Fisica senza Matematica: è possibile?
Qual è il rapporto tra Matematica e Fisica? Si può dare una descrizione Fisica coerente senza per forza ricorrere all'uso del formalismo matematico? In questo contributo Carlo Veronesi indaga le diversi correnti di pensiero analizzando anche i più celebri testi di divulgazione scientifica.
Introduzione
I libri di divulgazione scientifica che ormai abbondano sugli scaffali delle librerie sembrano avere una caratteristica comune: al loro interno possiamo trovare immagini, tabelle e grafici ma generalmente pochissime formule matematiche, nel timore, si può presumere, di scoraggiare i potenziali lettori. Stephen Hawking, nelle pagine introduttive al suo ormai classico Dal big bang ai buchi neri (1988) dichiarava apertamente di aver deciso di non metter formule dopo che qualcuno gli disse che ogni equazione inserita avrebbe dimezzato le vendite del libro. Hawking comunque ci spiega che la scienza moderna fa certamente uso di un apparato matematico difficile da padroneggiare per i non specialisti ma che tuttavia "le idee fondamentali sull'origine e la sorte dell'universo possono essere espresse senza bisogno di far ricorso alla matematica, in un modo comprensibile anche da chi non abbia una formazione scientifica" ([1], p. 5). Poi – aggiunge prudentemente – sarà il lettore a giudicare se il suo tentativo sia riuscito o meno.
Concetti analoghi sono espressi anche nella Premessa al recente Alla ricerca delle leggi di Dio (2014) del noto scienziato e divulgatore Edoardo Boncinelli. Il titolo non deve trarre in inganno: ci sono alcune pagine in cui si dice che, per uno scienziato, la persuasione di essere fatto a immagine e somiglianza divina può essere una grande spinta per cercare di capire i segreti dell'universo. Per il resto il libro parla esclusivamente di Fisica, da Newton fino agli sviluppi più recenti. Anche qui l'autore ci avverte che il suo saggio non contiene né formule, né figure, né esercizi, dicendosi tuttavia convinto che, nonostante questi "difetti", possa ugualmente far comprendere contenuti e metodi della scienza fisica. Si può osservare che, anche senza formule, la lettura del libro resta abbastanza impegnativa, certo stimolante, ma apparentemente alla portata di un pubblico che abbia già una certa conoscenza degli argomenti. Detto questo, il libro contiene altre considerazioni che vanno oltre le esigenze e i problemi della divulgazione e mettono in discussione il ruolo della matematica nell'indagine e nella conoscenza del mondo. Dopo aver ricordato il notissimo passo de Il Saggiatore, in cui Galileo scriveva che, se vogliamo leggere il libro della natura senza far uso della linguaggio matematico, rischiamo di aggirarci vanamente in un oscuro labirinto, Boncinelli osserva che anche dopo Galileo molti altri studiosi hanno pensato che il "linguaggio con il quale si può capire il mondo sia intrinsecamente matematico. Che la matematica, cioè, abbia una sua realtà che prescinde dal nostro approccio e che addirittura venga prima del mondo materiale e abbia uno status epistemologico, se non ontologico, privilegiato". Boncinelli prosegue dichiarando di non condividere questa pur seducente prospettiva e di ritenere che la matematizzazione della fisica sia stata "un passaggio storicamente inoppugnabile, ma non inevitabile" ([2], p. 21). Non tutti i divulgatori, tuttavia, sarebbero d'accordo con questo discorso. In un altro libro recentissimo, L'universo matematico, uscito in traduzione italiana alla fine del 2014, il fisico e cosmologo Max Tegmark, sostiene tesi del tutto opposte. In questo volume di molte pagine (e ancora con pochissime formule) l'autore cerca di dimostrare una tesi molto forte, che viene più volte ribadita, cioè che il mondo fisico non è solamente descritto dalla matematica ma è esso stesso una struttura matematica ([3], p. 15).
Su questi grandi problemi, che riguardano la natura degli oggetti matematici e il loro ruolo nella costituzione e nella conoscenza del mondo fisico, si sono a lungo confrontate, e ancora si confrontano, diverse scuole di pensiero. Continuiamo a chiederci se gli enti matematici siano una costruzione umana che cerchiamo di applicare al mondo, oppure se non sia il mondo esterno ad avere in se stesso una struttura matematica, come anticamente aveva già pensato Pitagora.
A questa concezione pitagorica, secondo la quale "tutto è numero", Platone aggiunse che i numeri matematici che ricaviamo dal mondo non sono i veri numeri ideali ma solo una loro copia imperfetta. Gli oggetti ideali dell'aritmetica e della geometria avrebbero una loro esistenza autonoma, in un mondo di Idee o Forme astratte situato al di fuori dello spazio e del tempo. L'uomo può giungere a conoscere le proprietà di questi enti matematici cercando di ricostruirle attraverso il ricordo, perché la sua anima, ancor prima della nascita, era stata a contatto con queste forme ideali.
È abbastanza ovvio che oggi risulta difficile condividere questa antica teoria della reminiscenza e che tutta la concezione pitagorico-platonica ci sembra avvolta in una sorta di oscurità mistica: è più facile pensare che la matematica sia un linguaggio potente per descrivere la realtà ma non sia essa stessa reale. Resta allora da spiegare perché questo linguaggio sia così efficace nella descrizione del mondo fisico: se gli enti matematici non esistono, né in un mondo parallelo né nel mondo reale, perché abbiamo bisogno del linguaggio matematico per comprenderlo?
Qualche secolo fa Kant aveva dato una risposta: le strutture matematiche che leggiamo nel mondo sono un riflesso della nostra mente, che deve necessariamente organizzare l'esperienza attraverso il filtro della geometria euclidea e della fisica newtoniana. Kant pensava che fossimo costretti a interpretare la natura secondo queste leggi fisiche e geometriche. Dopo Einstein divenne però chiaro che sono possibili anche teorie diverse e che certe forme mentali che credevamo vere a priori possono rivelarsi sbagliate. La Fisica di Einstein ha rovesciato, insieme alla Fisica di Newton, anche le nostre intuizioni fondamentali sullo spazio, sul tempo e sul moto. Perciò, anche pensando che la nostra esperienza sia filtrata da certe categorie della mente, dobbiamo sapere che queste possono essere ingannevoli e che, anziché ordinare, possono ostacolare e deformare la nostra lettura del mondo.