Einstein e Popper studenti ribelli

Pubblichiamo l'articolo di Carlo Veronesi sul rapporto tra Albert Einstein e Karl Popper a partire da un loro carteggio, ripercorrendo le loro vicende scolastiche, le loro idee sull'istruzione e sul ruolo della filosofia nella scienza.

 

I contatti fra Einstein e Popper

Einstein e Popper si incontrarono in più occasioni nel corso della loro vita. La prima volta fu nel 1919, l'anno che decretò il successo mondiale della relatività generale. In quello stesso anno Einstein tenne una conferenza a Vienna a cui Popper, che all'epoca era poco più che adolescente, ebbe modo di assistere, restandone, come scriverà più avanti1, letteralmente sbalordito. Popper fu impressionato dal fatto che fosse venuta alla ribalta una teoria della gravitazione migliore di quella di Newton e soprattutto perché Einstein aveva spiegato che la sua teoria avrebbe potuto essere a sua volta confutata. In una intervista radiofonica che rilascerà alla BBC negli anni Sessanta2, Popper riconoscerà apertamente la grande influenza di Einstein sul suo pensiero, arrivando ad affermare di non aver fatto altro, nella sua filosofia, che rendere espliciti alcuni punti che sono impliciti nell'opera di Einstein. In quella occasione Popper ricordava che Einstein non fu mai soddisfatto di nessuna delle teorie da lui stesso proposte: nei suoi scritti egli criticò continuamente il proprio lavoro, anche dopo la teoria della relatività generale3, che pure gli aveva assicurato la fama mondiale. Fu questo atteggiamento di Einstein a convincere Popper che fosse lo spirito critico la vera caratteristica della grande ricerca scientifica e che ogni teoria dovesse essere vista come una congettura provvisoria, niente più che una tappa del progressivo avvicinamento alla verità.

Già nell'inverno 1919-1920, il giovane Popper, cominciò a lavorare intorno a queste idee, che poi sarebbero state rese pubbliche nella sua opera principale, la Logica della scoperta scientifica. Continuò a scrivere per molto tempo, finché, quindici anni più tardi, la Logica fu finalmente data alle stampe. Popper, attraverso i buoni uffici di amici e conoscenti musicisti, fece pervenire una copia del libro anche a Einstein. Qualche mese dopo, nel giugno 1935, Albert scrisse a Popper una lettera in cui dichiarava che il libro gli era piaciuto da molti punti di vista, che le idee erano illustrate con intelligenza e che era d'accordo sul fatto che la falsificabilità fosse la proprietà decisiva di ogni teoria sulla realtà4. Ovviamente questa lettera mandò Popper ai sette cieli, anche se, insieme agli apprezzamenti, conteneva una critica su un punto specifico del libro, un esperimento ideale5 pensato dall'ancor giovane Karl sulla interpretazione del principio di indeterminazione di Heisenberg. Popper volle replicare con due lunghe lettere, in cui cercava di spiegare meglio il suo punto di vista. Einstein rispose garbatamente ma confermò di non credere che Popper avesse ragione6.

Popper incontrerà ancora Einstein dopo il secondo conflitto mondiale, quando, professore ormai molto noto, compì il suo primo viaggio negli Stati Uniti su invito dell'Università di Harward. Era l'anno 1950 e, nel corso di quel viaggio, Popper fu invitato anche a Princeton per una conferenza su "Indeterminismo nella fisica quantistica e nella fisica classica”. A questa conferenza presenziarono due spettatori d'eccezione, Albert Einstein e Niels Bohr. Le parti si erano in qualche modo invertite perché questa volta Einstein era fra gli uditori. Ma Einstein e Popper si erano già incontrati prima della conferenza, a casa del chimico e filosofo Paul Oppenheim, che ospitava Popper in America. A quel primo colloquio ne seguirono altri due e, durante questi tre incontri, Einstein e Popper confrontarono a lungo le proprie idee, principalmente sul problema dell'indeterminismo e sulla natura del tempo. Su queste questioni non avevano esattamente le stesse idee. Einstein pensava al mondo – riferisce Popper – come a un universo chiuso a quattro dimensioni, in cui il cambiamento e lo scorrere del tempo era qualcosa di simile a una illusione umana, e in questo Popper lo paragonò all'antico filosofo Parmenide, che negava il divenire e il mutamento degli eventi naturali. Parlarono poi di varie altre questioni scientifiche e filosofiche: del principio di complementarità di Bohr, di positivismo e operazionismo, di falsificabilità e semplicità delle teorie… Questi colloqui esercitarono una grande impressione su Popper che ancora una volta rimase affascinato dalla personalità di Einstein:

"È difficile - ricorda - esprimere l'impressione che mi fece la personalità di Einstein. Forse la si può descrivere dicendo che con lui ci si sente immediatamente a proprio agio. Era impossibile non entrare in confidenza con lui, non fare implicitamente affidamento sulla sua schiettezza, la sua gentilezza, il suo buon senso, la sua saggezza e la sua semplicità quasi infantile"7.

Per parte sua Popper era di carattere assai diverso. Scriveva che in tutte le sue conferenze pubbliche aveva l'abitudine di cercare qualche argomento che contrariasse quel particolare pubblico di uditori8. Popper afferma che con questo stratagemma si proponeva di rendere più interessante il dibattito, ma è una giustificazione che nasconde solo in parte la spigolosità del suo temperamento. Einstein viene invece descritto da Popper, e anche da colleghi e biografi, come un persona assai più mite, gentile e misurata nell'esporre le proprie idee. Qualcuno tra i biografi ha però osservato9 che questo è il ritratto di un Einstein che era già un genio riconosciuto: non deve destare meraviglia che mostrasse un garbo accattivante con i suoi interlocutori. In realtà questo atteggiamento dell'età matura copriva uno spirito di indipendenza e di contraddizione che, negli anni giovanili, Einstein spesso non riusciva a controllare. Era stato un allievo impertinente nel Ginnasio di Monaco, insofferente dei metodi di insegnamento rigidi e autoritari della scuola tedesca.

C'è questa analogia evidente nelle biografie di Einstein e di Popper: il difficile rapporto che, in età giovanile, ebbero con la scuola e con gli insegnanti. Li accomuna il fatto che entrambi, frustrati o delusi dalla routine scolastica, abbiano abbandonato anzitempo la scuola secondaria per decidere di proseguire gli studi da privatisti. Inoltre, anche durante gli studi universitari, sia Einstein che Popper furono studenti tutt'altro che assidui alle lezioni e spesso assai critici con gli insegnamenti impartiti

 

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NOTE

1. K.R Popper, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Armando, Roma 1976, p. 39.

2. K.R. Popper, "Einstein's Influence on My Views of Science: an Interview", in G. J. WHITROW (ed.), Einstein. The Man and His Achievement, British Broadcasting Corporation, London 1967, p. 23.

3. Per questa insoddisfazione di Einstein, cfr. P. Greco, Marmo pregiato e legno scadente. Albert Einstein, la relatività e la ricerca dell'unità in fisica, Carrocci, Roma 2015.

4. Cfr. M.H. Hacohen, Karl Popper - The Formative Years 1902-1945, Cambridge University Press, New York 2000, p. 278. Per altri dettagli su questa lettera e sul carteggio Einstein-Popper, si veda anche J. Van Dongen, Einstein's Unification, Cambridge University Press, Cambridge 2010, p. 43-44. Vi si legge che non deve sorprendere il consenso di Einstein alle idee falsificazioniste di Popper, dato che egli stesso aveva espresso punti di vista abbastanza simili in uno scritto, "Induktion und Deduktion in der Physik", pubblicato già nel 1919 sul Berliner Tageblatt.

5. Si veda K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi , Torino 1970, § 77.

6. Questa lettera di Einstein, datata 11 settembre 1935 è riportata in Appendice dell'edizione inglese e anche nella traduzione italiana della Logica (pp. 519-526).

7. K.R. Popper, La ricerca non ha fine cit., p. 136

8. Ibid., p. 128

9 .Cfr. W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori, Milano 2008, p. 26.