Marconi e l'amministrazione italiana
I rapporti che legarono Marconi all'amministrazione italiana, e in particolare alla Marina e alle Poste e Telegrafi, furono estremamente complessi e diedero una spinta eccezionale alla modernizzazione del sistema delle radiocomunicazioni del Paese.
La rete di relazioni intessuta tra l'amministrazione e Marconi si svolse nell'arco di un periodo decisamente lungo, che coprì l'intera vita dell'inventore, dal 1897 agli anni Trenta: è possibile individuarvi tre momenti differenti, sostanzialmente dominati dagli impegni via via assunti dai diversi governi a introdurre e diffondere nel Paese i sistemi sperimentati da Marconi. Il primo momento, culminato nella convenzione stipulata tra lo Stato e Marconi nel 1904 e protrattosi sino agli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, ha visto la prevalente applicazione della radiotelegrafia alle comunicazioni marittime, per scopi eminentemente militari e politici. Nella seconda fase, dominata dalle necessità imposte dalla guerra e dalle trasformazioni del primo dopoguerra, la nuova convenzione del 1915 costituì lo sfondo della progressiva affermazione della radiotelegrafia nel servizio pubblico e commerciale. Con il fascismo venne infine a soluzione la questione, assai dibattuta e mai compiutamente risolta,
dell'esercizio statale o privato dei servizi pubblici. Nel quadro di un acceso dibattito tra i sostenitori di un sistema di gestione di carattere monopolistico e i sostenitori di un sistema basato sulla libera concorrenza, l'intensa politica di cessione dei servizi di comunicazione radioelettrica all'industria privata contribuì in maniera decisiva ad affermare anche in Italia il progetto già massiccia mente collaudato da Marconi in altri paesi. Per l'orientamento statali sta dominante nel Paese riguardo la gestione dei servizi cii comunicazione telegrafica, per la fragilità finanziaria dell'appena costituita Compagnia dei telegrafi senza fili di Londra e per la convinzione che il servizio radiotelegrafico dovesse essere svolto principalmente nel settore delle comunicazioni marittime, a Marconi si impose da subito la necessità di concentrare l'attenzione sulla Marina italiana, tradizionalmente interessata ad assicurarsi continui avanzamenti tecnologici e detentrice di quelle strutture tecniche indispensabili alla ulteriore sperimentazione e all'applicazione delle sue prime invenzioni. Il ministero della Marina sin dal primo momento assunse un ruolo leader nella ricezione, esercizio e diffusione della telegrafia senza fili nel Paese, cooperando a che il rapporto con Marconi divenisse organico sin dai primissimi anni del '900. È del febbraio del 1901 la cessione dell'uso gratuito dei brevetti Marconi ai ministeri militari e l'acquisto da parte del Ministero della Marina dei primi apparecchi presso l'Officina di Chelmsford unitamente agli schemi e al know how che consentirono l'installazione delle prime sei stazioni radiotelegrafiche fisse e di quattro stazioni su navi militari mentre è del maggio 1904 la convenzione che estendeva la cessione dell'uso gratuito dei brevetti Marconi al Ministero delle poste e telegrafi, perché si avviasse nel Paese anche un'applicazione commerciale del sistema. Tuttavia il rapido progresso tecnologico dei sistemi di comunicazione -nel campo sia della radiotelegrafia che della radiotelefonia e la necessità di inserirsi nel sistema internazionale di regolamentazione delle comunicazioni radiotelegrafiche imposero ben presto al Governo modifiche profonde al sistema che regolava i rapporti tra Marconi e lo Stato. In particolare, le regole imposte dall'organizzazione radiotelegrafica internazionale, che nella Conferenza di Berlino del 1906 aveva sancito la libera intercomunicazione tra le navi e le stazioni costiere senza alcun riguardo al sistema radiotelegrafico usato, non solo imponevano l'eliminazione della clausola protettiva a favore dell'uso esclusivo del sistema Marconi nel servizio radiotelegrafico italiano, ma rendevano urgente una regolamentazione dell'intero settore delle comunicazioni radioelettriche. specie per quanto riguardava il regime delle concessioni e l'organizzazione del servizio radiotelegrafico, allora ripartito tra i ministeri della Marina e delle Poste. Marconi, nonostante giudicasse il regolamento imposto dalla Germania alla Conferenza di Berlino "dannoso dal lato tecnico, assurdo dal lato scientifico, ingiusto dal lato commerciale" (anche perché la sua applicazione avrebbe provocato la diminuzione vertiginosa dell'uso del proprio sistema da parte delle navi straniere che attraversavano il Mediterraneo, il Mar Rosso e l'Oceano Indiano), tuttavia -per consentire all'Italia di partecipare alla Conferenza di Londra del 1912 -si trovò costretto a rinunciare alla clausola che impegnava l'Italia ad usare soltanto apparati radiotelegrafici del suo sistema nelle comunicazioni marittime internazionali. Il nuovo sistema di regolamentazione nazionale ed internazionale dei servizi radiotelegrafici si inseriva in una fase strategica di nuova espansione della Compagnia Marconi. Superata una crisi nel 1908, la Marconi inglese procedeva nel corso del 1910 ad un aumento di capitale, tramite l'emissione di 150.000 nuove azioni per la realizzazione di stazioni in Spagna, Canarie, stati Balcanici, Brasile, Uruguay e Argentina. Un progetto in cui l'Italia, essendone il centro, avrebbe potuto "rappresentare la parte più importante della rete internazionale", ricavando tra l'altro cospicui vantaggi dalle tasse dei radiotelegrammi in transito. Marconi, per il tramite di Luigi Solari, suo procuratore e rappresentante per gli affari italiani, chiedeva al Governo, come già nel 1906 in occasione di un analogo aumento di capitale, una partecipazione alla sottoscrizione delle azioni. In sostanza egli offriva la possibilità di introdurre un rappresentante degli interessi italiani in seno al consiglio di amministrazione della Marconi inglese, attraverso una forma di azionariato di Stato giudicata però improponibile dall'allora presidente del Consiglio dei ministri Luigi Luzzatti. Per ottenere una forma di maggiore redditività dell'impresa italiana, a Marconi non rimaneva altra strada che stipulare una nuova convenzione con il Governo, che sostituisse quella ormai superata del 1904, oggetto delle modifiche e integrazioni già accennate. Le trattative con il Governo, iniziate nel 1913, si protrassero fino al 1915. Ma forte dei risultati ottenuti nell'arco di un decennio, Marconi si presentava con ben altra forza contrattuale rispetto al 1904, potendo ormai offrire una rete di collegamenti radiotelegrafici mondiale. Nel settore del servizio radiotelegrafico marittimo le principali compagnie di navigazione utilizzavano il sistema Marconi, nel servizio radiotelegrafico a grande distanza la Compagnia Marconi era l'unica ad avere stabilito un regolare servizio pubblico transatlantico. come del resto aveva concluso il Ministero delle poste inglese dopo aver analizzato e confrontato ancora nel 1913 i sistemi Marconi, Telefunken, Poulsen e Galletti. Inoltre lo sviluppo dell'organizzazione, forte di numerose società europee ed americane, filiali o associate della Compagnia Marconi di Londra, il cui capitale nel 1913 ammontava a circa 150 milioni, aveva consentito di stabilire una rete internazionale veramente poderosa, ormai in procinto di estendersi alle colonie olandesi dell'Oceania e a quelle inglesi dell'India. La nuova convenzione, stipulata nel 1915, regolava per 15 anni i rapporti fra il Governo, Marconi e le sue compagnie, ribadendo l'impegno governativo ad usare in tutte le stazioni nazionali e coloniali adibite al servizio pubblico e commerciale esclusivamente apparati del sistema Marconi.
Le trasformazioni prodotte dalla prima guerra mondiale ebbero effetti profondi sulla rete dei rapporti intessuti tra Marconi e lo Stato. La guerra aveva infatti radicalmente e profondamente mutato, a livello nazionale e internazionale, il panorama tecnologico, finanziario e industriale, con la conseguenza che anche la convenzione del 1915 apparve ben presto superata, inadeguata alla realtà e alle necessità de) dopoguerra. Si profilava infatti l'opportunità di elaborare una convenzione addizionale che abolisse l'obbligo dell'impiego di apparati Marconi nelle stazioni destinate al servizio commerciale. Un'ipotesi che contraddiceva in pieno il progetto delineato con sempre maggiore chiarezza da Marconi e che prevedeva la costituzione di una grande società nazionale per l'esercizio dci servizi di radiocomunicazione, supportata da un'industria specializzata nella produzione su vasta scala dei manufatti occorrenti, che fosse peraltro collegata a quella parte delle industrie elettrotecniche italiane cointeressale nel settore. Una società concessionaria dei servizi di radiocomunicazione che, collegando il paese alla vastissima rete ormai realizzata dalle compagnie Marconi, cooperasse con il Governo in anni che apparivano densi di promesse per la realizzazione del progetto appena delineato. In realtà nei confronti della strategia aziendale di Marconi la situazione si presentava oltremodo complessa e piena di elementi contraddittori: se nel dicembre 1920 veniva reso obbligatorio il servizio radiotelegrafico tra navi e aeronavi e stazioni costiere fisse, nel febbraio del 1921 cadeva il divieto di dare in concessione a privati impianti di radiocomunicazione. Un evento, quest'ultimo, che sembrava dover insidiare gli spazi privilegiati, o di "monopolio", come sostenevano molti, goduti da Marconi, poiché apriva la prima fase di reale concorrenza per la conquista delle concessioni di esercizio dei servizi di radiocomunicazione. Nell'ottobre del 1921, presso il Ministero delle poste e telegrafi, venne costituita una Commissione (presieduta da Adolfo Berio) incaricata di formulare un progetto di riordinamento dei servizi di radiocomunicazione, e di valutare le domande di concessione di impianti, affollatesi dopo anni di regime assolutamente restrittivo. Una commissione incaricata dunque di tradurre in pratica la politica del Governo Bonomi in materia di concessioni, inevitabile frutto di mediazione tra interessi di settore sempre più pressanti e organizzati. Nel giugno 1921 si era infatti costituita la Società italiana Marconi per i servizi radiotelegrafici e radiotelefonici, italianissima per capitale, indirizzo, personale e materiali, forte dei suoi collegamenti con le potentissime compagnie Marconi operanti all'estero, che si faceva avanti per la concessione dell'impianto di 12 stazioni radiotelegrafiche. "In realtà -come scriveva a Bonomi il ministro della Marina Eugenio Bergamasco -la Società · si proponeva come unico ente concessionario dell'intero servizio radiotelegrafico, perpetuando, sotto altra forma, il monopolio da parte della Compagnia Marconi". Analogo progetto sottendevano le richieste di concessione della Radio Italia e della Radio Elettrica, legate agli altri due colossi della radiotelegrafia internazionale la Compagnie Générale de Télegraphie sans fils francese e la Telefunken tedesca. Ancora nel giugno del 1922, i ministri interessati e la totalità degli organi tecnici erano concordi nel ritenere che introducendo un regime di monopolio nelle concessioni per il sevizio radiotelegrafico si sarebbe venuto a sostituire al cessato monopolio degli apparecchi Marconi un monopolio di esercizio ben più gravoso del precedente. Per favorire il sorgere nel Paese di una società veramente nazionale che fosse del tutto indipendente da organizzazioni straniere, ci si orientava a non affidarsi a una sola Compagnia, ma a mettere a profitto gli apporti della maggior parte delle società in concorrenza. L'amministrazione fascista ereditava dunque dai passati governi il problema, ancora in fase di studio, relativo alle modalità più vantaggiose per l'erario e per l'economia del Paese attraverso cui gestire la concessione del servizio radiotelegrafico pubblico a società private. Nel febbraio 1923 fu emanata la normativa che regolamentava le comunicazioni a mezzo di onde elettromagnetiche o a onde guidate. Sulla sua base, nell'agosto 1923, il ministro delle Poste Colonna di Cesarò firmava una convenzione con la Italo-Radio, società appositamente costituita dalla Telefunken e dalla Compagnia radiotelegrafica francese per l'impianto e l'esercizio di stazioni nel Paese: alla società venivano concessi in uso gli impianti di Coltano, Genova e Trieste, unitamente al macchinario per una stazione ultra potente, avuto in conto "riparazioni" dalla Germania. "Una convenzione -scriveva Marconi a Mussolini -contraria agli interessi dello stato e del pubblico italiano, chiamato a finanziare l'impresa, la quale non rappresenta altro che una importazione per molti milioni di materiale straniero sotto la mascheratura della concessione". Marconi, infatti, pur invitato a partecipare alla convenzione intervenendo nella costituzione della Italo-Radio, aveva rifiutato. Con ogni probabilità non intendeva condividere con compagnie concorrenti né i propri brevetti né il mercato italiano dei materiali radiotelegrafici. La Italo-Radio e gli stessi termini delle condizioni su cui era basata la concessione dei servizi di radiocomunicazione gli apparivano tecnicamente inadeguati come scriveva a Mussolini -"alla nuova era iniziata nel campo delle radiocomunicazioni con l'introduzione delle onde corte a fascio... alla rivoluzione avvenuta nel campo della tecnica radiotelegrafica". La mancata partecipazione di Marconi privava la nascente società concessionaria degli indispensabili collegamenti con gli innumerevoli paesi serviti da stazioni della organizzazione Marconi. Una convenzione addizionale proposta da Costanzo Ciano a Marconi, il l0 settembre 1924, se da un lato riconosceva l'impossibilità delle compagnie francese e tedesca di soddisfare pienamente gli impegni contratti con il Governo italiano, dall'altro contribuiva a eliminare le difficoltà create dalla mancata partecipazione di Marconi, "allargando praticamente il campo di azione della ItaloRadio a tutto il mondo". Per Marconi, divenuto presidente della Italo-Radio, si trattava di un vero successo. Nel dicembre del 1924, poi, si ratificava la convenzione stipulata con l'Unione Radiofonica Italiana, divenuta nel 1927 EIAR, per la concessione in esclusiva del servizio di radioaudizione circolare. All'URI partecipava, quale azionista di maggioranza, la Radiofono, altra società del gruppo Marconi, mentre la marconiana Radionazionale forniva il servizio di agenzia stampa. Nell'ottobre del 1927, infine, alla appena costituita Società Radio Marittima. altra affiliata italiana del gruppo Marconi, era affidata la concessione per l'impianto ed esercizio dei servizi di radiocomunicazioni su navi mercantili.
Marina Giannetta