Peano e Vailati di fronte alla filosofia (parte 5): Il contrasto Vailati-Peano

Negli otto anni intercorsi fra il primo e il secondo saggio di Vailati su Peano, entrambi ebbero due percorsi diversi: il primo, abbandonata la produzione strettamente matematica (salvo l'argomento della definizione in matematica, e pour cause) si  è dedicato interamente allo studio e alla diffusione del latino sine flexione, poi interlingua fino alla fine della sua vita; il secondo, si è impegnato soprattutto nella formulazione e nella difesa del pragmatismo.

Ora, come abbiamo rilevato più volte, Peano si rifiutò sempre di scendere sul terreno delle discussioni filosofiche, e tale atteggiamento di chiusura mantenne anche verso il pragmatismo, difeso da Vailati, il quale aveva dedicato agli studi di matematica e di logica un impegno maggiore di quanto si possa dedurre esaminando solo il volume dei suoi scritti del 1911; Vailati ritenne che il suo compito fondamentale fosse quello di utilizzare gli strumenti logico-matematici forgiati da Peano nel campo della filosofia. Alla base delle rispettive scelte c'è una polemica che investe direttamente la logica matematica e, indirettamente, la filosofia. Per capire in che cosa consiste il contrasto e i riflessi che ne sono derivati, occorre tenere presente un dato importante della formazione culturale di Vailati. Egli, fin da quando studiava matematica all'università di Torino, dopo essersi laureato in ingegneria nel 1884, si è interessato vivamente al problema delle proprietà combinatorie delle operazioni, ossia di vedere se è possibile, partendo dal semplice concetto di operazione e senza introdurre quello di numero o di quantità, esporre in forma sistematica e dimostrare in modo rigoroso tutti i teoremi che si riferiscono appunto alle proprietà combinatorie delle operazioni. Nello scritto Sulle proprietà combinatorie delle operazioni (sett.-dic. 1887), pubblicato nel secondo volume dell’edizione degli scritti vailatiani del 1987, risulta che egli era già sul terreno dei problemi affrontati da Peano ancor prima di diventarne l'assistente negli anni 1892-1895. Da ciò una certa autonomia intellettuale e libertà di pensiero nei confronti del maestro. In altri termini, da questo lavoro emerge un'immagine di Vailati matematico e logico diversa da quella tradizionale; il suo studio della matematica e della logica rappresentò, dunque, non una parentesi nella sua attività intellettuale ma un momento fondamentale della sua formazione e poi della produzione scientifica del primo decennio di attività.

D'altra parte il carteggio Vacca-Vailati, già pubblicato anche se non integralmente nell’Epistolario, ci offre precise informazioni sull'atteggiamento assunto da Vailati verso il lavoro di Peano. Per comprendere l'importanza dei rilievi e delle proposte che esprime nelle lettere a Vacca, e ancor più in quelle a Peano che poniamo in appendice, bisogna tener presente un preliminare avvertimento metodologico: le discussioni riguardanti l'opportunità o meno di certi segni o notazioni, o l'indicazione di trattare in un certo modo piuttosto che in un altro un teorema, è decisivo nella logica matematica. In tale disciplina, infatti, la differenza tra miglioramenti di “forma” e ampliamenti di “sostanza” non ha ragion d'essere, perché la “materia” di indagine della logica matematica non è il “contenuto” ma, appunto, la “forma” dei ragionamenti.

Nella lettera a Vacca del 27 gennaio 1901 Vailati afferma: “Sto leggendo il Formulario 1901, su cui non mancherò di scrivergli appena abbia tempo. Ho visto con piacere che sono sparite le (Df); perché non abolire anche l'ambigua designazione di variabili reali (a pp. 1-2), chiamandole, per esempio, invece variabili effettive? Sono piccoli cambiamenti, ma che hanno il loro effetto, specialmente per facilitare l'accesso a chi comincia e non l'ébouriffer”. Nella lettera del 17 febbraio dello stesso anno si diffonde più lungamente nel segnalare incongruenze e proporre miglioramenti, specie per “quella benedetta pagina 2, la quale, così com'è, a me sembra un vero scandalo (nel significato etimologico della parola = pietra d'inciampo) per chi comincia a leggere il Formulario. A me pare assolutamente necessario che essa venga modificata, in un modo o in un altro; e che una maggiore chiarezza che si ottenesse in essa si ‘riverbererebbe’ anche sui capitoli successivi, specialmente quello delle definizioni, che pure ha bisogno di qualche ulteriore chiarimento. Inoltre ne potrebbe venire molto migliorata anche l'esposizione delle importantissime regole relative agli indici al segno. [...] Quel capitoletto (e specialmente la pagina 2) andrebbe completamente rifuso, caratterizzando subito in principio la distinzione tra equazioni e identità logiche, cioè tra proposizioni che hanno lo scopo di definire (delimitare) delle classi e proposizioni in cui non entrano che classi che sono o si suppongono già anteriormente delimitate, e mostrando l'importanza di tale distinzione che non è che una generalizzazione di quella familiare in algebra tra identità e equazioni”.

Quando poi Vailati  viene a sapere che Vacca si sta allontanando da Torino per ragioni politiche (ritornerà assistente di Peano nel 1904 ancora per un anno), gli scrive, preoccupato: “e del Formulario e relative questioni, che novità ci sono? Non vorrei che, mancando la componente che tu rappresentavi, la risultante prenda una direzione meno buona. Essa in ogni modo verrebbe a diminuire grandemente in valore; poiché è ben difficile che Peano trovi un collaboratore più atto di te a controbilanciare le sue cattive tendenze... con delle altre tendenze tanto buone quanto lo sono le sue migliori, senza per nulla rendere queste ultime meno efficaci, e anzi stimolandole ed eccitandole al massimo grado come tu facevi standogli alle costole”.