Peano e Vailati di fronte alla filosofia (parte 2): Peano e il carattere ‘linguistico’ della logica
È noto che Giuseppe Peano non ha mai voluto, programmaticamente, esprimere una propria opinione filosofica legata alla sua logica matematica; questo reciso rifiuto l’ha espresso in varie occasioni; ad esempio, nella recensione a un’opera di Schröder afferma: “Non seguirò l’A.[utore] nella parte filosofica, essendone io incompetente”; un’affermazione, questa, smentita da una sorprendente testimonianza. Augusto Guzzo, in un articolo del 1960, Conferenza novembrina di Geymonat, dichiara: “Geymonat l’ha detto: Peano si chiudeva nel silenzio appena si parlava di filosofia: tutti vedevano che non era d’accordo, e che la sua era tutt’altro che semplice antipatia e capriccio; [...] e anche con Geymonat preferì tacere al riguardo dicendo: “è filosofia: non me ne intendo”. E invece se n’intendeva, ma venni a saperlo per puro caso. Un anno Peano presiedette una commissione d’esami di stato di maturità classica, a Cuneo; viaggiava con lui, non so per quale ragione, il mio antico allievo e amico Edilio Chiriotti. O fosse particolare simpatia per il mio amico, che lo meritava appieno, o che la particolare atmosfera degli esami di maturità d’allora lo inducesse ad aprirsi senza più reticenze, certo è che Peano, in treno, istituì una critica in pieno del kantismo. Chiriotti me la riferì, io non la dimenticai più, sicchè io potetti ricostruire la ‘filosofia’ che, in Peano, sosteneva la sua logica matematica”. E Guzzo, da me interpellato tramite Geymonat, mi confermò che la critica peaniana si appuntava “sull’apriori e sul trascendentale”.
A tale proposito, va ricordato che secondo Bertrand Russell uno dei risultati più innovativi raggiunti da Peano è di avere fornito “una confutazione decisiva e irrevocabile” della teoria della conoscenza di Kant, dimostrando il carattere esclusivamente logico-deduttivo, ossia analitico e non sintetico, del ragionamento matematico. Giovanni Vailati, in una recensione all’opera di Francesco Orestano, L’originalità di Kant del 1904, ha espresso una critica radicale della teoria della conoscenza e dell’etica di Kant. Egli conclude la sua critica dell’apriorità dello spazio e del tempo, rilevando “la tendenza di Kant a scambiare per condizioni universali e permanenti di ogni attività mentale quelle che non sono che limitazioni, o costruzioni, o artifici di rappresentazione, proprio di un determinato stadio di cultura”. Egli ha individuato due orientamenti alternativi nel pensiero filosofico-scientifico moderno: uno fa capo a Leibniz e un altro a Kant.
Ora, il problema di una integrazione filosofica della logica matematica è stato affrontato da Giovanni Vailati in alcuni scritti; in un saggio del 1985, Il contrasto Peano-Vailati, utilizzando appunti di Vailati (35 fogli brevi) raccolti in un fascicoletto con il titolo dato dallo stesso Vailati, Polemica con Peano, ho messo in rilievo alcuni motivi di un contrasto con Peano, peraltro espressi anche in alcune lettere inviate all’amico Giuseppe Vacca, riguardanti la scelta dei simboli e il problema del significato. Da quei materiali e da altri scritti, si può affermare che Vailati è d’accordo con Peano sulla centralità della ‘definizione’ nella costruzione del sapere scientifico (in particolare della matematica); la differenza risiede nel fatto che secondo Vailati, contrariamente a Peano, è legittimo l'uso della teoria aristotelica della definizione oltre l'ambito strettamente logico-matematico, ossia nell'attività spiccatamente filosofica. Ed è su questa questione, cruciale per entrambi, che le divergenze si configurano come due programmi di ricerca diversi.
Peano ha dato un rilievo particolare al linguaggio e anche al carattere linguistico della logica; ciò va inteso non nel senso che si debba comprendere la logica attraverso la lingua, ma che la logica è essa stessa una lingua ideografica. Su questo aspetto del pensiero peaniano si è soffermato Umberto Cassina nel saggio del 1953, L’idéographie de Peano du point de vue de la théorie du language; egli ha messo in evidenza che la logica matematica di Peano si collega con il programma leibniziano della Characteristica universalis. Un linguaggio è una ideografia se ogni sua frase è ideografica (ossia contiene dei glossogrammi, ovvero dei simboli che abbiano solo un valore formale); una ideografia conterrà quindi soltanto dei simboli che hanno un valore logico e che rappresentano delle idee. A questo proposito si può dire che Peano non ha però discusso cosa siano queste idee, come si distingua la parte grammaticale da quella logica, forse perchè in questo modo avrebbe dovuto scendere proprio sul terreno filosofico.
Secondo Peano, per creare una ideografia non occorre usare un segno differente per ogni idea; questo processo sarebbe molto complicato e ci obbligherebbe a introdurre sempre nuovi simboli per il continuo avanzamento delle conoscenze umane. Leibniz fu il primo ad affermare che le idee composte possono essere scritte mediante i simboli delle idee semplici che le compongono, collegati fra loro secondo certe regole fisse. Secondo Leibniz sarebbe possibile esprimere per questa via, con pochi simboli, tutte le idee composte del linguaggio comune. Peano ha dimostrato che tale programma è attuabile limitatamente al linguaggio della logica e della matematica; basta infatti una ventina di simboli (riducibili a poco più di sette) con i quali risultano rappresentabili tutte le idee (semplici e composte) della logica e della matematica (e la chiamò “logica matematica”). Cassina afferma che “noi possiamo dire che la logica matematica di Peano è una ideografia, e inoltre che è un linguaggio universale, e infine che è un linguaggio speciale per la logica e la matematica e per tutte le scienze che possono venir espresse matematicamente”. E più oltre dichiara che “è un linguaggio scritto universale, senza grammatica, i cui segni linguistici sono tutti degli ideogrammi”.
L’affermazione del carattere “linguistico” della logica, nel senso ora indicato, implica alcune conseguenze. Uno dei passaggi più importanti per la logica è l’introduzione di alcuni chiari e precisi simboli, capaci di rappresentare le idee semplici della logica e della matematica; da ciò l’importanza che in questa interpretazione della logica matematica assumono la semplicità dei simboli e la loro riducibilità al più piccolo numero possibile. Inoltre, si deve dimostrare quali, fra quelli introdotti, sono necessari e quali in realtà superflui; Peano evidenzia che la funzione riassuntiva, in parte stenografica o abbreviativa della logica matematica può essere esposta in poche pagine; essa servirà, dunque, a esporre in forma schematica e completa in ogni passaggio, tutta la matematica. Infine, la logica matematica non si interessa di studiare le strutture logiche del linguaggio umano, ma di individuare e rappresentare solo le idee semplici e complesse del linguaggio matematico e di quelle proposizioni di logica che sono usate dai matematici. Peano chiarisce in modo particolare che questa ideografia è intesa a esprimere non tanto il linguaggio comune ma essenzialmente quello matematico. Il linguaggio comune è, secondo Peano, pieno di inesattezze, equivoci, imprecisioni, fraintendimenti, pertanto è illusorio credere che sia rigorosamente traducibile in una ideografia.