6. Filosofia della meccanica quantistica
Putnam ha dedicato notevoli sforzi all’interpretazione della Meccanica quantistica e delle sue peculiarità, in particolare per superare l’interpretazione di Copenaghen che, come noto, pone non poche difficoltà al realismo. Si pensi alla complementarietà, che implica che non ha senso assegnare simultaneamente valori determinati a coppie di parametri fisici, vale a dire che non c’è alcuna descrizione che possa essere usata per illustrare simultaneamente tutte le proprietà di un sistema quantistico. Solo quando una grandezza è misurata separatamente dalle altre, allora si ottiene un preciso valore, in tal modo lasciando adito alla supposizione che non abbia senso parlare di uno stato oggettivamente posseduto dal sistema prima della misurazione, il tutto con un certo scorno appunto dei realisti sia riguardo all’accettazione dell’impossibilità della misura che dell’indefinibilità dello stato quantistico.
Nel lungo articolo del 1965 dove analizza le varie interpretazioni di tale teoria, esponendone i vari problemi (per esempio, quello della sovrapposizione degli stati e quello dell’interferenza), Putnam giunge a questa conclusione: “Nessuna interpretazione soddisfacente della meccanica quantistica esiste oggi” (1965, p. 157). Per ovviare a questa carenza, in Is Logic Empirical?, del 1968, egli propone di adottare una logica non distributiva, ritenendo che le anomalie associate alle misure quantistiche derivino dalle anomalie della logica classica usata “erroneamente” anche nel mondo microscopico. Già nel 1936 Garrett Birkhoff e John von Neumann avevano proposto una sorta di analogia tra alcuni aspetti del processo di misura in ambito quantistico e una Logica proposizionale non-classica. Negli anni Sessanta David Finkelstein e appunto Putnam andarono oltre quella analogia. L’idea di partenza di Putnam si sostanziava in un parallelo fra le leggi della Logica e quelle della Geometria: come la Geometria euclidea, un tempo considerata essere la Geometria dello spazio fisico, era stata “falsificata” – o meglio: resa un caso limite – dalla Relatività Generale, così la Logica classica, che non riesce più a tener conto dei fenomeni quantistici se non generando paradossi, poteva essere rivista e resa anch’essa un caso limite di una nuova Logica grazie alla Meccanica quantistica. Insomma, le proprietà algebriche della Logica dovrebbero essere determinate empiricamente. E un approccio realista, per Putnam, vincola a ritenere che le proprietà degli oggetti fisici esistano contemporaneamente anche prima della misura.
È la Logica quantistica, così, a risultare, su basi empiriche, la logica “corretta” che riesce a dar conto della misura di variabili complementari (non è questa la sede per indagare i problemi che tale logica solleva, in primis il fatto che essa, per salvare il realismo, scalza proprio quella Logica classica ritenuta da sempre costitutiva del realismo stesso).
Successivamente Putnam, “alleggerendo” – come visto sopra, al § 2 – la sua impronta realista, modifica anche la sua interpretazione della Meccanica quantistica. In Quantum Mechanics and the Observer, del 1981, infatti, adotta un’altra interpretazione (attribuita a von Neumann), il prospettivismo, il cui scopo principale è di “salvare” il realismo interno evitando il realismo metafisico. Il punto centrale è quello di evitare il collasso della funziona d’onda all’atto della misura. Secondo tale posizione – come riassume Ben-Menahem (1998) – esistono in Meccanica quantistica molte prospettive differenti ma empiricamente equivalenti e congruenti con le predizioni della teoria, e quindi ugualmente legittime. Il collasso della funzione d’onda, allora, diventa un epifenomeno e non più un processo fisico, epifenomeno appunto creato dal passaggio da una prospettiva all’altra. Però tali prospettive si escludono vicendevolmente, nel senso che asserzioni fatte in ognuna di esse non possono venire combinate a formare uno stato quantistico. Il realismo “sopravvivrebbe” all’interno di una certa prospettiva, dove si avrebbe appunto un atteggiamento realista nei confronti delle osservabili corrispondenti a quella prospettiva (mentre si avrebbe un anti-realismo per le osservabili corrispondenti alle altre prospettive), ma non “attraverso” le varie prospettive realiste ma incompatibili.