Marconi, la politica e le istituzioni scientifiche italiane negli anni Trenta

Anche se 1'argomento di questo intervento riguarda essenzialmente gli anni `30, è necessario ripercorrere i primi passi di Marconi nel mondo politico italiano.

Marconi aveva già avuto molti rapporti con 1'amministrazione e con il governo italiano come imprenditore, ma il contatto con la vita politica italiana nei suoi luoghi istituzionali avvenne a ridosso della prima guerra mondiale. II 30 dicembre 1914 egli venne infatti nominato senatore; per 1a categoria 20 (”Coloro che con servizi o ineriti eminenti avranno illustrata la patria”). Referente di questa prima fase di partecipazione marconiana alla vita politica fu Francesco Saverio Nitti, l'artefice della nomina, con il quale Marconi proprio in quel periodo partecipava alla fondazione della Banca Italiana di Sconto, di cui sarebbe stato anche presidente.

Net 1915 1'Italia entrò in guerra; Marconi, che si trovava in quel momento negli Stati Uniti per ragioni collegate ai suoi affari. rientrò immediatamente in Italia e si mise a disposizione delle forze amate. Venne rapidamente inquadrato come tenente di complemento del Genio dirigibilisti e successivamente (nell'agosto 1916) tra gli ufficiali di vascello di complemento; partecipò alla guerra tanto occupandosi di questioni tecniche quanto svolgendo delicati incarichi politici e finanziari per conto del governo e sempre in stretto collegamento con Nitti. Emerse in questa circostanza il suo nazionalismo: come molti italiani del suo tempo. e fra questi anche molti uomini di scienza. Marconi era un fervente nazionalista (ed è questo il terreno del suo futuro contatto con il fascismo). È una storia comune ad altri intellettuali italiani del periodo: non tutti i nazionalisti sarebbero diventati fascisti (si pensi al caso di Vito Volterra), ma 1a maggioranza di essi avrebbe seguito un iter analogo a quello marconiano. In questo percorso giocarono certo un ruolo importante le delusioni che Marconi ebbe a subire nell'esperienza degli incarichi politici ricevuti all'indomani della guerra: 1'allontanamento da Nitti, certamente connesso alle vicende postbelliche della Banca Italiana di Sconto e agli esiti di alcune delicate missioni diplomatiche, con risvolti soprattutto finanziari; la partecipazione alla delegazione che trattava la pace a Parigi (ove il responsabile delle frustrazioni marconiane fu Vittorio Emanuele Orlando); il dissenso con la posizione assunta dal governo italiano su Fiume, che venne da lui pubblicamente e clamorosamente manifestato. L'adesione di Marconi a1 fascismo avvenne in modo formale e pubblico nel 1923. Non si deve pensare però che Marconi in questa fase si impegnasse attivamente nel fascismo: la sua adesione si limitava al giudizio positivo sulle trasformazioni che Mussolini aveva avviato e si impegnava a proseguire nella vita nazionale.

Non si dimentichi che Marconi per educazione ed esperienze era profondamente legato a una certa mentalità inglese. che pensava molto bene della democrazia come sistema politico ma non la riteneva adatta a tutti i popoli, e in particolare a gente caotica come gli italiani; egli vedeva dunque come un fatto positivo 1'affermarsi di un regime politico apparentemente capace di controllare (quegli aspetti di conflittualità e disorganizzazione della vita nazionale che avevano assunto un carattere molto accentuato ne11a crisi del dopoguerra e che erano particolarmente penalizzanti per 1'immagine dell'Italia all'estero.

 

Marconi ebbe i primi incarichi importanti nell'ambito del regime qualche anno più tardi, dopo il secondo matrimonio. Le delusioni de1 dopoguerra e il distacco dalle istituzioni e dalla politica avevanoinfatti coinciso con una profonda crisi familiare e personale, culminata nella separazione dalla prima moglie dalla quale aveva avuto tre figli: Degna. Giulio e Gioia). Nel 1925, però, Marconi incontrò Cristina Bezzi Sca1i, che avrebbe poi sposato. Il secondo matrimonio lo legò all'ambiente della famiglia de11a moglie: lo introdusse in particolare in quel giro de11a nobiltà nera romana che oscillava fra regime e Vaticano, mantenendo ottimi rapporti con entrambi. Sposatosi il 15 giugno 1927, Marconi accettò nel 1928 il primo incarico di prestigio offertogli dal Fascismo: la presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche. Il CNR era stato istituito ufficialmente nel 1923, ma esisteva di fatto già dal 1919 come membro italiano del Consiglio internazionale delle ricerche, con sede a Bruxelles, erede della cooperazione scientifica e tecnica interalleata del periodo bellico.

Vito Volterra

Vito Volterra

 

 

Una delle difficoltà incontrate dal CNR nell'ottenere il riconoscimento giuridico e le risorse di cui aveva bisogno consisteva net fatto che il regime non vedeva di buon occhio il suo gruppo dirigente, in cui spiccava Vito Volterra, preside in quegli stessi anni dell'Accademia dei Lincei e protagonista con Guido Castelnuovo della battaglia contro le riforme scolastiche di Giovanni Gentile. Nazionalista e interventista net 1914-1915, Volterra si era poi caratterizzato politicamente come antifascista aderendo nel 1925 a1 Manifesto Croce e al piccolo gruppo dei Senatori di opposizione. Nel 1925-26 i1 CNR venne messo in condizioni di non poter praticamente operare; nel 1927 si comincia a parlare di una legge di riforma dell'ente, che si tradusse alla fine di quell'anno in una profonda ristrutturazione.

Marconi fu dunque il primo presidente del CNR rinnovato: certo egli venne scelto per quella carica non solo in quanto illustre rappresentante del "genio italico" (per dirla con la retorica del tempo) ma anche perché uno degli obiettivi del CNR era quello di favorire una certa attività applicativa dei risulti della ricerca, e Marconi - premio Nobel, grande tecnico, grande inventare e insieme imprenditore- sembrava particolarmente adatto per questo ruolo, personalità autorevole, stimata in Italia e all'estero, scientificamente indiscutibile politicamente affidabile.

A differenza di quello che accadrà per altre presidenze da lui accettate in seguito, almeno nei primi anni Marconi seguì da vicino 1'attività del CNR ed ebbe una propria politica scientifica e culturale: 1a sua presidenza fu insomma una presidenza incisiva, benché il principale protagonista dell'organizzazione del CNR sia stato fin dalle origini Giovanni Magrini. Questi aveva cominciato a collaborare con Vito Volterra dai primi anni del Comitato talassografico, e - avendo aderito al regime - aveva poi seguito tutto il negoziato con le autorità politiche che aveva portato al decreto del 1923; era stato successivamente attivo promotore della ristrutturazione del 1927, e nel 1928 (avendo frattanto rotto con Volterra) era stato nominato segretario generate dell'ente. Magrini scomparve improvvisamente nella seconda metà del 1935, e la sua morte causò una serie di sommovimenti interni alla struttura organizzativa del CNR, documentati nella corrispondenza marconiana di quegli anni (ora presso 1'Accademia nazionale dei Lincei): in particolare. Marconi sembra aver avuto un ruolo determinante nella scelta del successore di Magrini, Ugo Frascherelli, direttore generate dell'Istruzione superiore.

Net 1930 Marconi ricevette un'altra nomina di grande spicco nella politica culturale e scientifica del Regime: quella a presidente dell'Accademia d'Italia: La nomina venne fatta nel settembre del 1930; Marconi succedeva al primo presidente de11'Accademia, Tommaso Tittoni. Per capire il senso di questa nomina è forse opportuno un piccolo passo indietro, per vedere come era strutturato al momento della presa del potere da parte del Fascismo il "sistema" delle accademie italiane. Si tratta di una precisazione necessaria. perché in molte biografie marconiane, e anche in quella più recente di Giancarlo Masini, si fa una confusione notevole sul ruolo istituzionale di questa nomina e sui rapporti fra Accademia d'Italia e Accademia dei Lincei: e se non si ha chiaro questo ruolo si finisce per sottovalutare 1'importanza della carica ricoperta da Marconi;

A metà degli anni '20, quando Mussolini consolida il suo potere, il mondo delle accademie italiane è composto da una serie di istituzioni, ciascuna con una propria storia che in genere affonda le sue radici negli anni a cavallo tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo. Alcune accademie hanno un'origine assai più antica, ma tutte hanno comunque subito una riorganizzazione più o meno profonda nel periodo napoleonico. Ogni Stato preunitario aveva la sua accademia (o le sue accademie) legata da rapporti più o meno stretti all'università (o alle università) locali. Con lo Stato unitario si era posto il problema della creazione di una accademia nazionale degna di questo nome che potesse figurare accanto alle accademie nazionali dei principali Stati europei: dopo una serie di vicende questo ruolo era stato assunto da11'Accademia dei Lincei, che aveva svolto assai bene la sua funzione assumendo una vera leadership in questo campo.

La presidenza dei Lincei, alla metà degli anni '20, era dunque una carica di grande prestigio, anche se tale prestigio era comunque ricondotto nell'ambito di un rapporto giuridico teoricamente paritario fra le varie istituzioni. Non esisteva cioè un principio gerarchico formale nei rapporti tra le accademie: esso venne invece introdotto con la creazione dell'Accademia d'Italia nel 1926.

A differenza di tutte le altre accademie italiane, 1'Accademia d'Italia aveva un ruolo, assegnatole per legge, che la sopraordinava rispetto alle altre istituzioni e le assegnava alcuni privilegi: per esempio, una cospicua pensione governativa ai soci e un'ampia disponibilità di risorse finanziarie per 1o svolgimento dei compiti istituzionali. Essa aveva dunque i mezzi per occupare effettivamente nella vita culturale del Paese gli spazi che la legge le assegnava (cosa rara nella storia de11e istituzioni culturali italiane). L'Accademia d'Italia rimase comunque inattiva fino al 1929. perché soltanto alla fine di quell'anno vennero nominati i primi soci: di fatto essa iniziò ad operare solo nel 1930, con Marconi, che ne fu quindi il primo vero presidente.

Come presidente dell'Accademia; d'Italia Marconi mise in atto parecchie iniziative; qui interessa in particolare metterne in rilievo due: l'indirizzo dato alla Fondazione Volta e l'aver sventato la fusione tra Accademia d'Italia e CNR.

La Fondazione Volta venne costituita presso la nuova Accademia nel 1930 da un gruppo di industrie elettriche capeggiato da11a Edison, per iniziativa di Giacinto Motta: si trattava di un gesto di consenso verso la politica fascista in questo campo e di un atto di stima nei confronti di Marconi. Con le risorse rese disponibili dalla Fondazione venne fra - l'altro organizzato a Roma nel 1931 il primo convegno internazionale di fisica nucleare.

Per quanto riguarda il CNR, Marconi aveva scritto a Mussolini alla fine del 1930 chiedendo per 1'ente di ricerca i mezzi necessari al raggiungimento dei fini istituzionali: era inutile avere un ente con tanti compiti istituzionali se non 1o si dotava di risorse adeguate. Mussolini rispose picche, e sulla lettera annoto: “Vedere se questo Consiglio debba ancora funzionare o non possa venire assorbito nei suoi elementi migliori e nelle sue funzioni (...) dall'Accademia d'Italia"; non è documentato il modo in cui Marconi dissuase il Duce dalla realizzazione di questo proposito, ma certamente poté farlo anche perché il Regime si sentiva sufficientemente garantito sul fronte della politica scientifica dal cumulo delle due presidenze in una persona tecnicamente indiscutibile e politicamente fidata. La vicenda si concluse con un modesto incremento della dotazione de1 CNR, ma senza che esso venisse pericolosamente incorporato nell'Accademia. Alle cariche di presidente del CNR e dell'Accademia d'Italia Marconi cumulò, pure, a partire dal 1934, quella di presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana; certamente si può dire che in tale veste egli non ebbe un ruolo altrettanto incisivo, dal momento che la gestione culturale dell'Enciclopedia era in reat1tà nelle mani di una personalità forte come Giovanni Gentile.

 

Non si può parlare del Marconi politico negli anni '30 senza menzionare almeno le sanzioni economiche imposte all'Italia dalla comunità, internazionale nel 1935 in conseguenza della guerra d'Etiopia.

Marconi subì un danno personale dalle sanzioni: certamente fu costretto a una scelta di campo molto netta, anche al1'interno del Regime (egli era ovviamente, con Grandi, tra i fautori di una politica estera filo britannica) e vide danneggiate le sue relazioni con il mondo anglosassone - senza contare la complicazione dei rapporti finanziari subita dalle sue società, il cui cuore era in Inghilterra. Egli fu certamente tra coloro che cercavano di frenare le tendenze filo tedesche all'interno del fascismo: da presidente dell'Accademia d'Italia non intervenne mai personalmente a cerimonie importanti del regime nazista facendosi rappresentare quando l'Accademia non poteva non essere presente. Inoltre non condivise mai la politica antiebraica del nazismo ed era considerato (in Inghilterra) tra 1e personalità amiche sia delle organizzazioni sioniste sia del fuoriuscitismo ebraico dalla Germania. Certo, tali posizioni gli avrebbero posto delicati problemi se fosse vissuto abbastanza da vedere le leggi razziali del 1938.

 

Giovanni Paoloni