La leggenda dei monti naviganti
Paolo Rumiz
La leggenda dei monti naviganti
Feltrinelli, Milano, 2007
pp. 339, Euro 18,00
Un viaggio di settemila chilometri che cavalca la gobba montuosa della balena-Italia lungo Alpi e Appennini, dal Golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). Parte dal mare, arriva sul mare, naviga come un transatlantico con due murate affacciate sulle onde ed evoca metafore marine, come chi veleggia – o forse vola – in un immenso arcipelago emerso.
Trovi valli dove non esiste l’elettricità, incontri grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, scivoli accanto a ferrovie abitate da mufloni e case cantoniere che emergono a un tempo lontanissimo, conosci bivacchi in fondo a caverne e santuari dove divinità pre-romane sbucano continuamente dietro ai santi del calendario.
E poi ancora ti imbatti in parroci bracconieri, custodi di rifugi leggendari, musicanti in cerca di radici come Francesco Guccini o Vinicio Capossela. Un’Italia di quota, poco visibile e poco raccontata.
Le due parti – o forse i due “libri”, alla maniera latina – del racconto, Alpi e Appennini, hanno andatura e metrica diverse. Le Alpi sono pilastri visibili, famosi; sono fatte di monoliti ben illuminati e percorse da grandi strade.
Gli Appennini no : sono arcani, spopolati, dimenticati, nonostante in essi si annidi l’identità profonda della nazione. Questo possente racconto di “monti naviganti è cominciato sul quotidiano “la Repubblica” ed è diventato quello che oggi è, un poema di uomini e di luoghi, impreziosito da una storia “per immagini” della fotografa Monika Bulaj, che ha seguito Paolo Rumiz in alcune tappe di questa avventura.
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