Digital Divide: un problema di democrazia
In un'era in cui tutto si basa sull'informazione avere l'accesso alle nuove tecnologie di comunicazione è una questione di sopravvivenza. Si parla di comunità globali e virtuali, si accenna all'idea di un mondo reso piccolo dalle reti informatiche ma a volte sembra tutto un'illusione futurista.
In una ricerca svolta dall'AMD, principale concorrente dell'Intel nella produzione di microprocessori per i computer, sono stati evidenziati i dati reali di quello che gli esperti chiamano digital divide ovvero la rappresentazione di quelle persone che non hanno accesso a Internet.
Se la ricerca svolta abbia, o no, fini commerciali non è molto importante in questo caso. I dati, infatti, parlano chiaro e ci fanno capire alcune cose importanti: l'assunzione che il digital divide sia piccolo e stia per trasformarsi in un dato irrivelante è assolutamente falsa. Le differenze di utilizzo e di possibilità di accesso sono ancora molte e molto sfaccettate. L'interesse dei ricercatori si è rivolto a capire tutte le forme di digital divide e analizzarle come un fenomeno unico che va dalle possibilità fisiche di accesso a quelle economiche, per poi unirle a differenze nelle competenze d'uso della rete.
Oltre al dato noto che afferma la differenza su un livello globale (del 10% della popolazione internazionale che ha accesso a Internet, l'88% appartiene ai Paesi industrializzati), ciò che è risultato dalla ricerca dell'AMD è una distribuzione non equa anche all'interno dei Paesi industrializzati. Già questo fa capire come le possibilità di accesso siano influenzati sia da fattore tecnologici ma soprattutto da fattori sociali.
La ricerca si è svolta analizzando i dati di 8 Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Italia, Giappone, Corea, Cina e Messico) secondo questi parametri: chi accede ai computer e a Internet, diviso per sesso, età e posizione geografica; dove viene utilizzato l'accesso; la durata delle connessioni; come e perché si utilizza la rete.
I risultati sull'Italia hanno evidenziato delle classi sociali ben distinti. Mentre tra i capifamiglia, con un'educazione di livello universitario, la percentuale di chi ha un Pc e usa Internet si aggira intorno al 60%, tra chi ha un livello primario di scolarità vi è un 7% di famiglie che hanno il computer e solo il 4% utilizza Internet. Le donne che usano Internet sono scese dal 37% del 1999 al 32% del 2001; questo dato è indicativo di particolari comportamenti se si pensa che la percentuale delle donne sale di 10 punti considerando l'utilizzo in luoghi pubblici. Insomma, come dire, la donna italiana a casa è in altre faccende affaccendata.
Infine in Italia è stato evidenziato un profondo dislivello tra l'accesso a Internet nel Nord e nel Sud del Paese. Mentre nelle regioni settentrionali si ha circa un quarto della popolazione connessa al Sud questo valore è intorno ai 16 punti percentuali in meno.
Le considerazioni finali del rapporto non sono molto innovative ma, alla luce dei dati letti, sorge un'altra preoccupazione. Se, come dicevamo all'inizio, viviamo nell'era dell'informazione, il problema posto dal digital divide non è solo tecnologico o sociale, ma anche politico. La nostra democrazia dovrebbe assicurare un eguale possibilità di accedere alle informazioni. Ma sulla rete questo non avviene.