel settembre del ‘39 scoppiò la guerra e nel giugno del ‘40, contemporaneamente all’invasione di Parigi da parte delle truppe tedesche, l’Italia prese parte al conflitto mondiale. Per gente come Pontecorvo cominciava ormai a non esserci più posto nel Vecchio Continente e così decise di lasciare la Francia; scappò prima in Spagna dove in seguito a un rocambolesco viaggio riuscì a raggiungere gli Stati Uniti. Nell’agosto del 1940 era con la famiglia a Tulsa, nell’Oklahoma, dove lavorava in una compagnia petrolifera in cui mise a punto una tecnica di introspezione dei pozzi petroliferi basata sul tracciamento di neutroni – il cosiddetto carotaggio neutronico dei pozzi di petrolio – che rappresentò la prima applicazione della scoperta delle proprietà dei neutroni lenti fatta all’Istituto di via Panisperna.
Negli Stati Uniti, probabilmente a causa delle sue idee comuniste, non fu coinvolto nel Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica e così nel ‘43 si trasferì in Canada dove fu chiamato dai laboratori di Montreal e poi di Chalk River a partecipare a ricerche teoriche nel campo dei raggi cosmici, delle particelle elementari ad alta energia, in particolare dei neutrini e del decadimento del muone. Nel 1946 perfezionò un metodo radiochimico, basato sulla trasmutazione cloro-argon, per cercare di catturare i neutrini provenienti dal Sole, ma il neutrino è una particella estremamente elusiva e catturarlo non è semplice. La tecnica di Pontecorvo non era perfetta ma partendo dalla reazione studiata dal fisico italiano, verso la fine degli anni Sessanta nella miniera di Homestake negli Stati Uniti, per iniziativa di Raymond Davis (premio Nobel per la Fisica nel 2002), ebbe inizio l’esperimento che portò alla cattura dei neutrini solari e per primo a una stima del loro numero.
Fra il 1944 e il 1945 Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni portarono a termine un esperimento di estrema importanza – che diede il via alla cosiddetta Fisica delle particelle elementari – nel quale identificarono una particolare particella presente nei raggi cosmici: il mesotrone (detto oggi mesone μ o muone). Il muone appariva come un elettrone duecento volte più pesante, instabile e con una vita abbastanza corta (prodotto nell’alta atmosfera “vive” il tempo necessario per arrivare sulla Terra viaggiando quasi alla velocità della luce) che però una volta morto non si disintegrava in un elettrone e un fotone ma solamente in un elettrone. Questo elettrone inoltre non possedeva un’energia ben definita ma assortita in un intervallo continuo, il che significava che il muone si divideva in un elettrone e in almeno altre due particelle neutre invisibili alle strumentazioni.
In questo ambito, nel ‘47 Pontecorvo fu tra i primi a dedurre, servendosi delle teorie di Enrico Fermi che avevano introdotto i neutrini nelle interazioni deboli, che la cattura del muone da parte del nucleo atomico, proprio come la cattura dell’elettrone, producesse neutrini. Dunque l’interazione debole scoperta da Fermi si rivolgeva ad un ambito molto più generale di quello del decadimento β. Inoltre Pontecorvo, sulla scia delle intuizioni di Ettore Majorana e Gian Carlo Wick, ipotizzò che i due neutrini prodotti dal muone fossero di natura diversa, uno come partner fisso del muone primario, l’altro come partner dell’elettrone. A questo punto Bruno Pontecorvo si proponeva come uno dei più grandi esperti al mondo di Fisica del neutrino.
Nel 1948, dopo aver ottenuto la cittadinanza britannica, Pontecorvo, su invito del fisico John Cockcroft (che nel 1932, insieme all’irlandese Ernest Walton, ottenne la disintegrazione dei nuclei di litio e boro mediante protoni accelerati, esperimento che valse loro il Nobel nel ‘51) si trasferì ad Harwell nei pressi di Oxford. Qui aveva sede l’Atomic Energy Research Establishment, il principale centro di ricerche nucleari installato dal governo inglese, dove Pontecorvo partecipò al progetto per la costruzione della bomba atomica inglese e si dedicò agli studi sui raggi cosmici.
Pontecorvo non aveva ancora quarant’anni, era di bell’aspetto, sorridente e affabile, amante dello sport, ottimo giocatore di tennis (lo era stato sempre), appassionato di pesca subacquea e di sci nautico. Una condizione invidiabile se non fosse che il suo mestiere lo collocava nell’ambito scottante dell’energia atomica per uso bellico e i connessi segreti, nonostante lui non fu mai coinvolto in maniera diretta. Il fisico italiano, in occasione delle sue numerose trasferte scientifiche, aveva conosciuto sia Alan Nunn May sia Klaus Fuchs, due fisici condannati in Inghilterra per spionaggio in favore dell’Unione Sovietica; è in questo oppressivo contesto di “caccia alle streghe” che si collocano le scelte e le azioni di Pontecorvo.
Nell’estate del 1950 lo scienziato, insieme a sua moglie e ai suoi tre figli, lasciò la casa di Abington, nei pressi di Harwell, senza avvertire nessuno. Ogni ricerca fu vana e in Parlamento il Ministro per l’Approvvigionamento militare George Strauss, dopo aver escluso che Pontecorvo avesse mai avuto accesso a ricerche di carattere segreto, si disse convinto che si trovasse in Russia. In realtà lo scienziato con la sua famiglia aveva raggiunto in macchina l’Italia. Dopo un breve periodo nella sua terra natale, prese un aereo da Roma con destinazione Stoccolma e da lì si imbarcò per Helsinki; destinazione successiva Leningrado. Per superare la cortina di ferro i Pontecorvo si divisero: Marianne e i ragazzi su un’automobile, Bruno nascosto nel bagagliaio di un’altra. Entrati in Unione Sovietica e giunti a Mosca gli assegnarono un comodo appartamento in via Gorkij. I sovietici si mostrarono gentili e deferenti ma altrettanto inflessibili per quanto riguardava la segretezza. Per alcuni mesi l’intera famiglia fu costretta all’isolamento e quando il fisico italiano chiese di poter spiegare alla radio le motivazioni della sua fuga in URSS glielo vietarono.
Pontecorvo fu trasferito a Dubna, città a un centinaio di chilometri dalla capitale dove risiede l’aristocrazia della Fisica sovietica, dove gli fu affidata la direzione della divisione di Fisica sperimentale del Laboratorio dei Problemi Nucleari. Qui maturarono le sue fondamentali ricerche nella Fisica delle particelle elementari e, successivamente, in Astrofisica. Dal ‘54 al ‘57 si dedicò all’interazione di pioni (mesoni più leggeri) con i nuclei e, in una pubblicazione del 1959 per primo dimostrò per via teorica l’esistenza di diversi tipi di neutrini (come ipotizzato nel ‘47) associati ai leptoni carichi (elettroni e muoni) le cui differenti proprietà sono rilevabili. Con questo risultato nasceva la Fisica dei neutrini ad alta energia. Benché l’acceleratore di particelle di Dubna fosse fra i più potenti al mondo, non era adatto a provare i risultati di Pontecorvo. Soltanto pochi anni dopo, agli inizi degli anni Sessanta, gli americani Leon Ledermann, Melvin Schwartz e Jack Steinberger confermarono sperimentalmente le ipotesi del fisico italiano. Questa scoperta valse ai tre fisici il premio Nobel per la Fisica nel 1988 per “il metodo del fascio di neutrini e la dimostrazione della struttura doppia dei leptoni attraverso la scoperta del neutrino muone”, suscitando lo scalpore di una parte della comunità scientifica internazionale per l'esclusione del fisico teorico che per primo effettuò la previsione. In questi anni Pontecorvo propose anche un metodo per rivelare gli antineutrini prodotti nei reattori nucleari; questa tecnica fu utilizzata con successo nel 1956 a Savannah River negli Stati Uniti da Frederick Reines (che per questo esperimento ricevette nel 1995 il Nobel).
Cittadino sovietico dal 1952, l’anno seguente ricevette il Premio Stalin e dal ‘58 fu ammesso all’Accademia sovietica delle scienze. Soltanto nel 1955 tornò ad apparire in pubblico in occasione di una conferenza stampa nella sede dell’Accademia, in cui il fisico raccontò la sua vicenda e le motivazioni dell’adesione al modello comunista. Il discorso era di carattere fortemente politico nel quale accusò gli Stati Uniti di essere una potenza belligerante rivendicando il ruolo di potenza di pace per l’Unione Sovietica; in quell’occasione ribadì la sua estraneità ad ogni progetto di costruzione di una centrale atomica. Negli anni a seguire le sue posizioni politiche rimasero statiche: nel ‘56 considerò “controrivoluzionari” i patrioti di Budapest e nel ‘68, pur condannando l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, non aderì alle proteste dei comunisti italiani – che gli sospesero l’abbonamento a l’Unità – e non si schierò nella vicenda del fisico dissenziente Sacharov.
Tra il 1957 e il 1967 Pontecorvo pubblicò sul Soviet Journal Experimental and Theoretical Physics l’articolo “Mesonium and Anti-Mesonium” in cui elaborò la teoria del mescolamento leptonico. I leptoni sono particelle subatomiche suddivise in tre famiglie: gli elettroni, i muoni e i tauoni (quest’ultima sconosciuta da Pontecorvo perché individuata soltanto nella seconda metà degli anni ’70 da Martin Lewis Perl) a cui è associato un particolare neutrino. A ciascun doppietto di leptoni viene assegnato un numero leptonico – che tiene conto dei neutrini associati alle particelle – che viene rigorosamente conservato (cioè la somma dei numeri leptonici di ogni famiglia nello stato iniziale è uguale alla somma dei numeri leptonici nello stato finale) in tutte le interazioni. Secondo la teoria elaborata da Pontecorvo i diversi tipi di neutrini, nel vuoto, possono “oscillare” ossia trasformarsi gli uni negli altri e quindi avere una massa, seppure molto piccola. Questo fenomeno – noto come “oscillazione dei neutrini” – è stato verificato per i neutrini solari nel 1968 e fu fecondo di sviluppi. Parzialmente confermato nel ‘98 con l’esperimento Super-Kamiokande, svolto nella miniera giapponese di Kamioka, che ha mostrato con una certa attendibilità la presenza di trasformazioni di neutrini atmosferici mu, recentemente è stato confermato con gli esperimenti del 2010 condotti dai Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso sui fasci di neutrini prodotti da acceleratori (si è osservata in particolare l’oscillazione dei neutrini muonici in neutrini tau).
Per molti anni Pontecorvo non poté lasciare l’URSS e riuscì a ritornare la prima volta in Italia nel 1978 in occasione del settantesimo compleanno di Edoardo Amaldi; in quello stesso anno comparvero i primi sintomi del morbo di Parkinson che progressivamente, senza mai togliergli lucidità, gli intralcerà i movimenti. Dopo qualche anno tornò a stabilirsi a Roma a casa della sorella Laura; sono anni difficili per il Pontecorvo “comunista”: una perdita di fiducia nei dogmi e negli ideali di una vita intera, la disillusione e il rammarico per la fine dell’Unione Sovietica. In un’intervista con Miriam Mafai alla domanda della giornalista se si fosse pentito della scelta fatta quarant’anni prima, Pontecorvo rispose: “Ci ho pensato molto, a questa domanda. Puoi immaginare quanto ci ho pensato. Ma non riesco a dare una risposta”.
L’amore per la sua seconda patria non lo abbandonò e così nel ‘93 volle tornare a Dubna. Qui, a causa del Parkinson, subì una brusca caduta dalla bicicletta e si ruppe il femore; decise di curarsi a Roma ma il suo fisico non resse lo stress e morì a Dubna il 24 settembre 1993. Bruno Pontecorvo è stato il massimo scienziato nel campo della Fisica dei neutrini e tutte le teorie e ipotesi da lui esposte si sono rivelate corrette; ma è stato anche un protagonista del Novecento, degli anni della guerra fredda, dominati da passioni ingenue e da certezze sfrontate. Anche dopo la sua morte il fisico non ebbe una sola patria e per sua volontà metà delle ceneri furono sepolte nel cimitero di Dubna e l’altra metà riposano nel cimitero acattolico di Roma.
Bibliografia
[1] Carlo Bernardini, Bruno Pontecorvo fa cent’anni, scienzainrete.it, 2013
[2] Luisa Bonolis, Bruno Pontecorvo, from slow neutrons to oscillating neutrinos, American Journal of Physics 73, pp. 487-499, 2005.
[3] Frank Close, Neutrino, Raffaello Cortina, Milano, 2012.
[4] Miriam Mafai, Il lungo freddo. Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l’URSS, Mondadori, Milano, 1992.
[5] Simone Turchetti, Il caso Pontecorvo. Fisica nucleare, politica e servizi di sicurezza nella guerra fredda, Sironi, Milano, 2007.
Note
1. La particella doveva essere neutra altrimenti sarebbe stata rilevata tramite il suo potere ionizzante e non poteva essere un fotone poiché i dati sperimentali sembravano escluderlo.
2. Ai tempi si credeva che il nucleo fosse composto soltanto da elettroni e protoni.
3. L’osservazione diretta di un neutrino non avvenne prima del 1956 con l’esperimento dei fisici statunitensi Clyde Cowan e Frederick Reines, in cui neutrini prodotti da un reattore nucleare vennero fatti interagire con i protoni dell’acqua contenuta in un serbatoio.
4. Durante gli esperimenti eseguiti da Fermi e i suoi collaboratori era stato notato che bombardando alcuni nuclei leggeri con i neutroni lenti si otteneva la formazione di diversi nuclidi radioattivi. Solo nel 1939 i fisici tedeschi Otto Hann e Fritz Strassmann, che condussero analoghi esperimenti con l’uranio, provarono che quando questo veniva bombardato con i neutroni si otteneva la formazione di due grossi frammenti nucleari che subivano successivamente una serie di trasformazioni radioattive. A questo tipo di reazione nucleare – che consiste nella scissione del nucleo atomico degli elementi più pesanti in due parti (raramente più di due) aventi masse che stanno in un rapporto dell’ordine di 3/2 – fu dato il nome di fissione nucleare.
5. Il problema dei neutrini solari nacque a partire negli anni ‘70 dopo la pubblicazione dei risultati dell’esperimento di Homestake e riguardava una grossa discrepanza tra il numero osservato di neutrini che arrivano sulla Terra e il numero predetto da modelli teorici. Il problema è stato risolto grazie alle scoperte nell’ambito della Fisica dei neutrini, che hanno richiesto una modifica del Modello Standard della Fisica delle Particelle in modo che fossero permesse le oscillazioni dei neutrini.
6. Sulla pietra tombale di Bruno Pontecorvo nel Cimitero degli Inglesi a Roma compare la scritta:
νμ ≠ νe (il neutrino-mu è diverso dal neutrino-e).
7. Alan Nunn May è stato un fisico britannico che durante la seconda guerra mondiale fu una spia sovietica che rivelò i segreti atomici inglesi, fu condannato ai lavori forzati nel 1946; Klaus Fuchs è stato un fisico teorico tedesco emigrato nel Regno Unito con l’avvento del nazismo. Fu arrestato nel 1950 dagli agenti di Scotland Yard con l’accusa di aver ceduto all’URSS alcuni segreti sulla bomba atomica e all’idrogeno.
8. Andrej Dmitrievič Sakharov è stato un fisico sovietico. Negli anni ‘50 contribuì alla costruzione della bomba all’idrogeno ma, a partire dagli anni ’70, divenne voce critica nei confronti degli aspetti repressivi del regime sovietico, tanto da fondare nel 1970 il “Comitato per i diritti civili e prendere le difese dei dissidenti e dei perseguitati”. La sua attività in favore dei diritti civili fu premiata col Nobel per la Pace nel 1975.