Peano e Vailati di fronte alla filosofia (parte 6): Peano e l'algebra della grammatica

È singolare che Peano e Vailati, alla fine della loro atività intellettuale, abbiano affrontato, l’uno, il problema dell’algebra della logica, l’altro quello della grammatica dell’algebra; due testi che appaiono simmetricamente divergenti. La quinta e ultima edizione del Formulario (1908), già annunciata come imminente da Vailati, ebbe invece una lunga gestazione, per le difficoltà incontrate nella costruzione di simboli capaci di rappresentare, oltre le idee di logica, anche i più importanti capitoli della matematica. Ciò avrebbe permesso di continuare la costruzione di una completa enciclopedia di tutto il sapere matematico. Comunque, Peano ritenne, forse, che il lavoro fondamentale era stato stato compiuto; vale a dire che per concludere l'impresa non ci fossero difficoltà teoriche da superare ma solo “tecniche” (molti lavori dei suoi allievi sono stati compiuti in questa direzione). Egli dedicò invece i suoi maggiori sforzi a realizzare l'antico progetto di Leibniz di una lingua o “scrittura universale”; si trattava infatti di elaborare una ideografia generale capace di tradurre in simboli anche il linguaggio comune, non ovviamente attraverso l'esame e la traduzione in simboli dei termini che vi si trovano, ma attraverso la riduzione in simboli della grammatica e l'accoglimento del ricchissimo patrimonio lessicale della lingua latina, che costituisce il retroterra linguistico di tutte le culture europee.

L'elaborazione peaniana dell'interlingua costituisce il prolungamento del suo programma scientifico; il problema di una lingua internazionale ha provocato lunghe e appassionate discussioni, e la posizione assunta da Peano è diversa dalle molte che furono avanzate in quegli anni. Secondo il logico torinese, fra la logica matematica e l'interlingua c’è uno stretto rapporto, e alcuni riferimenti testuali sono sufficienti per porlo in evidenza. Il latino sine flexione, afferma,  “è un'applicazione della Logica matematica, la quale appunto, con una successione di eguaglianze, permette di scomporre un insieme di idee matematiche in primitive e derivate”. E più oltre: “Il latino sineflexione allo stato attuale, come pure il latino minimo, quando sarà costruito, o meglio calcolato, è conseguenza di soli teoremi logici. Esso contiene nessuna convenzione”.

In altri termini, Peano ritiene di poter combinare la non convenzionalità del linguaggio comune, rappresentato dal vocabolario comune delle lingue europee, ossia il latino, con la convenzionalità dell'ideografia, dimostrando che “toto nomenclatura de grammatica resulta sine valore”: da ciò la legittimità della sua riduzione simbolica. Tutta la lunga ricerca linguistica di Peano, che è passata attraverso diverse fasi, è volta a porre in luce il valore logico delle categorie grammaticali, il fatto cioè che se la grammatica è formale, e i suoi termini - aggettivo, sostantivo, verbo ecc. - indicano “proprietates de forma, non de ideas; grammatica expone usu, et non logica”, è perciò impossibile dare, di tali termini, delle definizioni. Essi però, a un attento esame, risultano a Peano del tutto inutili al fine di garantire la comunicazione linguistica, perciò la grammatica, “tormento de pueritia”, può essere decisamente eliminata. Egli giunge così ad affermare che “l'interlingua es scientia de scribe in modo plus facile, logico e diffuso, quam in omne alio lingua”. L'ultimo lavoro di Peano su tale argomento, è l'Algebra de grammatica in cui espone in termini conclusivi la sua elaborazione del calcolo grammaticale e segna il punto d'approdo raggiunto su tale problema.