La Matematica sentimentale
A proposito dello spettacolo La Matematica sentimentale, che abbiamo anticipato nelle news, abbiamo intervistato l’attore-autore dello spettacolo Pierpaolo Palladino.
Come è nata l'idea di questo spettacolo?
Lo spettacolo parla in sostanza dell’educazione sentimentale di un ragazzo sui vent’anni che vorrebbe trovare qualcosa per cui impegnarsi e mettersi in gioco. I dubbi e le insicurezze di chi cerca una strada nella vita che sia originale e creativa anziché imposta dal padre, sono i motivi che guidano la trama, così come la passione guida la ricerca di un matematico nella sua indagine speculativa e rigorosa. E’ poi la storia di un incontro tra un inconsapevole allievo e un impacciato maestro, spinti a comunicare l’uno con l’altro. Il lavoro con l’attrice e in questo caso regista Cristina Aubry, con cui lavoro da tanti anni, ha poi sviluppato il modulo scenico, lo stile adatto a farmi raccontare e contemporaneamente interpretare tutti i personaggi del testo in una sintesi tra evocazione ed azione scenica, elementi basilari del teatro stesso.
La curiosità che questo titolo desta nel pubblico che si motiva a venire a teatro ci conferma di essere al centro di un discorso molto attuale, forse anche una moda, data dalla divulgazione sui mass media di questa disciplina scientifica e da festival tematici. Se penso che fino a poco tempo fa una trasmissione sulla matematica potevi vederla nei programmi scuola educazione della Rai dalle 4 alle 5 del mattino, la situazione è migliorata!
Qual'era il suo rapporto con la matematica prima di questo lavoro?
Di sostanziale estraneità. Ho subito da ragazzo il cosiddetto blocco della matematica che mi ha distratto su altri studi formalmente più accessibili, laureandomi in lettere.
Si è modificato dopo questo lavoro?
E’ sicuramente più disponibile. L’amicizia con Fabio Rinaldi, figlio di un pittore, chitarrista per diletto e docente di matematica, mi ha avvicinato all’aspetto umanistico della matematica e all’estetica del suo linguaggio nelle applicazioni in musica, in pittura e, nel nostro spettacolo, persino negli schemi di gioco del calcio. Ora sto leggendo con passione la rivista curata dal professor Michele Emmer “Matematica e cultura”, che viene pubblicata ogni anno in occasione del suo convegno omonimo presso l’università Cà Foscari di Venezia.
Ritiene che nel teatro (nella vita) ci sia bisogno di più matematica?
I ricercatori e le facoltà di matematica soffrono di sempre più scarsezza di finanziamenti, al contrario di dipartimenti considerati più utili nell’immediato all’inserimento nel mondo del lavoro. Questo è un grave errore, la ricerca non può limitarsi ad un avviamento al lavoro e ciò che si studia oggi in teoria può avere enorme riscontro nel futuro, basti pensare alla nascita dell’informatica. Il teatro può svolgere un importante compito nella divulgazione degli argomenti scientifici, in linea con il monito di Pisolini, che voleva il teatro come luogo non solo di intrattenimento, ma anche di approfondimento e riflessione del mondo in cui viviamo. E l’interesse del pubblico che sbiglietta al botteghino è la risposta.
Nel draft dello spettacolo sembra che la matematica diventi un rifugio?
E' questo l'aiuto che dà o c'è dell'altro?
E’ il professor Primo che si rifugia nella matematica e nella sua istanza di chiarezza e sincerità, perché ha paura di vivere. Il ragazzo supererà il maestro perché più di lui accetterà il rischio di vivere in un mondo che spesso è irrazionale, soprattutto sul piano sentimentale. In qualche modo entrambi i personaggi riflettono su un limite o dominio specifico dell’indagine matematica, senza nessuna pretesa scientifica (per carità!) ma solo narrativa.
Secondo il professor Primo l’amore è un enigma e alla domanda di Lorenzo se la matematica può risolvere questo enigma, il professore risponde che “per un uomo è più difficile la vita di tutti i giorni che un teorema ben congegnato”. Punti di vista.