Lavorare nella ricerca: problemi e prospettive

Lavorare nella ricerca è un'opportunità senza pari per contribuire allo sviluppo della conoscenza, al progresso e alla crescita culturale della collettività. È un'attività che, per la sua stessa natura, obbliga ad un continuo aggiornamento. Permette di lavorare in un ambiente fortemente internazionalizzato e formativo ed è costantemente sottoposta alla valutazione della comunità scientifica internazionale. Questo ovviamente richiede impegno e dedizione ma anche la consapevolezza di partecipare ad un interesse collettivo, di avere una responsabilità verso la società che affida denaro pubblico al ricercatore, affinché questo le sia restituito sotto forma di conoscenza e di progresso.

Le politiche degli ultimi anni hanno però fortemente penalizzato il ruolo della ricerca scientifica e, di conseguenza, sminuito il lavoro del ricercatore - diventato un “lusso” che il Paese non può permettersi ed assimilato nelle pieghe di una pubblica amministrazione, percepita sempre più parassitaria e mangiasoldi. Il risultato di questo decadimento è evidente. Il lavoro del ricercatore è tra i più precari e meno remunerativi tra quelli cui si può accedere con una formazione universitaria di alto livello.

Credo che la maniera migliore per descrivere la situazione sia partire dai numeri e, per farlo, utilizzo la mia esperienza, non perché abbia qualcosa di speciale ma proprio perché rappresenta una situazione largamente diffusa, sopratutto in centri di ricerca e laboratori di recente istituzione e, in particolare, in quelli nati e sviluppati all'interno dell'INFM (“Istituto Nazionale di Fisica della Materia”).


Lab life
La mia attività di ricercatrice si svolge presso il Laboratorio MDM di Agrate Brianza, istituito dall'INFM nel 1996, e situato all'interno di una delle più importanti industrie di microelettronica del mondo.

È un laboratorio di ricerca che si occupa di materiali e dispositivi nell'ambito della micro e della nanoelettronica, settori a forte innovazione tecnologica e altamente competitivi, che offrono diverse opportunità anche per ricerche di base, con impatto sul lungo e lunghissimo termine.

Le risorse finanziarie vengono in larga misura da progetti esterni, nazionali e internazionali. È inoltre un luogo che permette a ricercatori di un ente pubblico di lavorare a stretto contatto con ricercatori di un'industria fortemente innovativa e su temi di interesse comune, sia di ricerca di base sia applicata.
Allo stato attuale, nel Laboratorio opera uno staff di circa 30 persone tra ricercatori, tecnici, personale amministrativo e studenti. Solo 4 persone dello staff hanno al momento un contratto a tempo indeterminato; 11 hanno un contratto a tempo determinato (5 dei quali con la formula tenure track ). Il restante 50% è inquadrato con le varie altre forme del precariato (assegni di ricerca, collaborazioni, borse di studio post-laurea o di dottorato). Non è purtroppo un caso anomalo, ma rappresenta la situazione di molti colleghi che operano in centri di ricerca e laboratori sia universitari sia di enti pubblici.
Negli ultimi anni abbiamo vissuto almeno tre eventi disastrosi: il blocco delle assunzioni (che, perdurando da cinque anni, ha annullato ogni possibilità di procedere ad una programmazione seria e a lungo termine delle assunzioni e degli sviluppi di carriera, e ha frustrato le attese di chi al mestiere di ricercatore si è affacciato in questi anni); il progressivo e costante taglio dei finanziamenti (che ha limitato gli investimenti in strumentazione e formazione di giovani ricercatori, anche per la forte riduzione dei fondi destinati a progetti di portata nazionale); infine, le recenti leggi di riforma degli enti e lo sciagurato accorpamento dell'INFM nel CNR, che hanno di fatto annullato il tentativo di fare ricerca con forme nuove e partecipate, facendo convivere virtuosamente ricerca universitaria e di ente e sviluppando politiche nuove per la formazione e l'inserimento del personale.
Tutto ciò ha generato un clima di sfiducia che male si combina con un'attività i cui successi nascono in primo luogo dall'entusiasmo e dalla creatività dei suoi operatori.

Rispetto a questi eventi è necessario intervenire subito e con azioni concrete. Allo stato delle cose, si sente la mancanza soprattutto di due elementi fondamentali: una programmazione scientifica che definisca obiettivi e strutture, alla quale il ricercatore possa dare il proprio contributo, partecipando attivamente al governo del proprio ente, e una politica del personale di lungo termine, basata sulla valutazione e sulla premiazione del merito e delle competenze acquisite, con una programmazione delle assunzioni volta a favorire la formazione e l'accesso di nuovi ricercatori. È necessario anche attuare delle politiche di finanziamento per favorire la progettualità dei ricercatori - anche dei più giovani - perché è attraverso la stesura e la realizzazione di progetti che si è stimolati a sviluppare idee nuove, si è chiamati ad assumersi delle responsabilità, a stabilire collaborazioni e a migliorare le proprie capacità gestionali.

Per concludere, credo sia fondamentale in primo luogo stabilire - con azioni e non solo a parole - che la ricerca scientifica è un bene pubblico fondamentale per la crescita culturale del Paese. Di conseguenza, è necessario ridare valore alla figura del ricercatore il quale, per le competenze e le qualità che è chiamato a sviluppare, rappresenta un capitale per la collettività e può avere un ruolo anche in ambiti diversi di quello scientifico.