Intervista a Giovanni Prodi
Nel marzo del 2002, sulle pagine di "Lettera Matematica PRISTEM", mi rammaricavo che fosse stato messo fuori catalogo il libro di testo di Giovanni Prodi Matematica come scoperta (Firenze 1975-1981-1982). Quale gradita sorpresa quindi ricevere nella primavera scorsa il nuovo testo Scoprire la Matematica ( per i tipi della "Ghisetti e Corvi" ) scritto da Giovanni Prodi, in collaborazione con A. Bastianoni, D. Foà, L. Mannucci, M.T. Sainati, N.Tani.
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Non si tratta di una semplice riedizione della Scoperta. Per questo motivo e per l'importanza che quella edizione ha avuto per la didattica della Matematica, ci è parso giusto sentire l'autore e allargare il discorso sulle prospettive e le difficoltà dell'insegnamento.
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In questi giorni sta uscendo una "filiazione" di quel testo; ce ne può tracciare le caratteristiche, gli elementi di continuità e quelli di evoluzione?
Penso che, arrivati ad una certa età, si abbia il dovere di "fare il punto", distinguendo ciò che è stato raggiunto da ciò che rimane una meta ancora lontana. Certamente occorre una bella cocciutaggine per ritentare imprese fallite, ma la cocciutaggine fa parte dell'habitus del matematico. Qualche anno fa, sollecitato da vari docenti che adottavano con convinzione McS, ho accettato di ripensare con loro una riedizione del progetto. Si è formato così un gruppo misto Scuola secondaria-Università con l'intento di riscrivere l'opera per non disperdere un patrimonio di idee ed esperienze che si era formato.
Il beneficio di questa collaborazione è stato duplice: il contributo degli insegnanti secondari è stato particolarmente importante per la scelta del linguaggio (di più facile accesso alla Matematica per l'allievo) e per l'arricchimento degli esercizi; d'altra parte è stato utile, per la formazione di un insegnante, lavorare a un progetto comune con docenti universitari.
Quali elementi di continuità fra McS e Scoprire la Matematica? Il nuovo titolo dell'opera vuole riaffermare la validità dell'impostazione di allora; in particolare:
- la validità dell'insegnamento per problemi;
- l'importanza di un'ossatura teorica che colleghi i vari temi e faccia sperimentare la bellezza e l'unità della Matematica;
- l'uso di un linguaggio espressivo e rigoroso.
Quali le novità della nuova edizione? Alcune sono formali: l'opera si presenta come una collana di volumetti, che consente all'insegnante una maggiore libertà nel programmare un suo itinerario. Fra i vari fascicoli esistono numerose connessioni, ma sono organizzati in modo da essere abbastanza indipendenti l'uno dall'altro e da consentire percorsi diversi in relazione al tipo di scuola in cui ci si trova. Per esempio, per la geometria delle trasformazioni, in un percorso scolastico più semplice, si potrà utilizzare Matematica per cominciare che fa leva più sull'operatività e sull'intuizione; in un percorso più esigente, si potrà affrontare anche la Geometria del piano, più completa dal punto di vista razionale.
Si è cercato di ovviare ad uno dei difetti riscontrati da numerosi insegnanti in McS, cioè la scarsità degli esercizi ordinari (scelta fatta a suo tempo come reazione alle batterie di esercizi addestrativi di molti testi scolastici). Nel nuovo testo gli esercizi sono più numerosi e variati, ma rimane l'indicazione di usarne solo la quantità utile per aumentare la comprensione, non per creare negli alunni comportamenti meccanici o riflessi condizionati.
Sono già usciti i sei volumi del biennio e usciranno presto anche quelli del triennio. Fra i primi, due hanno carattere di novità rispetto all'opera precedente: Matematica per cominciare e Amico calcolatore.
Tra i sei volumi che costituiscono il testo quello che mi ha interessato di più è Matematica per cominciare. A mio parere, è il più nuovo e al tempo stesso il più fedele allo spirito di M.c.s. In particolare il capitolo su Matematica e realtà sembra indicare con decisione una strada fin qui solo accennata, in modo isolato e spesso disorganico, in molte esperienze di didattica.
Condivido la sua simpatia e il suo giudizio su Matematica per cominciare. Questo volume è nato per dare agli alunni provenienti da diverse esperienze di scuola media uno strumento che consentisse una messa in comune di conoscenze e abilità di base con una metodologia di ricerca attiva, con utilizzo di un linguaggio semplice ed espressivo e con riferimenti ad attività operative. Con il capitolo Matematica e realtà si è voluto far capire agli studenti che la Matematica non è un insieme arido di principi e regole avulso dalla realtà, ma che la realtà presenta -a chi la sa guardare con occhi attenti- molteplici spunti per fare della matematica interessante.
Non posso pensare a questo volumetto senza ricordare la collana School Mathematics Project che fu all'avanguardia nella direzione Matematica e realtà. La traduzione dello School Mathematics Project in italiano era stata curata da alcuni esperti di grande cultura e prestigio nominati dall'Unione Matematica Italiana. E' stato un grosso danno che questa collana sia stata prematuramente mandata al macero. Questo destino è comune a molti esperimenti di testi di Matematica innovativi. Personalmente, ho ritenuto che l'esigenza più acuta fosse quella dei libri di testo nuovi, sperando anche che questi avessero un influsso positivo sui programmi ministeriali che attendevamo da tempo. La speranza che mi rimane è sugli allievi migliori e sugli insegnanti migliori. Quanto agli allievi, lo svolgimento delle gare matematiche ci convince che ce ne sono, come ce ne sono sempre stati. Soltanto avviene un fenomeno molto strano e paradossale: spesso sono i ragazzi bravi che non vogliono distinguersi e temono di scostarsi dal modello standard.
Leggendo la sua prefazione alla guida per l'insegnante (perché al singolare?) c'è un termine 'canonico' che non viene quasi mai usato: programma/i. Per la precisione viene usato una volta a proposito degli algoritmi e dei rudimenti di Informatica (dunque non nell'accezione di contenuti didattici) e un'altra riferendosi ai programmi P.N.I. e della Commissione "Brocca", non certo ai propri. Ha preferito espressioni del tipo itinerario di matematica percorsi didattici, che danno l'idea di un'attenzione tutta rivolta alla formazione matematica dello studente e non alle particolari conoscenze utilizzate a questo scopo (anche se, ovviamente, i due aspetti non sono districabili).
L'assenza di questo termine come elemento di riferimento principale genera la sensazione della scomparsa della porta di una gabbia. . .
Probabilmente nella parola programma ho sentito qualche cosa di più esterno e schematico rispetto al mio progetto di insegnamento della Matematica. Il programma mi fissa dei paletti: ma entro questi voglio costruire un tessuto più vivo e più ricco. Fra l'altro, i programmi saranno ora distribuiti fra stato, regione, autonomia scolastica. Ma chi fa la sintesi, chi da significato al tutto? Occorre un disegno che nasca anche da un gusto e da una sensibilità, da una concezione del far Matematica e dell'insegnare Matematica e questo non può essere contenuto nella parola programma.
Rifacendomi alla sua metafora, non posso pensare che il mio progetto possa essere ingabbiato da uno o da un altro programma...
| Vorrei esprimere ora talune perplessità. |
La scuola italiana è estremamente eterogenea non solo nel suo complesso, non solo nel corpo docente e nella dirigenza, non solo geograficamente e amministrativamente, ma anche nel singolo istituto e nella singola classe. Può allora un libro di testo con questa idea 'estremista' di studente essere adottato?
Quando ho insegnato in alcune scuole, dove si 'inventava' la didattica ho adottato con profitto il suo testo M.c.S., quando ho insegnato in scuole più 'normalizzate' è stato impossibile anche se la percentuale di studenti 'bravi' aumentava.
Il crescente impegno per le gare matematiche e l'interesse per gli aspetti umani del fare Matematica sono segnali importanti e stimolanti ma non generano situazioni nelle quali il libro di testo è uno strumento risolutivo.
Questo libro -i libri come questo- dovrebbero diventare patrimonio della formazione degli insegnanti perché possa essere utilizzato con la massima duttilità nell'insegnamento quotidiano.
Condivido in pieno la sua analisi.
Mi è rimasta impressa una tavola rotonda organizzata dagli alunni di una classe nei primi tempi della sperimentazione di McS. Un allievo disse: "io ho sempre avuto buoni voti in Matematica, ma con questo metodo non mi oriento, non riesco a capire che cosa l'insegnante vuole da me". Un altro ragazzo disse esattamente l'opposto: "questo è un programma bellissimo, è la prima volta che capisco che cosa è la Matematica". Queste diverse risposte ci rivelano un problema aperto anche oggi. Io penso che ci possano essere delle difficoltà di approccio alla Matematica per problemi, ma, d'altra parte, sono convinto che il modo di insegnare la Matematica nella maggioranza delle scuole sembra fatto apposta per impedire lo sviluppo delle intelligenze.
Molto si gioca sul ruolo dell'insegnante che fa da intermediario fra il testo e l'alunno. E' anche certo che l'adozione di un testo innovativo non è una sine cura. L'insegnante che studia e coltiva la propria materia con piacere è quello che sa trasfondere negli studenti l'attitudine a porsi problemi e a sperimentare la soddisfazione della scoperta. Allora vale la pena di osare e di scommettere anche sulle potenzialità degli alunni.
Una situazione non lontana dalla realtà si potrebbe descrivere in questi termini: la percentuale degli insegnanti di Matematica che coltivano la loro materia con piacere e con assiduità non è certamente esaltante, ma l'aspetto negativo consiste nel fatto che nelle occasioni più importanti (come la progettazione di un'attività culturale, l'adozione di un libro di testo) questa minoranza è inglobata senza resistenza dal gruppo maggioritario.
Ci saranno insegnanti che non si sentono di adottare il testo sia per la loro formazione che per la particolare situazione della classe, ma potranno servirsene per la propria preparazione personale. Altri che possono meglio apprezzare e dominare la logica del progetto potranno utilizzarlo sia in un percorso più semplice, sia in un percorso più esigente, ma in qualche modo personalizzato sulle esigenze e sulle possibilità dei singoli allievi.
Mi sembra che la questione della formazione degli insegnanti di matematica sia una questione centrale per qualsiasi strategia di rinnovamento. Non a caso Lei si riferisce all'esperienza fatta da gruppi di insegnanti in quasi trenta anni nell'utilizzo di M.c. S..
Certamente la formazione degli insegnanti di Matematica è fondamentale. Ci sono docenti che sentono il bisogno di rinnovare il loro insegnamento sia per lo stimolo offerto dalle novità culturali e strumentali, sia per la ricerca di itinerari didattici adatti a sviluppare negli allievi l'attitudine a porsi problemi e a risolverli e passione allo studio della Matematica. Docenti di questo tipo sentono il bisogno di studiare, di aggiornarsi, non temono di dover fare un po' di fatica in più adottando un testo con caratteri di novità, che esige un po' di studio e che forse non dà la tranquillità del ho sempre fatto così.
Molte volte la maturazione della propria professionalità avviene dentro un gruppo entro cui ci si confronta, si scambiano idee ed esperienze interessanti, si ascoltano relazioni di esperti. Penso agli annuali incontri del gruppo di Formazione Matematica della Toscana che vede riuniti per tre giorni, ogni anno, un centinaio e più di insegnanti. Penso al gruppo di redazione del nostro ultimo progetto in cui docenti universitari e docenti secondari si sono riuniti periodicamente per studiare, discutere, costruire persorsi didattici. Penso ai gruppi delle associazioni professionali, ai gruppi spontanei dentro un Istituto scolastico, ai numerosi Convegni sulla didattica della Matematica......
Purtroppo gli insegnanti che studiano e si aggiornano non sono la maggioranza e nella loro scuola non sempre riescono ad essere stimolo per i colleghi, anzi a volte vengono schivati.
Matematica come Scoperta e Scoprire la Matematica racchiudono un arco di esperienze e passione per la Matematica e il suo insegnamento, che va dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, e condividono con altri testi-progetto il desiderio di dare una risposta propositiva.
Frascati 1966-67 raccoglieva diverse spinte ineludibili al cambiamento; nel corso degli anni, gli obiettivi del cambiamento si sono più volte trasformati. Di quello spirito cosa resta?
I programmi di Frascati si opponevano tanto ai programmi tradizionali della Matematica quanto alle novità improvvisate e incoerenti della cosiddetta Matematica moderna. Fu deprimente constatare che i programmi non erano stati tenuti in alcun conto dal Ministero. Si fece strada l'opinione che i progranmmi non potevano essere attuati se non c'era una guida precisa, cioè un libro stampato. Perciò, dopo una riflessione abbastanza lunga, venne fuori una serie nuova di libri ad opera mia, di Lombardo Radice e dei suoi collaboratori, di Francesco Speranza. Tuttavia, benché fossero stati complessivamente apprezzati, questi progetti non vennero eseguiti. Fu tipica questa strategia dei docenti secondari: prendere un po' di teoria dai nuovi programmi e continuare invece a fare esercizi, numerosi e ingombranti, alla vecchia maniera. Così, malgrado lo sforzo compiuto nell'ambito dei Gruppi di Ricerca Didattica, nel giro di qualche anno l'esperienza si esaurì. Nel frattempo era arrivata l'ondata dell'Informatica. Da parte della CIIM e di altri gruppi operanti si sviluppò un'attività molto intensa e rapida per l'Informatica che produsse delle ripercussioni favorevoli anche per l'ammodernamento dell'insegnamento della Matematica. Purtroppo, mancarono sia la strategia globale sia l'organicità delle mete e, a mio parere, l'influsso sull'ammodernamento dei programmi di matematica (PNI e Brocca) fu anch'esso molto labile e non realizzò quella sinergia tra Informatica e Matematica che era stata auspicata. Da parecchi anni siamo fermi a questo punto. Pertanto manca ancora una armonizzazione fra la Matematica e l'Informatica che pure hanno molti aspetti in comune.
Si possono individuare dei punti nodali nella politica scolastica da cui dipende la capacità di sviluppo del sistema scuola?
A conclusione di questa intervista vorrei sottolineare l'importanza del collegamento fra la Scuola secondaria superiore e l'Università, di cui un piccolo esempio è stata la costituzione del nostro gruppo (ma come già succede nelle SSIS e come potrà eventualmente accadere nei bienni di specializzazione per la formazione dei futuri insegnanti).
C'è anche una situazione delicata di cambiamento (e di crisi): la riforma dell'Università. La riduzione drastica del tempo dedicato alle materie non specialistiche ha come conseguenza lo svolgimento nella scuola secondaria di alcune materie di carattere generale. In altre parole, la fase finale della scuola secondaria è destinata a trasformarsi da tempo di attesa in un tempo di formazione. Occorre, per questo, preparare una scuola di carattere intermedio, qualunque sia la sua collocazione giuridica, tra la scuola secondaria e l'Università. Io la vedrei come una scuola affidata ai professori secondari che "studiano", i quali dovrebbero dimostrare di avere capacità di ricerca oppure di preparazione culturale vincendo un concorso nazionale. So benissimo di dire cose che sono addirittura incomprensibili per la stragrande maggioranza degli "addetti ai lavori" che non riescono ad uscire da una mentalità di massa. D'altra parte non riesco a capire come il nostro Paese possa ancora continuare ad avere una posizione di prestigio e di relativo benessere continuando così.
La ringrazio per il prezioso tempo che ci ha dedicato e speriamo di poter tornare a parlare presto di alcuni temi che ci ha indicato, per approfondirli ulteriormente.