Vita, morte e MIRACOLI di Alan Mathison Turing
La vita di Turing si può leggere in molte biografie: ottima ed enciclopedica tra di esse quella di Andrew Hodges (pubblicata in Italia da Bollati Boringhieri); molto piacevole l'agile libretto di Gianno Rigamonti, TURING, il genio e lo scandalo (Flaccovio editore, Palermo, 1991). In entrambi i libri si possono anche trovare cenni della sua tragica fine, della quale la società inglese - ma chissà altre società come si sarebbero comportate - non può certo menar vanto.
E i miracoli? Ebbene sì, ha fatto anche questi o, almeno, a sentire Kurt Gödel, ne ha fatto almeno uno, anche se in combutta con altri logici del primo Novecento.
Martin Davis, grande logico e informatico americano, allievo di Emil Post - un altro "grande" che ha avuto una vita infelice - e autore, assieme a Hilary Putnam e Julia Robinson, di tanti importanti risultati che hanno poi permesso a Jurij Matijasievic di fare l'ultimo passo e risolvere il decimo Problema di Hilbert, nell'introduzione a un suo libro di Informatica teorica scriveva, nel 1982, che "It is remarkable that it has proved possible to give a precise mathematical characterizatioin of the class of processes that can be carried out by purely mechanical means. It is in fact the possibility of such a characterization that underlies the ubiquitous applicability of digital computers".
Ma che c'entra Turing con tutto questo? C'entra perché è stato uno degli autori e dei fondatori di questa teoria, assieme ad Alonzo Church, a Stephen Cole Kleene e lo stesso Gödel. Ma fra tutti era quello che alla generalità di questa teoria e alla sua portata rivoluzionaria ci credeva di più. Analizzando il modo in cui un essere umano procede quando deve effettuare un computo arbitrario, ha estratto alcuni elementi base essenziali e, idealizzando questi, un modello astratto di macchina, la Macchina di Turing appunto. | Alan M. Turing |
Alonzo Church |
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| Kurt Gödel |
E ancora nel 1965: "The concept of "computable" is in a certain sense "absolute", while practically all other familiar metamathematical concepts (e.g., provable, definable, etc.) depend quite essentially on the system with respect to which they are defined". Il miracolo consiste dunque nell'avere formulato una teoria che carpisce integralmente una nozione intuitiva - quella di calcolabile - e anche nel fatto che in questa teoria riusciamo pure a dimostrare un po' di cose interessanti. Citiamone solo due. Un risultato positivo e uno negativo. Capiamo meglio, adesso la frase di Martin Davis che abbiamo citato all'inizio.
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| David Hilbert |
Questa Teoria è uscita dalla testa di Turing (e anche di altri grandi come lui). Una strana coincidenza è che tutti si sono dati convegno per trovare indipendentemente l'uno dall'altro questi risultati a metà degli anni Trenta (i lavori sono apparsi nel 1936). Rispetto agli altri suoi sodali, Turing ha fatto anche qualche altra cosa in più. Già abbiamo ricordato la visualizzabilità del suo modello - della sua Macchina - rispetto ad altre proposte, pur equivalenti dal punto di vista matematico. Abbiamo ricordato anche la grinta con la quale ha sostenuto le sue idee. Durante la guerra, riuscì a decifrare i codici della marina tedesca e, dopo la guerra, si diede da fare per costruirli i calcolatori mentre, contemporaneamente, delineava gli elementi matematici base di una teoria della morfogenesi.
Nel 1950 scrisse, poi, un articolo dal titolo provocatorio "Macchine calcolatrici e intelligenza" per la rivista filosofica inglese Mind. Si mise a scherzare su ciò che i calcolatori avrebbero potuto fare e sulla possibilità di una "intelligenza meccanica", introducendo un gioco (il gioco dell'imitazione) come test empirico per stabilire l'intelligenza di una macchina. Il giorno in cui non saremo in grado di distinguere dalle risposte fornite da un essere umano e da una macchina quale sia l'uomo e quale sia la macchina, vuol dire che le macchine hanno raggiunto un livello "accettabile" di intelligenza.
In una parola, nel tempo libero, inventò anche l'Intelligenza Artificiale, cinque anni prima che questo nome fosse inventato. Il suo allievo Robin Gandy, scomparso anche lui da qualche anno, ricordava che Turing si era divertito moltissimo a scrivere questo articolo, che rideva da matti quando gliene leggeva alcuni passi. Un altro segno della sua grandezza, la capacità di ridere anche delle proprie cose e di divertirsi nel fare cose importanti, di assoluta grandezza.
Gandy, ricostruendo la nascita della teoria della calcolabilità, osservava anche lui che l'esistenza di una teoria profonda aiuta lo sviluppo della tecnologia connessa. Così è stato per l'elettricità che ha potuto basarsi sulla teoria di Maxwell. Così è stato per l'Informatica che ha potuto basarsi sulla Teoria della calcolabilità. Così non è stato per i motori a scoppio, che hanno contribuito loro allo sviluppo della Termodinamica, invece di trovarsela bella e pronta. Non è un caso che si sono sviluppati molto più lentamente.
Finora siamo stati fortunati con l'Informatica, ma i nuovi sviluppi, la rete, i sistemi distribuiti, non hanno una vera teoria su cui fondarsi. Per i problemi centrali di questi settori la teoria della calcolabilità è un riferimento troppo remoto e generico per svolgere un ruolo significativo. Se vogliamo che lo sviluppo ulteriore delle nostre tecnologie continui ad essere rapido come è stato finora (e non totalmente alieno, come rischia di essere lo sviluppo tecnologico non fondato su teorie generali e profonde), sarebbe bene investire anche sulla ricerca di base, invitare tutti a riflettere sulle grosse questioni di fondo, sperando che qualche nipotino di Turing ci dia prima o poi una mano ad avere un riferimento teorico per quello che sta succedendo.