Le estati della scienza tra guerra e pace

Nell’estate del 1939, Albert Einsten trascorreva la sua villeggiatura a Peconic, un piccolo villaggio di Long Island. Ormai sessantenne, risiedeva dal 1933 negli Stati Uniti e insegnava a Princeton dove era impegnato nella ricerca della cosiddetta “teoria unificata di campo”, che avrebbe dovuto unificare le leggi della gravità e dell’elettromagnetismo e fornire una descrizione unitaria dei fenomeni naturali. La seconda guerra mondiale sarebbe iniziata di lì a poco, il 1° settembre, con l’invasione della Polonia da parte del terzo Reich e lo scontro si sarebbe giocato anche sul piano scientifico e, in particolare, nel campo della neonata fisica nucleare.

Qualche mese prima, il 17 dicembre 1938, a Berlino i chimici Otto Hahn e Fritz Strassman avevano ottenuto la fissione nucleare dell’uranio e nei primi giorni di gennaio del ‘39 Lise Meitner e Otto Frisch ne avevano dato l’interpretazione fisica. In quei giorni concitati, sempre Frisch metteva al corrente il fisico danese Niels Bohr, in partenza per gli Stati Uniti, sulle conclusioni a cui si era arrivati circa la scissione nucleare. Tra il 26 e il 28 gennaio, nel corso del V Convegno di Fisica teorica a Washington, Bohr diffondeva la notizia della fissione. A Washington c’era anche Enrico Fermi, appena fuggito dall’Italia fascista e considerato il più grande esperto della fisica del nucleo. Fermi ipotizzò che questo processo avrebbe dato luogo a una reazione nucleare a catena di inaudita potenza. L’allarme era chiaro: la Germania nazista era in grado di fabbricare un’arma nucleare di distruzione di massa.

Tra i più preoccupati c’erano Leo Szilard, ebreo ungherese rifugiatosi negli USA nel 1933, e un altro fisico ungherese Eugene Wigner. Sono proprio loro che a metà luglio si recarono a Peconic da Einstein: chi se non il fisico più importante del mondo, campione del pacifismo già ai tempi della prima guerra mondiale, sarebbe riuscito a porre la questione alle più alte sfere della politica mondiale? Einstein, che non si era mai occupato di fisica nucleare, accettò di sottoscrivere un documento pubblico per sollecitare la realizzazione di un ordigno nucleare prima che questo fosse costruito da Hitler. Ma quale documento? Una lettera? Ma a chi inviare la missiva? Su suggerimento dell’economista e consulente della Casa Bianca Alexander Sachs, Einstein e i due colleghi decisero di scrivere una lettera diretta al presidente Franklin Delano Roosevelt per informarlo della possibile applicazione bellica della fissione nucleare, delle competenze tedesche in questo campo e, nel contempo, per attivare un’immediata mobilitazione.

Il 2 agosto, Albert Einstein firmava la lettera che si concludeva suggerendo che si stabilisse “un contatto continuo fra il governo americano e il gruppo di fisici che lavorano in America sulla reazione a catena” allo scopo di passare su un vero e proprio terreno operativo se la situazione fosse degenerata ulteriormente. La lettera rappresenta a tutti gli effetti il prologo dell’era atomica.

Arrivata nelle mani di Roosevelt, nell’ottobre il presidente istituiva il Comitato consultivo sull’uranio, del quale facevano parte, tra gli altri, Fermi e Szilard. Viene proposto a Einstein di entrare a farne parte, ma il fisico rifiuta con una un’altra lettera, questa volta datata 25 aprile 1940. La missiva segnava la fine di ogni suo rapporto con le attività che portarono alla bomba atomica americana, attività delle quali rimarrà sempre all’oscuro.

(da sinistra) Robert Oppenheimer, Enrico Fermi,  Ernest Orlando Lawrence

 

Nel 1942 gli Stati Uniti avviarono con forza il Progetto Manhattan, al quale, sotto la direzione di Robert Oppenheimer, partecipavano tutti i principali fisici presenti negli Stati Uniti. La storia del progetto è nota e si concluderà nel 1945 con l’esplosione di tre bombe. Il 16 luglio viene fatto brillare, come test nel New Mexico, il prototipo The Gadget. In questa occasione Oppenheimer, consapevole della propria parte di responsabilità, pronunciava una frase, ripresa dal testo sacro induista Bhagavadgītā: “Sono diventato Morte, il distruttore di mondi”. Poi il 6 e 9 agosto vengono sganciate, prima su Hiroshima poi su Nagasaki, le bombe Little Boy e Fat Man, che sancirono la fine del conflitto mondiale.

Bomba sganciata su Hiroshima

 

In seguito al disastro in termini di vite umane che le bombe esplose in Giappone avevano creato, nella comunità scientifica molti furono gli esponenti, alcuni dei quali proprio fra coloro che avevano collaborato attivamente al progetto atomico, a promuovere un movimento che chiedeva il disarmo e l’interdizione delle applicazioni belliche dagli studi nucleari.

Oppenheimer e Rotblat si unirono ad Albert Einstein, Bertrand Russell e altri eminenti scienziati e accademici per fondare ciò che sarebbe diventata, nel 1960, la World Academy of Art and Science. In uno scritto del 1952 Einstein afferma: “La mia parte nella realizzazione della bomba atomica è consistita in un unico atto: firmai una lettera per il presidente Roosevelt […]. Ero pienamente consapevole dei danni terribili che sarebbero stati arrecati all’umanità in caso di successo. Ma la possibilità che i tedeschi stessero lavorando al medesimo problema con qualche probabilità di successo mi obbligò a compiere questo passo. Non potevo fare altro, sebbene fossi un convinto pacifista”.

Nell’estate del 1955, il 9 luglio più precisamente, pochi mesi dopo dalla morte di Einstein e alla vigilia dell’incontro dei “quattro grandi” vincitori della seconda guerra mondiale a Ginevra, Bertrand Russell rende pubblica a Londra la dichiarazione in cui il logico e filosofo della scienza inglese e il fisico tedesco invitavano gli scienziati di tutto il mondo a mobilitarsi contro i rischi di una guerra nucleare. Il documento, sottoscritto da altri sette scienziati di fama mondiale e passato alla storia come Manifesto Russell-Einstein, era un accorato appello affinché gli uomini di scienza si adoperassero per la pace e contro ogni investimento bellico degli studi nucleari: “Se sarete capaci di farlo, vi è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale”.

Albert Einstein e Bertrand Russell

 

Il Manifesto invitava a tenere al più presto una conferenza internazionale, che in effetti venne tenuta per la prima volta nel 1957 nella cittadina canadese di Pugwash, appuntamento al quale Oppenheimer seppur invitato non partecipò. Dalla conferenza nasce un vero e proprio movimento di scienziati per il disarmo la cui influenza nel corso della guerra fredda fu tale – era la sola occasione che scienziati di blocchi opposti avevano per confrontarsi – che la Conferenza di Pugwash per la Scienza e gli Interessi del Mondo ricevette nel 1995 il premio Nobel per la pace.