All'origine dei rapporti tra scienza e società

INTRODUZIONE

Nell'anno 1930, gli Stati Uniti d'America spendevano per la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico (R&S) 140 milioni di dollari. Dieci anni dopo. nel 1940, la spesa era più che raddoppiata: 309 milioni di dollari1. Passa ancora un decennio e troviamo gli Usa - con una guerra vinta alle spalle e un ruolo da superpotenza da assolvere - che investono in scienza e tecnologia una quantità di risorse da dieci a cento volte maggiore: nel 1953 la spesa in R&S ammonta all'equivalente di 30 miliardi è dollari odierni.2

È difficile dire quando nascano i rapporti tra scienza e società. È persino difficile dire quando nasce quell'attività sociale umana che chiamiamo scienza. Non c'è dubbio, tuttavia, che la scienza sia un'attività socia le dell'uomo.3 E, quindi, non c'è dubbio che la dimensione sociale della scienza nasca con la scienza stessa.

Tuttavia è anche ragionevole affermare che, in quei 13 anni in cui investimenti in R&S negli Stati Uniti d'America aumentano di ben due ordini di grandezza, il rapporto tra scienza e società subisce una sovolta davvero significativa. E non solo nel Paese che, grazie a quel modello. consolida la sua leadership militare, economica e politica mondiale. Ma anche fuori dagli Stati Uniti. Perché il modello nord-americano (c'è anche il Canada) si diffonde rapidamente, sia pure con diverse declinazioni, tanto nell'Europa occidentale e in Giappone, quanto in Unione Sovietica e nei paesi dell'Europa orientale e diventa un modello generale.

Gli storici, giustamente, non amano individuare la data di nascita di processi che, come il rapporto tra scienza e la società, hanno un'evoluzione continua nel tempo e sono difficili da definire in maniera rigorosa. Tuttavia, è possibile indicare una data significativa in cui l'evoluzione dei rapporti tra scienza e politica negli Stati Uniti d'America, componente non banale dei più generali rapporti tra scienza e società, subisce una drastica accelerazione. Questa data è il 25 luglio 1945, quando lo United States Government Printing Office trasmette al nuovo presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman, il rapporto Science: The Endless Frontier firmato da Vannevar Bush, il matematico e ingegnere che dirige l'Office of Scientific Research and Development e che appena un anno prima si è guadagnata la copertina di Time e il titolo di generale della fisica.1

Bush
La copertina del TIME del 3 Aprile 1944 dedicata a Vannevar Bush

Non perchè, come molti credono, le 35 pagine del rapporto firmato da Vannevar Bush siano il manifesto fondante della politica scientifica degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Ma perchè la discussione e le azioni che seguono (e che precedono) la pubblicazione del rapporto -discussione e azioni da cui, peraltro, il generale della fisica Vannevar Bush esce seccamente sconfitto- definiscono, esse sì, il nuovo rapporto tra governo federale degli Stati Uniti e ricerca scientifica.

In questa discussione e in queste azioni si inseriscono anche gli scienziati "reduci" dal Manhattan Project, convinti di avere precise responsabilità nella nuova era atomica che si sta aprendo e convinti altresì che l'accelerazione nell'evoluzione dei rapporti tra scienza e società non riguardi solo la dimensione della politica di governo ma investa l'intero caleidoscopio delle dimensioni in cui si articola la vita sociale.

 

Il rapporto Bush

Fin dalla nascita degli Stati Uniti d'America nel 1789, e per almeno un secolo e mezzo, il governo federale interviene poco nelle faccende interne, comprese quelle che riguardano la cultura, l'Università e la scienza.4

Tutto, o quasi, è demandato ai singoli Stati e, soprattutto, all'iniziativa dei privati cittadini. In pratica, il governo federale non finanzia -non in maniera importante, almeno- né l'educazione universitaria né la ricerca scientifica.

La scienza, d'altra parte, ancora all'inizio del `900 non è diventata il motore di quell'innovazione continua su cui si fonda la nostra odierna economia. Cosicché non è solo il governo federale, ma sono gli Stati Uni ti nel loro complesso a investire relativamente poco in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico. Possiamo dire che, fino agli anni '30 del XX secolo, manca una " domanda forte" di scienza.

Roosevelt
Franklin D. Roosevelt

Lo scenario muta dopo la grande crisi del 1929 e, soprattutto, dopo elezione a presidente di Franklin D. Roosevelt nel 1933. La presenza del governo federale cambia in maniera piuttosto netta non solo nell'economia, ma nel complesso della vita sociale degli Stati Uniti: è il New Deal. L'inedito attivismo del governo subisce un'ulteriore accelerazione con l'inizio della seconda guerra mondiale.

E coinvolge in maniera sempre più stretta anche il mondo delle Università e della ricerca scientifica accademica . Sempre più scienziati iniziano a frequentare in maniera assidua non i politici, ma anche i militari e il mondo dell'industria. È convinzione crescente che la scienza possa svolgere un ruolo significativo nel promuovere la sicurezza degli Stati Uniti.

In questo quadro, il presidente Roosevelt affida a Vannevar Bush la direzione dell'Office of Scientific Research and Development e il compito di rendere fluidi ed efficaci questi rapporti. La scelta si rivela felice. Bush non è solo un matematico e ingegnere del MIT di Boston, che è diventato capo della Carnegie Institution di Washington e ha ormai una popolarità che, tra gli scienziati, è seconda solo a quella di Albert Einstein. Ha anche una spiccata attitudine per l'organizzazione e l'impresa. È quello che oggi chiameremmo un manager della ricerca.

Attitudini che risultano preziose allo scoppio della guerra quando, come direrettore dell'Office of Scientific Research and Development, Bush diventa il supervisore del segretissimo e costosissimo Progetto Manhattan: il progetto nucleare americano che, a partire dal 1942, mette insieme –per l'appunto- uomini di scienza, tecnici, militari e gente dell'industria per trasformare in un'arma da utilizzare sul campo una conoscenza di base, la fissione dell'atomo di uranio in grado di innescare reazioni nucleari a catena. acquisita dalla comunità dei fisici tra il dicembre 1938 e il gennaio 1939. Per complessità, il Progetto Manhattan è forse il più impegnativo realizzato sul pianeta dopo la costruzione delle piramidi in Egitto. Nel periodo di maggiore attività, potrà contare sul lavoro di oltre 5.000 tra scienziati e ingegneri, un numero imprecisato di militari e quasi 500.000 tra tecnici e operai dell'industria.5

Ma non sono solo i soldati — e le industrie che vincono le commesse militari — a "scoprire" il valore della ricerca scientifica. Già nei primi anni del conflitto molti civili iniziano a chiedersi se, anche a guerra finita, il governo federale non debba sostenere con maggiore forza e convinzione la ricerca scientifica in ambito civile. Non va forse sostenendo l'economista Joseph Schumpeter che lo sviluppo dei Paesi avanzati sarà sempre più fondato sull'innovazione tecnica prodotta dalle conoscenze scientifiche? E non si accingono, forse, gli Stati Uniti a diventare il più avanzato tra i Paesi avanzati?

Kilgore

Harley Kilgore

Il più determinato nella costruzione di una organica e importante politica federale di sviluppo scientifico degli Stati Uniti d'America è Harley Kilgore, un senatore del West Virginia che in piena guerra — tra il 1942 e il 1943 — propone una serie di atti legislativi che hanno l'obiettivo dichiarato di creare un vasto e stabile sistema nazionale di ricerca civile, diffuso in tutto il territorio della confederazione, e finanziato dal governo di Washington.

L'idea di Kilgore è che a gestire questa politica debba essere un'istituzione scientifica -un'agenzia- che, anche a guerra finita, distribuisca una quantità importante di risorse a tutto il mondo delle scienze (comprese quelle sociali) per ogni tipo di ricerca, di base e applicata, con una modalità che oggi definiremmo "a pioggia".6 Le proposte di Kilgore sono originali e pubbliche: gli scienziati americani iniziano a drizzare le orecchie. L'idea risuona anche nella mente del direttore dell' Office of Scientific Research and Development, Vannevar Bush.

Come Kilgore, Bush è convinto che per lo sviluppo economico e civile del Paese -oltre che per la sua sicurezza militare- sia assolutamente necessario creare un sistema nazionale di ricerca civile finanziato dal governo federale e gestito da un'apposita agenzia. Ma il consigliere di Roosevelt non è affatto in accordo con il senatore Kilgore sull'organizzazio ne del sistema e sulle modalità della spesa. Bush vuole che sia il governo federale, e non il Congresso, a dare la linea su questo argomento che considera decisivo per il futuro degli Stati Uniti. E convince il presidente Roosevelt a intervenire ufficialmente nella questione.

L'intervento di Roosevelt assume la forma di una lettera inviata il 17 novembre 1944 allo stesso Bush, in cui il presidente degli Stati Uniti – con quattro diversi quesiti – pone al suo consigliere non il problema di se (implicitamente considerato superato), ma il problema di come il governo federale debba aiutare lo sviluppo della scienza a guerra finita. Si tratta di stabilire le linee guida della nuova politica scientifica del governo federale degli Stati Uniti d'America per i prossimi anni e, forse, decenni. È con questa prospettiva, per così dire, fondazionale che Vannevar Bush nomina una commissione con l'incarico di rispondere, sotto la sua direzione. alle domande del presidente Roosevelt, che egli stesso ha indotto.

La commissione lavora alcuni mesi e il 25 luglio 1945 Vannevar Bush può rendere pubblico il suo rapporto: Science: The Endless Frontier. Vi si legge: la scienza accademica, di base, ha un valore strategico. Può e deve aiutare gli Stati Uniti a migliorare non solo la sicurezza militare, ma anche ad aumentare il benessere sanitario ed economico dei suoi cittadini . Per fare questo occorre creare un'agenzia che finanzi non ogni e qualsiasi tipo di ricerca, ma soltanto la migliore "ricerca di base nei colleges, nelle Università e negli istituti di ricerca, sia in medicina che nelle scienze naturali". L'agenzia che immagina Vannevar Bush è diretta in piena autonomia da scienziati, in modo che l'allocazione dei fondi sia diretta solo verso i centri e i gruppi di assoluta eccellenza, senza tenere conto della loro distribuzione geografica. In pratica, Bush delinea una politica di governo che riconosca, non solo il valore strategico della ricerca scientifica di base, ma che ne rispetti l'integrale autonomia. La politica non deve interferire con le sue logiche nello sviluppo della scienza.

Quando il rapporto viene pubblicato, il 25 luglio 1945, Franklin D. Roosevelt è già morto (il 12 aprile 1945) e, dunque, da tre mesi, gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente, nella persona di Harry S. Truman.

Truman
Harry S. Truman

Truman è stato il vice di Roosevelt, ma nonostante questo non era affatto a conoscenza del Manhattan Project. Non ha avuto modo, quindi, di apprezzare tutto il contributo dato dagli scienziati accademici alla sicurezza degli Stati Uniti. E, in ogni caso, non è lui che ha eletto Vannevar Bush a suo consigliere. Non è affatto scontato, quindi, che il rapporto Science: The Endless Frontier diventi la fonte di ispirazione della politi ca scientifica della nuova Amministrazione. E, infatti, non lo diventa.

È forse per questo che, nel medesimo giorno in cui rende pubblico il suo rapporto, Vannevar Bush prende contatti con il senatore democratico Warren Magnuson affinché proponga al Congresso una legge che ne esprima le idee di fondo e vincoli la politica del nuovo presidente. La mossa contiene in sé un difetto e un pregio. Il difetto è che il progetto di Vannevar Bush ha ora un nemico sicuro (il senatore Kilgore) e un nemico molto probabile (il presidente Truman). Il pregio è che nasce un dibattito pubblico che coinvolge il Congresso, la comunità scientifica e l'intera popolazione intorno al valore strategico della scienza e alla definizione di una politica scientifica importante. È la prima volta che succede negli Stati Uniti e, probabilmente, al mondo. Il dibattito si sviluppa intorno a diverse questioni, come la proprietà dei brevetti, la distribuzione geografica dei fondi, l'inclusione o l'esclusione dai programmi di finanziamento delle scienze sociali, il rapporto tra scienza di base e applicata e – certo non ultimo – il controllo amministrativo dell'agenzia che dovrà realizzare la politica scientifica del governo federale.

Venti giorni o poco più dopo la pubblicazione di Science: The Endless Frontier e l'incontro tra Vannevar Bush e Warren Magnuson, le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki sperimentano quanto potenti possano essere gli effetti del lavoro degli scienziati. Negli Stati Uniti la percezione pubblica di questa potenza raggiunge l'apice.

Per estremo paradosso, nei mesi successivi, proprio uno dei protagonisti della nuova immagine pubblica della scienza cade in disgrazia. Vannevar Bush non perde solo il suo ruolo di consigliere del Presidente. Per de anche la sua battaglia per l'integrale autonomia della scienza.

Questi, in estrema sintesi. i fatti. Dopo due anni di accese discussioni, nel 1947, il Congresso trova i necessari compromessi tra la visione di Kilgore e la visione di Magnuson/Bush sul come organizzare la politica federale della ricerca scientifica e crea le premesse per la nascita dell'agenzia che dovrà gestirla, la National Science Foundation. Mai, in nessuna fase del dibattito. è messo in discussione se organizzare e ben remunerare una politica federale per la ricerca. Anzi, lo scontro principale si consuma sul chi: ovvero sulla questione, decisiva, del controllo di questa politica.

Magnuson

Warren Magnuson

Il Congresso vota una legge che – come propone Vannevar Bush – affida il controllo amministrativo della National Science Foundation a un consiglio indipendente composto essenzialmente da scienziati che eleggono il direttore che non risponde ad alcuno, se non al consiglio stesso. È il trionfo di un modello che lo storico George T. Mazuzan definisce elitario: la ricerca d'eccellenza deve essere diretta in totale indipendenza da coloro che la conoscono meglio, gli scienziati.6

In realtà, più che elitario, il modello voluto da Bush e votato dal Congresso è il trasferimento su scala nazionale di ciò che si verifica da decenni negli Istituti accademici di ricerca: dove gli scienziati autogestiscono il proprio lavoro e le proprie (povere) risorse.

Bush non comprende che, cambiando la scala delle risorse in gioco e del quadro di riferimento (non più l'Istituto, ma la società nel suo complesso), il modello non regge. Non comprende che, in sede civile, vale quello che è già successo a Los Alamos: l'ultima parola non spetta alla direzione scientifica, che risponde solo alla comunità scientifica (Robert Oppenheimer), ma alla direzione militare (Leslie Groves) che risponde al presidente eletto degli Stati Uniti d'America. E, infatti, il presidente (finalmente) eletto degli Stati Uniti d'America, Harry S. Truman, pone il veto alle legge. Motivandolo con il fatto che un'agenzia governata in maniera indipendente dalla comunità scientifica si separa dal controllo del popolo, creando una crepa nel processo demotico. Se la scienza assume un ruolo strategico nello sviluppo economico, militare e civile di un'intera società e la società le conferisce ampio spazio e ampie risorse, insomma se si riscrivono su basi nuove i rapporti tra scienza e società, risulta del tutto velleitaria la pretesa di indipendenza da parte della comunità scientifica. Se la scienza diventa un'attività con una forte proiezione sociale, deve rinunciare alle mura protettive dell'antica torre d'avorio e deve mettersi in gioco. Deve accettare che le decisioni rilevanti – la politica della scienza – siano prese in compartecipazione con gruppi di non esperti. Deve accettare che l'ultima parola spetti alla politica.

Il discorso di Truman può apparire brutale, ma in definitiva coglie fin dall'inizio la novità nel rapporto tra scienza e società nell'era in cui la scienza assume un valore strategico per la società. La separazione di fatto tra scienza e società non è più possibile e occorre trovare un nuovo punto di equilibrio.

Quando il 10 maggio 1950 nasce, finalmente, la National Science Foundation , il consiglio e il presidente dell'agenzia che organizza la politica di sviluppo delle scienze sono nominati dal presidente eletto degli Stati Uniti d'America. Il progetto di Vannevar Bush è stato sconfitto. Il suo modello elitario o, se volete, accademico ha perso il braccio di ferro con la politica. Nella nuova era post-accademica, le decisioni rilevanti per lo sviluppo della scienza non sono prese dalla comunità scientifica ma dall'intera società, attraverso le sue articolazioni democratiche.

Naturalmente la transizione dalla scienza accademica alla scienza post-accademica non si consuma in questa vicenda (sia pure emblematica) ma è molto più complessa e articolata.

Anzitutto, perché non c'è un solo luogo di decisione ma diversi luoghi di decisione, ciascuno con il proprio equilibrio. E infatti quando nasce, la National Science Foundation si accorge di non essere affatto sola. Di non essere l'unica dispensatrice di fondi e neppure la king-maker della politica scientifica americana. Accanto a lei, ci sono anzitutto i militari: ciascun arma -l'esercito, l'aviazione e la marina- ha un'imponente programma di ricerca, ivi inclusi imponenti programmi di ricerca di base. Poi. ci sono già altre agenzie pubbliche federali. La ricerca medica pubblica, per esempio. va organizzandosi intorno ai National Institutes of Health. Più tardi. nascerà l'agenzia che si occuperà della scienza e della tecnologia spaziale, la Nasa. E lo stesso Congresso degli Stati Uniti organizzerà potenti commissioni e centri di va lutazione che non lasciano al solo governo la direzione della politica federale della ricerca. Inizia anche a svilupparsi una ricerca finanziata da imprese private per fini commerciali che, a partire dagli anni '80 del XX secolo. diventerà la prima fonte di finanziamento della R&S negli Stati Uniti. Oggi, gli Stati uniti investono circa 300 miliardi di dollari ogni anno in R&S: dieci volte più che nel 1953. E i due terzi di questo investimento sono opera di aziende private. Naturalmente, la finalità di questo investimento - il guadagno- è legittimo in un'economia libera di mercato. Tuttavia. l'entrata in scena di finalità privatistiche (non solo da parte di imprese private) è tale da modificare i valori fondanti della comunità scientifica.7 8

Groves

Leslie Groves

Sarebbe tuttavia fuorviante pensare che la transizione dall'era accademica - all' era post-accademica della scienza – negli Stati Uniti, ma presto in tutto il mondo industrializzato – si consumi nella semplice perdita di autonomia della comunità scientifica in cambio di una quantità inedita e inusitata di risorse. La scienza non ha venduto la sua indipendenza per un -pur ricco- piatto di lenticchie. Non necessariamente, almeno.

Come dimostra la storia parallela che ci accingiamo a raccontare, che si svolge nei medesimi mesi della vicenda Bush e che rappresenta l'altra faccia della medaglia: il nuovo protagonismo politico e sociale degli scienziati.

 

Scienziati per il disarmo

 

“ Dear Friend, I write to you ... ". Il 22 gennaio 1947 Albert Einstein riprende la penna per scrivere una nuova lettera.

Einstein

Cara amico,

ti scrivo per avere il consiglio di un amico. Con la liberazione dell'energia atomica, la nostra generazione ha portato nel mondo la forza più rivoluzionaria dopo la scoperta del fuoco da parte dell'uomo preistorico. La forza fondamentale dell'universo non può essere in alcun modo adattata al concetto ormai superato dei ristretti nazionalismi. Contro di lei non c 'è segreto e non c 'è difesa; non c'è possibilità di controllo se non attraverso la vigile comprensione e l'insistenza dei cittadini di tutto il mondo.

Noi scienziati riconosciamo di avere la responsabilità, cui non possiamo sottrarci, di fornire ai nostri concittadini la comprensione dei fatti semplici relativi all'energia atomica e alle sue implicazioni per la società. In ciò risiede la nostra unica sicurezza e la nostra unica speranza – noi crediamo che un cittadino informato agirà per la vita e non per la morte.

Abbiamo bisogno di 1.000.000 di $ per questo grande sforzo educativo. Sostenuti dalla fiducia nella capacità dell'uomo di controllare il suo destino con l'esercizio della ragione, abbiamo solennemente impegnato tutta la nostra forza e tutta la nostra conoscenza in questa attività. Io non esito a chiederti di aiutarci.

Sinceramente tuo,
A. Einstein

Einstein è stato appena eletto presidente dell'Emergency Committee of Atomic Scientists (ESAC), un'associazione diretta da Harold Urey (vice-presidente), Hans Bethe, Thorfin Hogness, Philip Morse, Linus Pauling, Leo Szilard, Victor Weisskopf e composta da fisici e, più in generale da scienziati, che considerano una priorità assoluta il tentativo di ricacciare nella bottiglia lo spirito atomico che si è manifestato in maniera così tragica a Hiroshima e Nagasaki.

La lettera, a differenza di quella celeberrima del 1939 rivolta a Roosevelt, è indirizzata non al presidente degli Stati Uniti, ma al grande pubblico. Per ricordare a tutti che lo spirito uscito dalla bottiglia ha una potenza enorme, che eguaglia per capacità di incidere nei rapporti tra gli uomini la scoperta del fuoco da parte delle nuove generazioni. Che contro questo spirito non c'è difesa possibile se non attraverso la "vigile comprensione" e la mobilitazione di tutti i cittadini del mondo. E che, infine, gli scienziati hanno una responsabilità cui non possono sottrarsi: fornire a tutti i cittadini del mondo gli strumenti minimi indispensabili per comprendere "i fatti relativi all'energia atomica e alle sue implicazioni per la società".

Insomma, nella storia nucleare irrompono le grandi masse e irrompe la comunicazione tra gli scienziati esperti e il grande pubblico. È una novità assoluta. Per due motivi. Perché nella vicenda atomica entra un nuovo protagonista attivo, l'opinione pubblica o, se si vuole, le grandi masse. E perché i primi a evocare, anzi a invocare, l'irruzione dell'opinione pubblica come nuovo protagonista attivo nella politica nucleare sono gli scienziati, molti dei quali hanno avuto e hanno ancora un ruolo da co-protagonisti in quella vicenda.

È difficile sopravvalutare la portata della svolta nella nuova e già intensa vicenda atomica. Finora, infatti, a dominare la storia nucleare è stato il paradigma della segretezza: tutte le conoscenze e, ancor più, tutte le visioni erano contenute nell'ambito di élites ristrettissime. Élites da cui era rimasto escluso persino il vicepresidente degli Stati Uniti. Dopo Hiroshima, molti degli stessi fisici che hanno partecipato al Progetto Manhattan sfidano il potere dei militari e, in particolare, il volere del genera le Leslie Groves e chiedono l'abbattimento di quel paradigma. Alcuni, come Enrico Fermi, chiedono trasparenza per poter continuare in libertà a fare ricerca e sfruttare l'energia atomica per il benessere dell'umanità. Altri – come Szilard, Einstein, Bohr– vanno ancora più avanti e chiedono trasparenza per ricacciare nella bottiglia lo spirito nucleare e bloccare sul nascere ogni progetto di riarmo atomico. Queste persone, in virtù delle loro specifiche conoscenze, pensano di avere delle responsabilità – ma anche un'autorità – in ambito politico.

Szilard
Albert Einstein e Leo Szilard

In realtà, il movimento di opinione contro la bomba aveva iniziato a svilupparsi, tra i fisici nucleari delle nazioni libere, già prima di Hiroshima. Non ci riferiamo solo a chi, come Max Born e Franco Rasetti, si era rifiutato in linea di principio di partecipare al Progetto Manhattan. Ci riferiamo anche e soprattutto a chi, come Joseph Rotblat o Volney Wilson, al Progetto Manhattan aveva deciso di partecipare in modo attivo. E, addirittura a chi, come Leo Szilard, di quel progetto era stato il primum movens.

Si tratta, per così dire, di un movimento interno al Progetto Manhattan. Un movimento, costituito ancora una volta da un'avanguardia di fisici, che avrà profonda influenza sulla storia degli Stati Uniti e del mondo intero.

Non c'è contraddizione alcuna nel fatto che il movimento per la pace nell'era atomica nasca proprio tra i fisici che hanno avuto una parte, talvolta una parte rilevante, nella realizzazione pratica dell'arma nucleare. Come nota Tullio De Mauro, la storia è spesso un intrico, un viluppo di vicende diverse e spesso contraddittorie. E l' "intrico della bomba", somma contraddizione, era stato un viluppo di lógos e di pólis, di ragione e di politica.' Un viluppo che aveva portato un gruppo di fisici alla determinazione di realizzare un'arma di distruzione di massa nella convinzione che fosse strumento indispensabile per preservare la convivenza civile tra gli esseri umani di fronte alla inumana violenza pianificata e dispiegata dal nazismo.

Quando la minaccia nazista viene meno, un nuovo viluppo di lógos e di pólis porta una parte di quegli stessi fisici a una drammatica marcia indie tro. A cercare, appunto, di ricacciare nella bottiglia lo spirito che ne è fuoriuscito. Nella primavera del 1945, mentre la guerra in Europa è agli sgoccioli e diventa chiaro a tutti che la Germania è ormai inesorabilmente sconfitta, lógos e pólis tornano ad affacciarsi tra i fisici che lavorano al Progetto Manhattan. Se il nazismo è destinato a scomparire nel giro di qualche settimana dalla scena e cesserà pertanto di costituire una minaccia mortale per il mondo, perché e contro chi continuare a costruire l'arma nucleare?

I dubbi riguardano molti. Le azioni, pochi: Rotblat e Wilson, Szilard e Franck. Ma sono azioni che non sortiscono effetto alcuno. Il 6 agosto 1945 una bomba, la prima bomba atomica, viene sganciata su Hiroshima. Il 9 agosto un altro aereo ... un'altra bomba. Nagasaki.

bomba

Già, Nagasaki. Perchè Nagasaki? I dubbi, repressi nel corso del 1944 e dei primi mesi del 1945, finalmente esplodono. A Los Alamos, i fisici cominciano per la prima volta a interrogarsi in modo stringente sulle conseguenze del loro lavoro. E questa è la domanda più insistente. Hiroshima poteva avere, aveva, una giustificazione, sia pure terribile. Ma Nagasaki? Che giustificazione ha Nagasaki?

Il 10 agosto Leo Szilard chiede al cappellano dell'università di Chicago di includere nel sermone una preghiera speciale per le vittime giapponesi e di raccogliere offerte per i sopravvissuti. Poi redige una nuova petizione al Presidente degli Stati Uniti. Per far notare che nuovi attacchi ato mici sarebbero stati "una violazione flagrante dei nostri standard morali".

In quell'estate del `45, tra quegli uomini di scienza prestati al militare non nascono solo -come è persino ovvio alla fine di una guerra distruttiva -mille iniziative pacifiste. Nasce, per la prima volta, la coscienza delle responsabilità sociali di un'intera comunità scientifica. È a causa della percezione della inedita responsabilità che, come nota Katherine Drueding, "molti degli scienziati che hanno contribuito a realizzarla [la bomba, nda] si ritrovano in un ruolo per loro non familiare: quello di attivisti politici". '° Appena dopo la fine della guerra, nasce il movimento degli scienziati atomici . E, con esso, un dialogo molto stretto, politico appunto, tra scienza e società. Un dialogo che contribuirà non poco, soprattutto negli Stati Uniti, a far emergere in tutta la sua importanza, fino a farla divenire senso comune, la rilevanza sociale della scienza.

Il movimento nasce in modo spontaneo già durante l'agosto del 1945, dopo le esplosione di Hiroshima e Nagasaki, tra gli scienziati che hanno partecipato al Progetto Manhattan nei luoghi stessi dove questo è stato realizzato. A Los Alamos nasce l' Association of Los Alamos Scientists ; a Chicago . l' Atomic Scientists of Chicago ; a Oak Ridge , l' Association of Oak Ridge Scientists .

Johnson
Edwin Johnson

Nelle prime settimane, questi gruppi non assumono iniziative pubbliche. Anche perché il Dipartimento della Guerra –come ricorda Leo Szilard – chiede loro la più grande riservatezza. Tutto cambia il 3 ottobre 1945, a conflitto appena finito, quando il senatore Edwin Johnson e il deputato Andrew May presentano un progetto di legge, ispirato dal Dipartimento della Guerra, per stabilire chi e come deve controllare l'energia atomica negli Stati Uniti anche in tempo di pace.

Il Johnson-May Bili rimarca il carattere di sicurezza strategica del possesso delle conoscenze e delle tecnologie nucleari e pertanto ne attribuisce ai militari il controllo pressocché esclusivo. Una speciale commissione dovrà custodire tutti " i minerali , gli impianti di stoccaggio, i processi, le informazioni tecniche (e le loro fonti!), i contratti, le licenze, i brevetti e le applicazioni dei brevetti, e "ogni altro diritto di qualsivoglia genere giudicato rilevante" ". La commissione avrà pieni poteri sulla ricerca nucleare e sulla trasmutazione delle specie atomiche e avrà la possibilità di bloccare la circolazione pubblica di qualsivoglia informazione in questo settore. Chi violerà le regole di sicurezza rischia una multa di 100.000 dollari e dieci anni di carcere. Chi trasmetterà informazioni al fine di danneggiare gli interessi Usa. rischia 300.000 dollari di multa e trent'anni di carcere.

Sebbene il progetto di legge venga accolto con favore da Oppenheimer, Fermi e Lawrence, il nascente e ancora frammentato movimento degli scienziati atomici non può accettare né l'idea che la ricerca nel settore atomico possa continuare solo in regime di segretezza né, soprattutto, che la conoscenza nucleare sia impiegata prevalentemente per raggiunge re obiettivi militari. Ciò che spaventa molti scienziati, dopo aver letto il documento fatto circolare a Chicago da Leo Szilard a partire dal 9 ottobre, è l'approccio completamente militaristico alla conoscenza e alla tecnologia nucleare. L'idea, intrinseca al Johnson-May Bill , è che gli Stati Uniti vogliano fondare la loro leadership mondiale sul raggiunto monopolio della forza atomica. L'idea è che la bomba metta in discussione la libertà di tutti. La sensazione è che, se passa il Johnson-May Bill , si avvererebbe ciò che Chester Bernard, direttore della fondazione Rockfeller , aveva preconizzato all'indomani di Hiroshima: " È la fine della democrazia ".

Così, "uomini e donne preoccupati provenienti da tutti i maggiori laboratori del Progetto Manhattan" si ritrovano a Washington il 31 ottobre per fondare un'organizzazione nazionale, The Federation of Atomic Scientists , a cui partecipano scienziati noti, che hanno avuto ruoli di primo piano nella realizzazione della bomba: come Harold Urey (il prema Nobel per la Chimica che, durante il Progetto Manhattan , ha lavorato presso il Subistitute Alloy Materials Laboratory della Columbia University ) o come Edward Condon, che ha fondato il Radiation Laboratory; presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston e ha lavorato una posizione di primo piano a Los Alamos. Non ne fanno parte, tuttavia i fisici dell' Advisory Committee : Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Arthur Compton ed Ernest Lawrence. La gran parte dei membri della Federazione è di età giovanissima: in genere, non superano i 35 anni. Talvolta non arrivano ai 30.

La riunione è l'inizio di un movimento che, in seguito, verrà definita la rivolta degli scienziati atomici . Forse il termine rivolta è un po' esagerato, ma è certo che la neonata Federazione ha un obiettivo politico preciso. Un obiettivo che non piace a Leslie Groves e in generale ai militari con cui fino a qualche settimana prima hanno collaborato: bloccare l'approvazione da parte del Congresso del Mais-Johnson Bill . Impedire la definitiva militarizzazione della scienza nucleare. ' ` Naturalmente, questo primo obiettivo politico concreto è parte di una visione molto più vasta, fondata su alcune idee comuni. La prima delle quali è che la realizzazione della nuova e potentissima arma atomica costituisce uno spartiacque nella storia dell'umanità. Uno spirito, maligno, è uscito dalla bottiglia e ora occorre cercare di controllarlo. Gli scienziati americani sanno che prima o poi, anche altre nazioni – a cominciare dall'Unione Sovietica- saranno in grado di costruire la bomba. Perché acquisiranno le conoscenze scientifiche e le capacità organizzative. La priorità assoluta è impedire la proliferazione nucleare e l'inizio di un'era pericolosissima di riarmo atomico. L'unico modo per bloccare sul nascere una corsa agli armamenti atomici non è quello di tutelare con il segreto un monopolio della conoscenza comunque destinato a essere violato, ma quello di porre l'energia atomica sono il controllo internazionale. Gli scienziati americani sanno che il monopolio militare della conoscenza nucleare e delle tecnologie atomiche costituisce una minaccia molto seria, sia per la tradizionale libertà della scienza sia per la stessa democrazia. Agli scienziati, verrà impedito di lavorare in maniera autonoma. Ai cittadini tutti, verrà impedita la possibilità di prendere decisioni rilevanti per lo sviluppo e la sicurezza della nazione con piena cognizione di causa.

Nel giro di qualche settimana, la Federazione degli Scienziati Atomici coglie il suo primo. importante successo. La militarizzazione integrale della Fisica (e dell'Ingegneria) nucleare non ci sarà. Il May-Johnson Bill non passa al Congresso. La vittoria va ben oltre l'aver colto quel pur decisivo obiettivo. Quella che viene sconfitta è l'idea, cara ai politici come May e Johnson, ai militari come Groves, ma anche a molti ricercatori come Compton e lo stesso Oppenheimer, che gli scienziati debbano interessarsi di scienza e i politici di politica. Nella nuova era atomica, gli scienziati per le loro speciali conoscenze — devono occuparsi di politica. E i politici di scienza. Come scrive Katherine Drueding, la Federazione degli Scienziati Atomici dimostra che ricercatori e politici devono ripensare insieme la sicurezza di un mondo su cui grava una minaccia mortale.

Ma c'è di più. Il neonato movimento degli scienziati atomici americani comprende ben presto che la possibilità di raggiungere i suoi precisi obiettivi politici è davvero minima se non viene coinvolta l'opinione pubblica. Come scrive Robert Jungk, a questi scienziati non interessa tanto la libertà personale, che pure è in gioco, " quanto soprattutto la libertà di illuminare gli altri uomini sulla mostruosità della nuova arma ".'' Proprio per questo -coinvolgere l'opinione pubblica in una decisiva battaglia politica che ha al centro da un lato la libertà della scienza e dall'altro il riarmo atomico -nei primi mesi del 1946, Leo Szilard, Harold Urey, Vietor Weisskopf, Hans Bethe, Robert Bacher, Edward Condon e Thor Hogness fondano l' Emergency Committee of the Atomic Scientist (ECAS) . E ne affidano la presidenza ad Albert Einstein. Con lo scopo di rendere noto al grande pubblico – Congresso compreso – i problemi dell'energia atomica, di assicurarne il controllo all'autorità civile, di promuovere accordi internazionali. Comunicare ai cittadini non esperti -scrive Albert Einstein– è il nuovo dovere prioritario. " Noi scienziati riconosciamo di avere la responsabilità, cui non possiamo sottrarci, di fornire ai nostri concittadini la comprensione dei fatti semplici relativi all'energia atomica e alle sue implicazioni per la società. In ciò risiede la nostra unica sicurezza e la nostra unica speranza – noi crediamo che un cittadino informato agirà per la vita e non per la morte ".

Nasce così un giornale, il Bulletin of the Atomic Scientists , che diventerà la coscienza critica collettiva dei fisici nucleari. Il suo editore, l' Emegency Committee , lo utilizza per chiedere il controllo sociale e democratico sull'energia atomica. Il comitato non è un'accolita di agit-prop pacifisti. È una tribuna di scienziati impegnati a sollevare e a discutere, senza preclusioni, i nuovi problemi dell'era nucleare. A studiare il rapporto -ormai indissolubile- tra scienza, etica e società. Raccoglie vasti consensi a Chicago, a Los Alamos, a Oak Ridge. Ovunque tranne che a Berkeley, dove sconta la fiera opposizione di Ernest Lawrence.

McMahon
Brian McMahon

A questo punto, pochi mesi dopo Hiroshima, il movimento degli scienziati atomici -che non comprende, vale la pena ricordarlo, tutti scienziati del Progetto Manhattan , ma che comprende, anche questo deve essere sottolineato, una frazione importante di quel gruppo- ha una sua organizzazione, piuttosto articolata, e una significativa influenza politica, resa più forte dal coinvolgimento dell'opinione pubblica.

Quanto valga questa influenza lo si può verificare nelle settimane successive all'affondamento del May-Johnson Bill . Allorché il senatore Brian McMahon sponsorizza un disegno di legge, il McMahon Bill , di natura affatto diversa rispetto a quello presentato da May e Johnson. Il disegno di legge è stato scritto da un giovane assistente dello Special Commitee on Atomic Energy (SCAE) del Senato e largamente influenzato dagli scienziati della Federazione che la Commissione Speciale ha iniziato ad ascoltare fin dal primo giorno della sua attività, iniziata il 27 novembre 1945. Il McMahon Bill prevede l'istituzione di una commissione civile che deve essere nominata dal Presidente e che risponde direttamente a lui. La commissione deve avere il controllo pieno e in esclusiva della produzione e della distribuzione di materiale fissile, in modo da impedire qualsiasi monopolio da parte di industrie private. La Federazione degli Scienziati Atomici apprezza almeno altri due fatti. Il disegno di legge fa esplicito riferimento a due principi che sembrano tratti dal proprio atto fondativi l'importanza dell'uso pacifico della nuova fonte di energia e la possibilità, di un controllo internazionale delle armi nucleari. Malgrado I'iniziale opposizione dei militari, intorno al McMahon Bill si coagula un vasto consenso. Persino il Presidente Truman prende una posizione pubblica in suo favore. E già all'inizio di febbraio la legge sembra in procinto di essere approvata quando ... quando inizia la guerra fredda.

 

La Guerra Fredda

Yalta

Stalin ha assunto toni piuttosto aggressivi contro l'Occidente. In Canada viene scoperta una rete di spionaggio che ha trasmesso informazioni utili all'URSS. E l'Armata Rossa rifiuta di uscire dall'Iran, secondo l'agenda concordata dalla potenze vincitrici. Harry Truman non nasconde più la sua insoddisfazione per come vanno evolvendo i rapporti con l'URSS. Josip Stalin torna a parlare in maniera esplicita della assoluta in-compatibilità tra capitalismo e socialismo. Il 5 marzo 1946 Winston Churchill annuncia che da Stettino a Trieste una cortina di ferro divide, armai. l'Europa.

Il clima tra i Paesi e dentro i Paesi che hanno vinto la Seconda guerra mondiale e sconfitto il nazifascismo è rapidamente mutato. Negli Stati Uniti, il movimento degli scienziati atomici vede minacciata la sua autorevolezza e persino la sua libertà di movimento. Il generale Groves tuona contro la circolazione delle informazioni sulla bomba atomica a opera di scienziati irresponsabili. Il 22 febbraio, gli Stati Uniti negano il visto d'ingresso nel Paese addirittura a Niels Bohr. E, il 12 marzo, il senatore Arrhur Vandenberg chiede una stretta di vite militare su tutta la conoscenza nucleare. La nuova situazione politica internazionale ha modificato i rapporti di forza all'interno degli Stati Uniti. La voce dei militari è diventata più forte.

Abbastanza da modificare il McMahon Bill , ma non così forte da stravolgerlo del tutto. Il 26 luglio 1946, la proposta di legge viene approvata dal Congresso e il primo agosto, con la firma del presidente Truman, diventa operativa. Nasce la Commissione per l'Energia Atomica , la cui direzione verrà affidata a David Lilienthal.

Lilienthal
David Lilienthal

Malgrado tutto, il McMahon Bill prevede il controllo civile sulle conoscenze atomiche e la possibilità di un accordo internazionale per evitare la corsa al riarmo nucleare. Gli scienziati atomici americani possono ritenersi moderatamente soddisfatti per come si è concluso il braccio di ferro sul controllo del nucleare negli Stati Uniti. Hanno dato un contributo decisivo per impedire che i militari assumessero il monopolio totale del settore. Ma non era quello lo scopo principale degli scienziati. Il loro vero obiettivo non era chi dovesse controllare cosa negli Stati Uniti. Il loro vero obiettivo era molto meno modesto: salvare il mondo. L'esistenza della bomba atomica sottopone infatti il pianeta a un rischio inedito e inaudito. Occorre che la nuova tecnologia militare sia sottoposta a uno stretto controllo internazionale, per impedirne la prolificazione incontrollata e incontrollabile. Già, ma come?

Le ipotesi in campo, fin dalle prime settimane dopo Hiroshima e Nagasaki, sono molte. A queste ipotesi lavorano molti membri della Federazione degli Scienziati Atomici. È il caso, per esempio, di quella avanzata dalla Carnegie Endowment for International Peace , alla cui elaborazione fin dal mese di ottobre 1945 danno un contributo anche Szilard e Urey. L'ipotesi più organica, tuttavia, è quella contenuta nel Draft for a Convention on Atomic Energy elaborato, nel mese di aprile 1946, da un gruppo di lavoro organizzato dal giurista Quincy Wright e a cui partecipano molti membri degli Atomic Scientists di Chicago. La bozza di Convenzione prevede una moratoria di cinque anni nella produzione di materiale fissile e assegna alle Nazioni Unite – nate sulla base di un progetto del defunto presidente Roosevelt il 26 giugno 1945 a San Francisco, a opera di cinquanta diversi Paesi, sulle ceneri della Società delle Nazioni – il compito del controllo. Un complesso controllo che deve consistere sia nella gestione politica del problema nucleare che nella costituzione di un efficace sistema di ispezioni e persino nell'amministrazione delle miniere di uranio e degli impianti industriali.

Anche Albert Einstein va maturando idee in proposito. E le espone in pubblico. A guerra finita, infatti, Einstein può ritornare alla politica. E, da questo momento, se ne occupa come mai in passato. Tanto più che, dal 1944, è in pensione. La sua analisi non è diversa da quella dei membri della Federazione degli Scienziati Atomici : con la bomba il mondo è più stabile. " Si è conquistata la vittoria, ma non la pace" scrive sul New York Times l'11 dicembre 1945. Nella nuova era nucleare tutto cambia. “ La prima bomba atomica ha distrutto più della città di Hiroshima: ha anche fatto esplodere le nostre idee politiche superate e anacronistiche", scrive in un appello pubblico a più mani pubblicato sempre sul New York Times il 10 ottobre 1945. E ancora prima, il 15 settembre, ancora una volta sul New York Times, propone la sua strada per cercare di uscire dal tunnel cui la bomba ha costretto il mondo: "L'unica salvezza per la civiltà e la specie umana risiede nell'istituzione di un governo mondiale, cosicché la sicurezza delle nazioni sia fondata sulla legge ". Tra i compiti principali ch e il governo mondiale deve assumersi, c'è la detenzione in regime di monopolio della forza atomica. Per avere forza e salvare il mondo, il governo mondiale dovrebbe fondarsi sull'alleanza tra le potenze vincitrici: Stati Uniti. Gran Bretagna e Unione Sovietica. Da notare che il governo mondiale proposto da Einstein non è, nella composizione, molto diverso dal Consiglio di Sicurezza delle neonate Nazioni Unite. La percezione urgente di dover salvare il mondo è, dunque, piuttosto diffusa tra i fisici e, più in generale, tra gli intellettuali pacifisti. Tuttavia la preoccupazione che, a guerra appena finita, inizi una nuova corsa alle armi atomiche è presente anche a livello dei governi. E, in particolare, del governo americano Il War Department , il Ministero della Guerra, crea una commissione per il controllo internazionale dell'energia atomica, diretta dal sottosegretario, Dean Acheson, la quale si avvale di un comitato consultivo diretto da Lilienthal, il quale si avvale a sua volta di un comitato di consulenza scientifica diretto da Robert J. Oppenheimer. Il 17 marzo 1946 la Commissione presenta al Segretario di Stato James E Byrnes un rapporto finale, noto come rapporto Acheson-Lilienthal , in cui, su suggerimento di Oppenheimer, si consiglia la costituzione di un'Autorità internazionale per lo Sviluppo Atomico incaricata di impedire la proliferazione delle armi nucleari attraverso il controllo dell'intera filiera atomica, dalla ricerca alle applicazioni pratiche.

Oppenheimer
Robert J. Oppenheimer

Sostiene Oppenheimer: "il programma che proponiamo può sembrare troppo idealistico. Può apparire troppo radicale, troppo avanzato, troppo al di là della comune esperienza umana. Ma tutti questi termini si applicano particolarmente bene anche alla bomba atomica. Nel considerare il Piano, quando sorgeranno gli inevitabili dubbi sulla sua accettabilità, occorrerà chiedersi: quali sono le alternative? Noi non abbiamo e non possiamo trovare alcuna risposta accettabile ".

Salvare il mondo, ma salvare anche la ricerca nucleare. Oppenheimer prevede l'allestimento di un sistema per denaturare il materiale fissile arricchito, in modo che possa essere usato per scopi civili ma non militari.

La Federazione degli Scienziati Atomici , malgrado un'iniziale tensione subito fugata con Oppenheimer, appoggia il rapporto Acheson-Lilienthal. Perché quel rapporto. un rapporto ufficiale firmato da un Sottosegretario di Stato, intende salvare il mondo, impedire la proliferazione nucleare e porre sotto controllo internazionale l'arma atomica. All'orizzonte appare, quale opzione credibile. un governo planetario cui affidare il monopolio della conoscenza atomica. L'inizio della primavera del 1946 coincide, dunque, con una stagione di grande speranza.

Ma ogni speranza deve fare i conti con la realtà. E la realtà è che le forze armate degli Stati Uniti. in quei mesi, non solo detengono il monopolio dell'arma atomica. Ma presumono di poterlo conservare a lungo. E raramente nella storia si è assistito a un processo di disarmo unilaterale da parte di una potenza egemone. Il generale Leslie Groves e tutte le gerarchie militari quel monopolio atomico intendono conservarlo. E intendono battersi perché gli Stati Uniti mantengano il possesso esclusivo dell'arma atomica. L'azione di lobblying dei militari è sempre in grado di influenzare la politica di Washington. Come abbiamo detto, si sente persino nel McMahon Bill. Il modo più evidente in cui si mostra il successo dell'azione di lobbying dei militari nell'elaborazione di quella legge, che pure affida ai civili il controllo dell'energia atomica, consiste nelle misure a tutela del monopolio dell'arma atomica: il McMahon Bill prevede sia il divieto di esportazione di materiale fissile che di conoscenze tecniche e scientifiche.

Ma ben altri successi può vantare, in quella prima parte del 1946, la capacità di lobbying dei militari. Successi decisivi, perché in grado di ribaltare la politica nucleare del Paese. Il primo di questi successi i militari lo ottengono il 16 marzo il giorno prima che Acheson e Lilienthal consegnino il loro rapporto – quando il Segretario di Stato Byrnes e il Presidente Truman nominano il finanziere Bernard Baruch quale rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite . Cosa significhi quella nomina appare subito chiaro a Robert Oppenheimer: " Abbiamo perso", dice. Baruch, che ha guidato lo sforzo bellico americano durante la prima guerra mondiale, è un falco . Fautore di una politica estera piuttosto aggressiva verso l'Unione Sovietica, di cui è parte fondante il monopolio dell'arma nucleare.

A questo proposito, va ricordato che (rispetto all'Unione Sovietica e alle sue capacità tecnoscientifiche) i militari Usa fanno un errore di valutazione che è l'esatto opposto dell'errore di sopravvalutazione effettuato nei confronti della Germania nazista. Leslie Groves, per esempio, è convinto che passeranno dieci, venti o addirittura sessant'anni prima che l'Urss possa realizzare una bomba atomica . E che, pertanto, il monopolio nucleare americano possa durare dieci, venti o persino sessant'anni. È facendo leva su questo monopolio assoluto e stabile – pensa Bernard Barach -in assoluta sintonia con Leslie Groves- è brandendo il possesso dell'arma atomica come un randello che gli Stati Uniti possono dettare a tutti le regole del nuovo ordine mondiale, senza bisogno di concordarle con nessuno.

Baruch

Bernard Baruch

Se dunque sarà Bernard Baruch a dover negoziare il controllo internazionale della forza atomica, la partita del disarmo nucleare – ha ragione Oppenheimer – è persa in partenza. Le settimane successive si incaricano di dimostrare la fondatezza di questi pregiudizi.

È vero che Bernard Baruch il 14 giugno porta alle Nazioni Unite , sostanzialmente, il piano Acheson-Lilienthal (dopo aver cercato in tutti i modi di impedire che divenisse pubblico).

Se dunque sarà Bernard Baruch a dover negoziare il controllo internazionale della forza atomica, la partita del disarmo nucleare – ha ragione Oppenheimer – è persa in partenza. Le settimane successive si incaricano di dimostrare la fondatezza di questi pregiudizi. È vero che Bernard Baruch il 14 giugno porta alle Nazioni Unite , sostanzialmente, il piano Acheson-Lilienthal (dopo aver cercato in tutti i modi di impedire che di-venisse pubblico). Ed è vero che quel piano prevede, come scrive Roberto Maiocchi: " il disarmo nucleare e il controllo internazionale degli impianti nucleari in cui tutte le. fasi pericolose [sono] sottratte al controllo degli stati e affidate a un'autorità internazionale, dotata di poteri di ispezione per il controllo del rispetto degli accordi ".13 Ma è anche vero che Baruch aggiunge a quel piano un paio di clausole che non possono in alcun modo essere accettate dall'Unione Sovietica. La prima è la richiesta di una severa punizione per ogni Paese che l'autorità di controllo internazionale dovesse scoprire a barare e a violare gli accordi. Una punizione inappellabile, contro cui non potrebbe valere neppure il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite . La seconda clausola è che gli Stati Uniti non avrebbero iniziato il loro disarmo nucleare prima che il sistema di ispezioni internazionali fosse diventato pienamente operativo. In tutta questa fase, gli Usa avrebbero conservato e persino consolidato il monopolio atomico.

Come era nelle previsioni di Lilienthal e di tutti gli esperti negli Usa, le clausole proposte da Baruch sono giudicate inaccettabili dall'URSS, davvero poco propensa a subire controlli internazionali. In capo a cinque giorni, il 19 giugno, il rappresentante sovietico alle Nazioni Unite, Andrei Gromyko, propone un contro piano: tutti gli Stati che sottoscrivono l'accordo si impegnano a non usare, produrre, ammassare armi atomiche; mentre, nel giro di tre mesi, l'unico Paese che già le possiede, gli Stati Uniti, distruggerà il suo arsenale.

Baruch giudica, a sua volta, inaccettabile il piano sovietico. Il 25 giugno 1946 si va a una votazione. Tra i rappresentanti dei dodici Paesi membri del Consiglio, nove approvano il piano Baruch; due (i rappresentanti di Urss e Polonia) approvano il piano Gromyko e uno, il rappresentante dell'Olanda, si astiene. Sfuma così la prima e forse la più grande opportunità di richiudere il vaso di Pandora e di bloccare sul nascere la corsa al riarmo atomico. L'esito di questo primo tentativo di salvare il mondo gela i movimenti per la pace. Ma lascia tutto sommato soddisfatto Bernard Baruch.

I negoziati non cessano. Nelle settimane successive a quel primo in-contro (e scontro) politico, alle Nazioni Unite si insedia una commissione tecnica per verificare la fattibilità dei controlli internazionali. Di questa commissione, in rappresentanza degli Stati Uniti, fa parte anche Oppenheimer. Sebbene essa trovi un facile accordo (il sistema di ispezioni può essere tecnicamente allestito), non sortirà effetti politici. La possibilità di un governo congiunto dell'era atomica è ormai sfumato. È iniziata la guerra fredda.

Quasi a sancire la nuova fase politica, il primo luglio giunge notizia che la Marina degli Stati Uniti ha effettuato un test atomico nell'atollo di Bikini. La bomba ha distrutto solo due delle 73 navi offerte al sacrificio, dando all'opinione pubblica l'idea che questa nuova arma non sia poi così terribile come viene dipinta, ma distruggendo ogni residua speranza di governare l'era atomica. I negoziati politici alle Nazioni Unite si bloccano; quelli tecnici procedono, stancamente, per alcuni mesi ancora. Poi, nella primavera del 1948, anche la commissione tecnica viene ufficialmente chiusa. Come scrive Katherine Drueding: " nessun sistema di controllo internazionale è stato stabilito. E, come il movimento degli scienziati aveva previsto, inizia una massiccia corsa alle armi ".

Come abbiamo detto, non tutti quelli che hanno partecipato al Progetto Manhattan diventano scienziati per il disarmo. La verità è che, dopo Hiroshima e Nagasaki, la comunità scientifica americana (e, più in generale. occidentale) si divide. Da un lato i fisici e, più in generale, gli scienziati che scendono nell'arena politica e iniziano a battersi per il disarmo. Dall'altro i fisici e, più in generale, gli scienziati che restano nei laboratori e continuano a lavorare per il riarmo. Nel mezzo i fisici e gli scienziati che, più semplicemente, ritornano nelle loro Università e nei loro centri di ricerca illudendosi che esista ancora una torre d'avorio dove potersi rifugiare e lavorare senza condizionamenti una volta terminato l'anomalia del Progetto Manhattan.

In realtà, la seconda guerra mondiale ha fatto crollare (per sempre?) le mura della torre d'avorio ed espone, ormai, gli scienziati a rapporti diretto e senza mediazioni con la società. Sia gli scienziati che lavorano per il disarmo che quelli che lavorano per il riarmo hanno piena comprensione di questa transizione, che è stata definita post-accademica . Anche se la interpretano in maniera completamente opposta.

Dopo Hiroshima e Nagasaki, in ogni caso, i laboratori di Los Alamos non vengono chiusi e smantellati ma continuano, sotto la nuova direzione di Noris Bradbury, la loro attività. E la continuano a tutto vapore, come chiede James Byrnes, il nuovo Segretario di Stato dell'Amministrazione Truman. Da loro, ci si attende non solo che si adeguino alle decisioni politiche prese altrove ma anche e soprattutto che facciano propria la logica militare. Alcuni tra loro, infatti, autentici generali in camice bianco. vengono cooptati nei gruppi dirigenti politico-militari e associati alle decisioni sull'impiego tattico e strategico delle armi atomiche. E, in questo, gli scienziati che lavorano per il riarmo si rivelano, spesso, zelanti. Come definire altrimenti quei membri del Weapons Systems Evaluation Group (come Charles Lauritsen, William Shockley — l'inventore del transistor —, Edward Bowles e Samuel Cohen) che vengono chiamati all'inizio degli anni ' 50 a esprimersi sulla possibilità di impiegare l'arma atomica nella guerra di Corea, combattuta appunto tra il 1950 e il 1953, e che non esitano a esprimersi per il sì? Per fortuna, a bloccarli provvede il presidente Truman che boccia la proposta.

Anche a causa di un'opinione pubblica, resa sensibile da Einstein e dagli scienziati per il disarmo e che non accetterebbe una nuova Hiroshima. A dimostrazione che, nella nuova e complessa era dei rapporti tra scienza e società, non c'è solo l'irruzione unilaterale della politica nella Repubblica della Scienza , ma anche una (inedita e, talvolta, determinante) irruzione degli scienziati e dell'opinione pubblica nei luoghi del potere politico e militare.

 

 

NOTE

1. Vannevar Bush, Science, the Endless Frontier. A Report to the President. U.S. Government Prin -vice. 1945.

2. National Science Foundation, Division of Science Resources Statistics, National Patterns of R&D Resources (annual series), 2006

3. John Ziman. Il lavoro dello scienziato, Laterza, Bari, 1987

4. William A. Blanpied. Inv-enting US Science Policy, Physics Today, febbraio 1998

5. Pietro Greco, Hiroshima. La fisica ha conosciuto il peccato, Editori Riuniti, Roma, 1995

6. George T. Mazuzan. The National Science Foundation: A Brief History, 15 luglio 1994,

7. John Ziman, La vera scienza, Dedalo, Bari, 2002

8. Pierre Bourdieu, Il mestiere dello scienziato, Feltrinelli, Milano, 2003

9. Tullio De Mauro, in CeSPI/USPID, Cinquant'anni dopo Hiroshima, Editore O/A 1995

10. Katherine Drueding, The Natural Business of a Scientist. The Atomic Scientists' Movement in America, Thesis for the Robert D. Clark Honors College and the Department of History, University of Oregon, 2004

11. Pietro Greco - Ilenia Picardi, Hiroshima. La fisica riconosce il peccato, L'Unità, 2005

12. Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni, Einaudi, Torino, 1958

13. Roberto Maiocchi, L'era atomica, Giunti, Firenze, 1993