La nomina di Luigi Nicolais al CNR: i commenti di Lucio Bianco e Rino Falcone

Il 18 febbraio scorso il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo ha nominato Luigi Nicolais alla presidenza del CNR. Nicolais è professore emerito di Tecnologia dei polimeri e di Scienza e tecnologia dei materiali presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II” e all'impegno accademico ha affiancato l’attività politica quale Ministro per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione (2006-2008) e deputato.

Sulla nomina di Nicolais e sulla situazione del principale Ente di ricerca italiano abbiamo posto alcune domande a Lucio Bianco e Rino Falcone.

Facciata della sede del CNR a Roma

 

Qual è la sua opinione sulla scelta dell’On. Luigi Nicolais quale nuovo presidente del CNR?

 (Bianco) La scelta della persona è ineccepibile. Nicolais è uno scienziato noto a livello internazionale nel suo settore di competenza, conosce bene il CNR per averci lavorato molti anni e sono sicuro che farà bene. Durante la mia presidenza ho avuto modo di lavorare con lui, soprattutto relativamente ai problemi dell’area di Napoli e ne ho un ricordo molto positivo.

 (Falcone) Vorrei partire da alcune considerazioni che permettano di comprendere a quale stress dinamico è stato sottoposto il più grande ente di ricerca nazionale nel suo recente passato. Il CNR, negli ultimi 13 anni, ha visto tre leggi di riforma occuparsi della sua organizzazione:

- il Decreto Legislativo 30 gennaio 1999, n. 19 (Berlinguer-Zecchino) che ha significativamente trasformato la Governance dell’Ente e riorganizzato la rete scientifica (passando da oltre 300 istituti a circa 100);

- il Decreto legislativo 4 giugno 2003 n. 127 (Moratti) che ha ancora una volta modificato la Governance, introducendo nuovi organismi intermedi tra gli Organi di Governo (Presidente, CdA, e Consiglio Scientifico) e la rete scientifica degli Istituti. Questi organismi, i Dipartimenti, sono le strutture organizzative delle cosiddette macroaree scientifiche in cui sono articolati i vari istituti del CNR;

- il Decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213 (Gelmini), che ha visto l’introduzione, seppure in una forma molto discutibile, dell’autonomia statutaria e il cui processo di applicazione è ancora in via di definizione.

Quest’ultimo decreto, in particolare nel suo progetto originario (Legge delega 27 settembre 2007, n. 165), avrebbe dovuto rappresentare l’ultimo passo di un iter legislativo che consegnasse la piena autonomia agli EPR, in modo del tutto analogo a quanto era stato fatto per le Università italiane (Legge 168 del 1989), e realizzasse pienamente il dettato costituzionale (articolo 33) dell’autonomia della ricerca. Come già accennato, lo statuto realizzato ha purtroppo clamorosamente negato una responsabile autonomia partecipata della comunità scientifica interna, processo di autonomia che nella scienza rappresenta una precondizione fondamentale. Si è persa, almeno per ora, un'occasione straordinaria per rendere il più grande ente di ricerca italiano, più moderno e più attrezzato alle sfide che attendono la sua ricerca nel mondo. Nel frattempo il CNR ha proseguito le sue attività e nonostante i finanziamenti statali abbiano subito una significativa riduzione, la sua capacità produttiva e d’attrazione di risorse, dal mercato della ricerca nazionale e internazionale, sono rimaste di altissimo valore. Ultimo elemento d’instabilità va individuato nel cambio repentino del massimo vertice dell’Ente negli ultimi 8 mesi che ha visto, chiusa l’esperienza di Luciano Maiani, la nomina di Francesco Profumo, poi divenuto ministro IUR, la sua temporanea sostituzione con Maria Cristina Messa e quindi la nomina del nuovo Presidente.

In questo quadro, complesso e particolarmente delicato, va considerata quale potesse essere la scelta più adeguata per il nuovo Presidente del CNR. Devo dire che volendo tratteggiare un profilo con le giuste caratteristiche si sarebbe dovuto guardare ad una personalità di alto valore scientifico che conoscesse bene il CNR (per stabilizzarlo rapidamente) e la cui esperienza di management e la capacità di relazionarsi fossero particolarmente sviluppate. Credo che il  Prof. Nicolais raccolga insieme tutte queste qualità, spetterà a lui saperle mettere a frutto, costruire un’impresa collettiva e partecipata, in grado di rilanciare il più grande ente di ricerca nazionale. Voglio anche dire che si troverà ad affrontare una fase delicatissima di avvio della nuova riforma con strumenti non all’altezza (lo statuto già approvato) e con risorse forse non del tutto sufficienti.

 

Quali sono, secondo il suo parere, i principali problemi che il CNR deve oggi affrontare nel quadro della situazione che il Paese sta vivendo?

 (Bianco) Premetto che il CNR attuale mi sembra molto lontano da quello in cui io ho lavorato, a vari livelli, per circa trenta anni e che ha avuto un ruolo determinante per la ricerca italiana. La forza del CNR attuale è la sua rete di istituti e di competenze ad ampio spettro. Occorre pertanto valorizzare innanzitutto l’autonomia degli istituti e dei suoi ricercatori spesso mortificata negli ultimi anni dalla struttura burocratica dei dipartimenti che, per quello che ne so, non hanno portato, in generale, alcun vantaggio (forse proprio perché imposti e definiti dalla legge). Un altro aspetto da rafforzare è il grado di internazionalizzazione degli istituti che, privi di specifici ed adeguati consigli scientifici e privi di risorse finanziarie per la ricerca di curiosità, rischiano di diventare strutture di servizio e di perdere così il fondamentale legame con la comunità internazionale del loro specifico settore. Credo poi che ci sia molto lavoro da fare per rimotivare l’Amministrazione Centrale e riorganizzarla anche attraverso un uso sapiente delle nuove tecnologie. Vista dall’esterno l’Amministrazione sembra aver perso quello spirito di appartenenza che aveva in passato e che le aveva consentito di gestire grandi progetti nazionali ed internazionali a vantaggio di tutta la comunità scientifica italiana. Credo poi che ci siano questioni relative al personale che non conosco nei dettagli ma di cui arriva l’eco all’esterno.

 (Falcone) Il più profondo ostacolo che la ricerca deve affrontare oggi nel nostro Paese è la difficoltà delle classi dirigenti di operare un sostanziale cambio di valutazione sul ruolo che questo settore può essere in grado di svolgere a favore dello sviluppo complessivo e della stessa ripresa economica.

All’opposto di quanto spesso viene dichiarato sulla ricerca, le azioni conseguenti presentano un quadro di attenzione al settore del tutto inadeguato confrontato con la ricchezza del Paese: se si considerano gli investimenti rispetto al PIL (meno dell’1%, rispetto alla media europea dell’1.9%), il numero di ricercatori sulla popolazione lavorativa (meno del 3 per mille, rispetto al 6 della media europea), e vari altri parametri ed indicatori, ritroviamo numeri che ci pongono in fondo alle classifiche delle nazioni comparabili alla nostra.

Eppure è sui beni immateriali e sulla conoscenza - che di questi è il principale - che si sviluppa ormai la competizione internazionale per far avanzare le società e le loro economie.

Il CNR poi, come ente generalista (ossia che può occuparsi di qualsiasi ambito scientifico), ha la possibilità di sviluppare ricerche di natura fortemente interdisciplinare che rappresentano la frontiera più avanzata della scienza moderna e che spesso forniscono risposte più dirette ai bisogni dell’uomo e della società.

 

Come giudica la precedente gestione (non del Ministro Profumo che è rimasto in carica solo per pochi mesi) del prof. Luciano Maiani?

 (Bianco) Ho salutato molto positivamente l’avvento di Maiani il cui valore scientifico è riconosciuto da tutti tranne che da qualche deputato ignorante delle dinamiche della ricerca. No ho avuto occasione di interagire con lui durante la sua presidenza per cui il mio giudizio è legato essenzialmente alle opinioni sentite da altri che più da vicino hanno vissuto la vita del CNR negli ultimi anni. Quello che ho registrato è una generale insoddisfazione della sua attività anche in ambienti culturalmente a lui vicini. Non sono in grado di dire come mai c’è stata questa valutazione negativa e un po’ me ne meraviglio vista la sua esperienza pregressa acquisita in ruoli importanti come la guida dell’INFN e del CERN.

 (Falcone) Il Prof. Maiani è uno dei fisici italiani più noti e apprezzati nel mondo. Il suo valore scientifico è fuori da ogni discussione. Così come il suo curriculum, anche di natura manageriale, quando fu scelto per presiedere il CNR era di primissimo piano (ex presidente dell’INFN, ex presidente del CERN, solo per fare due riferimenti). Voglio anche ricordare che la nomina di Maiani avvenne per la prima volta in Italia con il metodo del “search committee”, per cui si aprì un bando internazionale, fu nominato dall’allora Ministro Mussi un comitato di esperti (ne facevano parte oltre a validissimi scienziati italiani, anche personalità scientifiche internazionali: il presidente del Max-Plank tedesco, il consigliere scientifico di Blair). Ero consigliere di Mussi quando, data la terna selezionata dal comitato di esperti, decise di nominare Maiani. Il problema fu che fatta la nomina di Maiani non si fece in tempo, data la caduta del Governo Prodi, quasi contemporanea, a nominare anche gli altri membri del CdA. Maiani si trovò in aperto e forte conflitto con il resto del CdA e questo rese la sua azione molto difficile. Ritengo quindi che ci sono buone ragioni per giustificare una presidenza piuttosto complicata.

Considero al contempo l’emanazione dell’attuale statuto, come detto sopra, un compromesso al ribasso che mortifica la comunità scientifica del CNR e che non da conto della sua capacità di porsi come responsabile della propria azione strategica. In questo discutibile risultato è difficile non individuare responsabilità dell’ex presidente del CNR.

 

(Intervista a cura di Jacopo De Tullio)