Mario Fiorentini: il matematico che visse due volte

"Quello che mi ha sempre aiutato nella vita è stata la perseveranza" e sia che si trattasse di una idea o un ideale, questo è stato il tratto distintivo di Mario Fiorentini, scomparso il 9 agosto scorso, nella sua Roma, alla soglia dei 104 anni.

Nato nella capitale il 7 novembre 1918, il padre Pacifico, ragioniere ebreo di ideali mazziniani e la madre Maria Moscatelli, cattolica, educarono Mario laicamente. Tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta, Fiorentini è un autodidatta, con interessi per l'arte e la cultura in genere; come molti giovani di quel periodo, frequenta librerie e cineforum e il suo amico Carlo Lizzani (divenuto poi uno dei più apprezzati cineasti neorealisti) lo descriveva come "un ragazzo con i capelli lunghi, pallido, romantico, un poeta". Agli inizi degli anni Quaranta costituisce una compagnia teatrale che aveva l'obiettivo di far conoscere gli autori classici del teatro di prosa al popolo, con rappresentazioni nelle periferie. Nella compagnia ci sono molti giovani attori, tutti antifascisti, che saranno poi i futuri divi del teatro italiano e internazionale, fra questi spicca il nome di un giovane "e bellissimo", come disse Fiorentini, Vittorio Gassmann. In questi anni conosce anche Lucia Ottobrini ("la mia Lucia", come la chiamava sempre) con la quale condividerà il resto della sua vita, nonché l'esperienza partigiana.

Mario Fiorentini ventenne

 

Nonostante la sua educazione laica, in seguito alle leggi razziali del 1938, Fiorentini ha uno scatto di orgoglio, vuole impegnarsi contro il regime e accettare le sue origini. Decide di farsi ebreo e si reca dal rabbino capo di Roma che, ascoltando l'entusiasmo del giovane, gli ricorda che per diventare ebreo a tutti gli effetti avrebbe dovuto provvedere alla circoncisione. Ma a questo punto l'entusiasmo ha una battuta d'arresto e, come ha raccontato divertito lo stesso Fiorentini, decide di "pensarci un po' su", mandando in cavalleria la conversione ma non rinunciando alla lotta antifascista. Sono gli anni della seconda guerra mondiale, a cui Fiorentini non partecipa come soldato perché viene riformato per malattie e febbri tifoidee, e poi dell'armistizio dell'8 settembre 1943 con Roma che viene occupata dalle truppe tedesche in seguito alla battaglia contro l'esercito italiano a Porta San Paolo a cui Fiorentini partecipa tra le file degli aderenti al Partito d'Azione. Roma viene dichiarata "città aperta" ma in realtà la capitale è una retrovia piena di comandi e legioni che rastrellano ebrei e partigiani e si preparano per il fronte contro gli angloamericani fermi ad Anzio e che nel frattempo bombardano la città quotidianamente.

Dall'ottobre del '43 Fiorentini organizza e si pone al comando del GAP (Gruppi di Azione Patriottica del Partito Comunista) "Antonio Gramsci" con il nome di battaglia di Giovanni; il gruppo conta una manciata di giovani comunisti, fra i quali Lucia Ottobrini.

Il 16 ottobre 1943, con il rastrellamento del ghetto di Roma, i tedeschi arrivano anche nella centralissima via Capo le Case dove arrestano i genitori di Fiorentini, Mario riesce invece a fuggire scappando attraverso i tetti e rifugiandosi in via Margutta a casa dei pittori Emilio Vedova e Giulio Turcato. I genitori riescono però a salvarsi con uno stratagemma della madre che corrompe con dei gioielli di famiglia una guardia. Da allora Mario e Lucia vivono in clandestinità tra la carbonaia di un palazzo in via Marco Aurelio, dove il portiere è il compagno Duilio Grigioni che aiuta i partigiani a nascondersi, e l'appartamento di una zia di Mario che abitava in via del Tritone, vicino a via Rasella. Nel marzo del '44, proprio dalla finestra dell'appartamento vede sfilare, quasi ogni giorno, il battaglione Polizeiregiment "Bozen" di poliziotti altoatesini al comando delle SS. Così ricorda Mario Fiorentini: "Ho rivisto il verde marcio di quelli che erano venuti a prendere i miei genitori. Psicologicamente l'ho vissuta così. E questo può darsi che non sia un sentimento molto nobile, quasi di vendetta, però io ci ho messo anche quello".

I GAP "Gramsci" di Fiorentini e "Pisacane" di Giuseppe Bentivegna decidono quindi di predisporre un attacco in via Rasella, una strada stretta e in salita, dove il reparto nazista transitiva nella sua marcia. L'azione militare, del cui ordine si assunse la responsabilità il rappresentante comunista per la giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale Giorgio Amendola, viene messa in atto il 23 marzo da una dozzina di gappisti (Fiorentini viene escluso per il timore che venisse riconosciuto in quanto residente in quella zona) che fanno detonare un ordigno esplosivo al passaggio della colonna di soldati e lanciano poi quattro bombe a mano artigianali sui superstiti. L'attacco di via Rasella causa la morte di trentatré soldati tedeschi e di due civili italiani. Il giorno seguente, senza nessun preavviso, per ordine del Führer, si compie la rappresaglia tedesca, 10 italiani verranno fucilati per ogni soldato tedesco morto, che si consuma con l'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui sono uccisi 335 tra i prigionieri ebrei e antifascisti.

Dopo l'episodio di via Rasella, Mario e Lucia operano per un po' nelle zone di Roma del Quadraro e del Quarticciolo, devono però lasciare Roma e vanno a dirigere i GAP a Tivoli. Lucia tiene i collegamenti con la capitale e dirige altre operazioni cruciali nella storia della Resistenza, riceverà per le sue azioni la Medaglia d'argento al valor militare.

Fiorentini si muove con documenti falsi e dopo aver combattuto alla liberazione di Roma, viene arruolato nei servizi segreti dell'Office of Strategic Services (OSS) e inviato nel Nord Italia dove prosegue la Resistenza in Emilia e Liguria. Lo arrestano quattro volte (tanti quanti i suoi nomi di battaglia: Giovanni, Fringuello, Gandhi, Dino) ma per quattro volte riesce a evadere. Alla fine del conflitto riceve tre Medaglie d'argento al valor militare, tre Croci al merito di guerra e una Onorificenza d'oro USA: è il partigiano più decorato d'Italia.

Nel dopoguerra Mario Fiorentini può iniziare la sua "seconda vita" e finalmente dedicarsi alla sua grande passione matematica, terminando, non senza fatica, gli studi e impegnandosi nell'insegnamento nella scuola.
La sua produzione scientifica inizia ufficialmente nel 1964 in sintonia con la tradizione della Geometria algebrica italiana, ancora viva a Roma grazie alla scuola di Beniamino Segre, e si è concentrata principalmente sui metodi omologici in Algebra commutativa e in Geometria algebrica, in stretto legame con le idee più avanzate di Grothendieck e della sua scuola.

Nel 1971 diventa professore ordinario di Geometria superiore all'Università di Ferrara. Il suo entusiasmo si trasmette anche nell'Ateneo, in cui nel corso degli anni Settanta costruisce una eccezionale atmosfera di vita matematica. I suoi lavori più significativi sono stati raccolti e pubblicati nel 2000 a cura di Paulo Ribenboim in "Collected Papers Of Mario Fiorentini".
Nel 2018 è uscito il suo ultimo libro "Zero uno infinito. Divertimenti per la mente", scritto con il giocologo Ennio Peres, anch'egli recentemente scomparso.

Mario Fiorentini è stato per generazioni di studenti di matematica un punto di riferimento, animato da una volontà sincera di essere loro vicino, di valorizzarne le capacità, di ottenere il meglio da ogni persona. Il suo senso di equità e giustizia, che lo aveva caratterizzato durante la Resistenza, si era trasmesso così intatto anche nell'insegnamento.

 

Bibliografia

  • A. Barbero, "Le reti clandestine. Una rete di partigiani: i GAP di Roma e l'attentato di via Rasella", Festival della Mente, Sarzana, 2017.
  • M. Bettozzi, "L'ultimo gappista. Mario Fiorentini. Una vita di lotte, incontri, passioni e teoremi", Edizioni Efesto, 2018.
  • P. Nastasi, "Ero in via Rasella. Pietro Nastasi intervista Mario Fiorentini", Lettera Matematica PRISTEM, n. 39-40, 2001.

 

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