La Matematica in Francia

In occasione di una conferenza tenuta all’interno del ciclo “Maths à venir 2009”, nei giorni scorsi il quotidiano francese “Libération” ha intervistato Jean-Pierre Bourguignon, matematico e direttore dell’Institute des Hautes Etudes Scientifiques di Bures sur Yvette.

Ringraziamo il giornale francese e l’autore dell’intervista per averci autorizzato a riprodurne una traduzione.

Cosa sognano i matematici?

Noi non inseguiamo una sorta di Graal come i fisici delle particelle che, al CERN, sono partiti .alla caccia del bosone di Higgs. Noi “funzioniamo” più spesso sotto forma di piccoli gruppi molto mobili con oggetti di ricerca che cambiano molto rapidamente e non come grossi battaglioni concentrati su un progetto preciso. I nostri si scindono in tanti progetti, quasi individuali. Questo, del resto, ci pone un problema con l’attuale politica della ricerca perché non riusciamo a vivere bene e a crescere, da un punto di vista intellettuale, in un sistema di ricerca troppo pilotato dall’esterno. Il nostro tipico orizzonte temporale è quello di una dozzina d’anni, non i tre anni standard dell’Agenzia Nazionale delle Ricerche. Prendiamo l’esempio della Geometria non commutativa. L’idea di Alain Connes, il suo fondatore, fu annunciata nella sua lezione inaugurale del Collège de France nel 1986 e ancor’oggi parecchie centinaia di matematici sono legati a questo progetto, tentando di creare dei concetti nuovi e dei legami inattesi con la teoria dei numeri o la fisica delle particelle.

Riesce a spiegare ai non matematici che cosa fanno i matematici?

Troppo spesso il grande pubblico equipara la Matematica al calcolo. È molto riduttivo. È vero che tra gli oggetti manipolati dai matematici ci sono i numeri, ma ci sono altrettanto le forme e i processi. In forma molto schematica, direi che la Matematica è la scienza delle strutture. Poincaré diceva che fare Matematica è dare lo stesso nome a cose diverse e questo succede quando si riesce ad osservare, o dimostrare, che cose o processi molto diversi si organizzano secondo gli stessi principi. Questa linea di lavoro sbocca in un processo di astrazione sempre più profondo che collega numeri, strutture, forme, topologie, caso, probabilità ecc.

Ma davvero la Matematica descrive la Natura, come diceva Galileo?

Qui c’è una grande questione: i matematici scoprono o inventano? Secondo me, la Matematica non è solo un linguaggio quantitativo ma anche una scienza che si sviluppa attorno a dei poli di conoscenza e a dei concetti chiave. Guardate il concetto di curva, nato alla fine del 18.esimo secolo e che ha permesso di inventare le Geometrie non euclidee e dunque la fisica di Einstein. All’inizio delle relazioni tra la Matematica e lo studio della natura, con l’Astronomia, i matematici identificavano i loro oggetti astronomici con dei punti in movimento. Non c’era dunque bisogno della nozione di modello, fondamentale invece per la scienza moderna. Fare la Matematica della Meccanica celeste voleva (quasi) dire fare della Meccanica celeste. Oggi è diverso: fare la Matematica dell’Astrofisica non vuol dire fare l’Astrofisica, in quanto ai matematici mancano (almeno) i concetti della Fisica nucleare o dell’Elettromagnetismo. Inversamente, bisogna tornare alla formulazione di Poincaré che, in “Science et hypothèse”, afferma che la questione di sapere se una geometria è vera o meno non ha senso (in rapporto al mondo sensibile) perché in realtà non le si deve domandare che di essere coerente. Ma se si vuole utilizzare una geometria per comprendere la natura, basta semplicemente utilizzare quella che risulta più comoda. Da qui segue la necessità di utilizzare la nozione di modello, una conoscenza in termini matematici di una realtà giudicata in ultima analisi dalla qualità del modello. Il risultato paradossale di tutta questa evoluzione è che il 20.esimo secolo vede la conquista di una profonda autonomia dei matematici, nel senso di loro presa di coscienza dell’autonomia delle costruzioni matematiche rispetto al mondo sensibile. Il paradosso – per il grande pubblico- sta nel fatto che i matematici, mentre vivono questa autonomia, si pongono come gli scopritori del mondo (e non come degli inventori).

Si può applicare questo ragionamento alla Finanza matematica che ha sicuramente giocato un ruolo nella crisi delle borse  e dell’economia mondiale?

Curiosamente si. Io vi vedo il risultato di una mancanza di riflessione epistemologica sui modelli utilizzati e una deriva legata ad una “deregulation” massiccia. Ogni banca ha ingaggiato dei matematici per sviluppare dei prodotti finanziari via via più sofisticati proprio grazie alla Matematica, applicata in questo settore. Così facendo, la Matematica ha però oltrepassato il suo ruolo di strumento di una modellizzazione per creare una nuova realtà, virtuale sul piano economico ma sicuramente importante nel suo impatto. Tutto questo è poi degenerato non solamente per lo scarto crescente tra finanza ed economia reale – gli economisti, almeno qualcuno, l’aveva denunciato – ma anche per uno squilibrio tra ricerca applicata e ricerca fondamentale. Bisognava concentrarsi sugli strumenti utilizzati dalle banche, confrontarli con i dati economici e finanziari globali, studiare la stabilità del sistema finanziario mondiale ecc. ma tutto questo è stato impossibile perché le banche tengono per sé i dati raccolti in un contesto di feroce competizione, di egoismo e anche di accecamento ideologico e di assenza di riflessione epistemologica ed etica. In breve: per prevedere la crisi a livello matematico, bisognava condividere le conoscenze, una visione d’insieme e la costruzione di un fondamento teorico serio come bene pubblico. Riassumendo, occorreva una buona ricerca fondamentale.

Come sta la Matematica?

Il grande pubblico fa fatica ad immaginare quanto la Matematica sia oggi una scienza viva e creativa e, oltretutto, in forte crescita. È percorsa da due dinamiche. La prima è puramente interna e riposa sulle questioni poste dagli stessi matematici che portano a perfezionare strumenti e concetti e a costruire nuove teorie. La seconda proviene dagli stimoli delle altre discipline e del mondo esterno. In passato, la Meccanica e la Fisica hanno giocato un ruolo decisivo in questa direzione e l’ambizione, come sappiamo, fu quella di scrivere in termini matematici le leggi della Fisica (secondo la famosa eredità di Galileo). Oggi, questa dimensione è sempre più presente grazie alla Chimica, alla Biologia, alle Scienze sociali che hanno svolto storicamente un ruolo notevole nello sviluppo della probabilità, alla Finanza matematica, all’alta tecnologia. Questo sviluppo ha sicuramente un impatto sull’impiego crescente dei matematici nelle aziende, grazie alla moltiplicazione dei campi in cui la modellizzazione matematica apporta delle informazioni importanti e qualche volta decisive. C’è comunque da tener presente che, queste estensioni non colpiscono l’unità della nostra disciplina che non vive ripiegata su se stessa ma si trasforma grazie alle contaminazioni tra le sue grandi branche – Algebra, Analisi, Geometria, Teoria dei numeri e della probabilità – che si fecondano reciprocamente per rispondere a questi stimoli. L’architettura  interna della Matematica è sempre in movimento e questo è un segno della sua vitalità

Ma se le cose vanno così bene, perché organizzare una serie di conferenze come “Maths à venir”? Non è invece un segnale d’allarme?

La Matematica gode di un’ottima salute e la Francia gioca un ruolo di primo piano ma questa posizione potrebbe essere insidiata in un futuro prossimo. Oggi il mondo matematico comprende 90.000 ricercatori attivi, che producono nuova Matematica ma che bisogna confrontare con i 2.000.000 di biologi. Lo stesso mondo matematico è in rapida crescita nei Paesi emergenti, in Cina, nel sud est dell’Asia, in India, in Brasile. Attraversa invece una grave crisi nell’Europa dell’est e in una dozzina d’anni l’Australia ha perso un terzo dei suoi effettivi. Per quanto riguarda l’Europa occidentale e la Francia, si stanno interrogando sulla disaffezione dei giovani per gli studi scientifici e, in particolare, per la Matematica e la Fisica. In Francia, si prevede che i pensionamenti di docenti e ricercatori assumeranno presto un ritmo molto rapido e la diminuzione degli studenti di Matematica potrebbe orientare le Università a non rimpiazzarli. La minaccia è reale se si lascia che questa tendenza attuale si sviluppi senza riflettere sugli effetti a lungo termine e senza una visione strategica.

Come mai la scuola matematica francese fa parte del podio mondiale?

Il nostro sistema attira ancora verso la Matematica i giovani più brillanti, soprattutto grazie alle “classes préparatoires” e ad alcune “Grandes Ecoles”. In questo sistema non c’è più posto per la creatività e molti concorsi si rivelano abbastanza ripetitivi, salvo quelli delle “Ecoles Normales Supérieures”. Così gli alunni che emergono in Matematica sono considerati dei leader e degli esempi da seguire, sia da parte degli insegnanti che da parte dei compagni, e questa valorizzazione gioca un grande ruolo nella successiva formazione e scelta professionale. Però, con il degrado terribile della situazione dei giovani ricercatori, fatta di una precarietà sempre più lunga, molti si allontanano dalla ricerca in Matematica. Torno al podio mondiale: una delle grandi forze delle scuola francese è che essa presenta poche lacune. Il flusso di nuovi arrivi è stato molto regolare e denso, così da coprire tutti gli argomenti e con una qualità eccellente. Se si guarda l’elenco dei conferenzieri invitati nei grandi congressi internazionali, la Francia si trova al primo posto (in relazione naturalmente alle dimensioni del Paese). È da sottolineare che il mantenimento di questa posizione d’eccellenza si realizza grazie all’inserimento di un numero consistente di insegnanti e ricercatori stranieri che oggi rappresentano circa il 30% del reclutamento. Questo flusso immigratorio si spiega a sua volta con l’attrattività e l’apertura della comunità francese.

Come mantenere questa posizione?

La minaccia più immediata è rappresentata dalla diminuzione dei giovani che seguono un master o un dottorato in Matematica (con l’eccezione di qualche Università, come “Paris 6”). Bisogna ritrovare un flusso sufficiente di studenti e fare in modo che anche alcuni giovani che frequentano le altre “Grandes Ecoles” scelgano di fare Matematica. Il livello molto basso degli stipendi all’inizio di una carriera segnata dalla precarietà e dall’attesa di una stabilizzazione provoca uno scarto irragionevole con gli altri giovani che decidono di andare a lavorare nelle aziende. D’altra parte, molti di questi giovani sottostimano le possibilità d’impiego e di carriera che avrebbero nelle aziende con una formazione più avanzata in Matematica. Tocca ai matematici di rendere più visibile questa prospettiva in modo che una tale nuova frontiera sia percepita e gli studenti e le studentesse in Matematica capiscano di avere oggi un’opzione reale tra il mondo accademico e quello dell’industria e dei servizi.