La matematica come abitudine del pensiero
In questo libro, dopo una introduzione che intende mettere a fuoco alcuni aspetti del pensiero di Florenskij ed il loro interesse attuale per la matematica, il primo capitolo traccia una breve biografia del grande matematico e teologo russo.
Nel seguito vengono prese in considerazione ed esposte nelle loro linee essenziali le opere matematiche di Florenskij, quando è possibile in ordine cronologico. Così, i saggi: “Su un presupposto della concezione del mondo” (1904), “Numeri pitagorici” (1922) e “La fisica al servizio della matematica” (1928) sono l’argomento del secondo capitolo. Qui il tema riguarda essenzialmente il pensiero aritmologico ed il legame fra discontinuità e forma che, all’interno di questo pensiero, costituisce uno dei contributi originali di Florenskij.
Il terzo capitolo si rivolge alla teoria cantoriana degli insiemi, così come la tratta Florenskij: all’inizio la Appendice matematica e logica della sua opera principale, “La colonna e il fondamento della verità” (1914), quindi “I simboli dell’infinito” (1904) e “Sui tipi di crescita” (1906).
Nel quarto capitolo viene considerata la concezione di Florenskij relativa all’idea di spazio che, nella sua visione, sottende ogni opera della cultura creativa. Le sue concezioni vengono riguardate alla luce delle teorie geometriche del tempo, in particolare di quelle legate al lavoro di Nikolaj Ivanovič Lobačevskij. A questo scopo si considerano alcune parti della “Analisi della spazialità nelle opere d’arte”, un breve scritto “Sulla storia della geometria non euclidea”, databile verso la metà degli anni ’20, e soprattutto il suo grande saggio “La prospettiva rovesciata” (1919), che a mio parere incorpora in maniera profonda e sintetica le idee di Florenskij, o comunque rappresenta una utile metafora del suo pensiero: la superficialità dell’atteggiamento che tiene conto di una “realtà oggettiva” da vedere e riprodurre dall’esterno, in posizione indifferente rispetto all’oggetto osservato.
“Gli immaginari in geometria” (come si è detto cominciato nel 1902 ma concluso nel 1921) rappresenta secondo me l’opera matematica più significativa di Florenskij per la capacità di proiettare le sue idee sul mondo naturale e su quello soprannaturale. Un modello concreto, quasi tangibile, come tangibile è la sua rappresentazione dei numeri complessi. Il quinto e ultimo capitolo, ma non la conclusione del libro, è dedicato a questo saggio.
La conclusione è lasciata allo stesso Florenskij, con una “Appendice”. La prima pubblicazione de “Gli immaginari in geometria” comparve con una copertina del noto grafico Vladimir Favorskij. Un’interpretazione artistica che colpì l’immaginazione di Florenskij, il quale decise di esprimere il senso delle emozioni profonde ridestate dal legame fra il contenuto del lavoro e la sua rappresentazione artistica. “Spiegazione della copertina” è un breve articolo del 1922 che non solo raccoglie il senso della sua ammirazione per l’opera grafica di Favorskij, ma come sempre in Florenskij, descrive tutto il mondo, le sensazioni, le idee, i sentimenti, che sono legati alla sua attività.
Agli occhi dell'autore, ciò che anima in modo determinante la concezione di Florenskij è la capacità di muoversi dalla matematica ufficiale per incorporarla – quasi – in una nuova maniera di intenderla, dove l’applicazione non è tanto diretta alla spiegazione del mondo fisico, né alla pura comprensione dei fatti, ma forgia essa stessa i fenomeni secondo la propria convinzione interiore, secondo i valori spirituali che sono patrimonio di un’epoca e di una mentalità. Un pensiero che non riguarda il mondo dall’esterno e non si limita a formulare delle leggi su di esso, ma che lo vive dall’interno dei propri principi.
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