Le principali riforme dei programmi di Matematica per le scuole italiane, tra il 1950 e il 2000
Vengo finalmente a parlare delle principali riforme attuate (o quanto meno ipotizzate) in Italia nella seconda metà del Novecento con l’obiettivo di rinnovare contenuti e metodi dell’insegnamento della matematica nelle nostre scuole di ogni ordine e grado.
Per maggiore chiarezza suddividerò l’esposizione in quattro parti riguardanti:
- Le scuole secondarie di secondo grado
- Le scuole secondarie di primo grado
- Le scuole primarie
- Le riforme universitarie e la formazione iniziale dei docenti
Nei titoli di questi sottoparagrafi ho cercato di attenermi alla terminologia ministeriale più recente. Ma nel periodo che sto prendendo qui in esame le denominazioni ufficiali sono state modificate a varie riprese. Il lettore quindi non si stupisca se nei documenti che citerò nel seguito troverà altri termini, quali:
- “scuole secondarie superiori” (comprendenti licei, istituti tecnici e istituti professionali) in luogo di “scuole secondarie di secondo grado”
- “scuole medie (comprendenti le scuole di avviamento) in luogo di “scuole secondarie di primo grado”
- “scuole elementari” in luogo di “scuole primarie”
Come risulterà da ciò che sto per dire qui di seguito, la mia scelta dell’ordine sequenziale dei quattro sottoparagrafi rispecchia l’ordine cronologico secondo il quale ha avuto inizio in Italia la stagione postbellica delle riforme per i rispettivi livelli scolastici:
- scuole secondarie di secondo grado (1962-1967)
- scuole secondarie di primo grado (1970-1981)
- scuole primarie (1985-1990)
- corsi universitari per la preparazione dei nuovi docenti (1996)
Viene però da chiedersi per quale motivo le riforme del periodo in esame abbiano seguito un percorso temporale inverso rispetto a quello più naturale: iniziando dai provvedimenti per la formazione dei nuovi docenti, poi elaborando nuovo programmi per le scuole primarie, successivamente per le scuole secondarie di primo grado, e infine per quelle di secondo grado. Tutto sommato, mi sembra che nel quadro specifico questa obiezione non sia pertinente. Infatti negli anni immediatamente successivi alla conclusione della seconda guerra mondiale, l’obiettivo più impellente era quello di formulare nel più breve tempo possibile nuove leve di studenti ben preparati a livello di scolarità secondaria per un ruolo attivo e di crescente complessità in una società in rapido cambiamento. Ciò spiega tra l’altro la priorità data nel periodo 1950-1970 al settore degli istituti tecnici (vedi il cap. 2 di [VITA, 1986]). Era comunque urgente predisporre adeguati programmi d’insegnamento per tutti e tre i principali tipi di scuole secondarie superiori (Licei, Istituti tecnici e Istituti professionali). Era altresì urgente ridefinire gli sbocchi professionali e/o gli accessi alle facoltà universitarie per gli studenti che avevano completato i loro studi secondari superiori. Basti ricordare in proposito che la riforma Gentile, risalente al 1923 (legge delega del 3.12.1922) precludeva agli studenti usciti dagli istituti tecnici o professionali l’accesso alla maggior parte delle facoltà universitarie.
Terminata questa divagazione, riprendo il filo del discorso presentando un succinto quadro delle principali riforme che nel nostro Paese hanno riguardato l’insegnamento-apprendimento della matematica tra il 1950 e il 2000.
1. Scuole secondarie di secondo grado
Nel lungo periodo che va dal 1923 al 1945 i programmi per le scuole secondarie di secondo grado erano rimasti fermi, salvo modifiche marginali, alla già citata riforma Gentile. Non si trattava però di programmi come li intendiamo noi oggi, bensì di programmi per gli esami finali (di maturità) lasciando ai singoli insegnanti il compito di distribuire i diversi argomenti sull’intero arco quinquennale degli studi ginnasiali e liceali.
Nel 1945, ossia immediatamente dopo la fine della guerra, una commissione nominata dai governi delle potenze vincitrici formulò nuovi piani di studio destinati a sostituire provvisoriamente quelli di epoca genti liana. Per quanto riguarda la nostra disciplina, già fin dal 1950 la comunità matematica italiana iniziò ad elaborare nuovi piani di studio, tenendo anche conto delle esperienze maturate nel frattempo in altre nazioni, con particolare attenzione alla Francia, al Belgio e all’Inghilterra.
Nel periodo 1950-1990 questo fervore innovativo si tradusse nell’elaborazione di tre consecutive proposte di riforme (Vedi [VITA, 1969]).
La prima riforma, ebbe inizio nel 1961-1962, subito dopo il già citato convegno internazionale di Bologna, con l’istituzione, a titolo sperimentale, in varie scuole secondarie superiori, di un certo numero di “classi pilota” nelle quali accanto ad argomenti tradizionali venivano affrontati temi di “matematica moderna” quali la teoria degli insiemi e l’algebra astratta.
Nel 1963 il compito di elaborare nuovi programmi di matematica per i licei fu assunto dall’UMI e più specificamente dalla CIIM [1], allargata con la presenza di ulteriori esperti (professori universitari e delle scuole secondarie superiori, ispettori e funzionari ministeriali).
La commissione si riunì per una serie di incontri, prevalentemente a Frascati, ragione per cui rimase conosciuta come “commissione di Frascati”. La commissione concluse i suoi lavori nel 1966 per il biennio iniziale delle scuole sec. Superiori e nel 1967 per il successivo triennio. Per ulteriori informazioni rinvio all’interessante articolo di Bruno de Finetti intitolato “Le proposte per la matematica nei nuovi licei” (Vedi [De FINETTI]).
Qui mi limito a segnalare i seguenti aspetti sui quali tornerò anche nel seguito:
- Nelle “avvertenze” premesse ai programmi di Frascati si raccomanda di evitare, nello studio dei problemi, l’adozione di schemi prefabbricati, abituando invece l’allievo a scegliere fra i mezzi matematici a lui noti quelli che di volta in volta consentono la soluzione più rapida ed elegante del problema stesso.
- I programmi di frascati presentano una maggiore ecletticità nella trattazione della geometria, rispetto alla tradizionale impostazione euclidea (per es. per il terzo anni si parla di piano vettoriale geometrico e di gruppi delle congruenze e delle similitudini del piano, per il quarto anno si passa allo spazio vettoriale geometrico e per il quinto anno si parla di spazio vettoriale astratto).
- Nei programmi di Frascati per il quinto anni vengono introdotti “Elementi di calcolo delle probabilità e semplici applicazioni alla statistica, alla teoria degli errori, ecc.”
L’ultimo di questi tre punti è la vera novità dei programmi di Frascati che de Finetti commenta così nel suo già citato articolo del 1967:
“Probabilità e statistica. E’ questo l’argomento di mia più specifica competenza ma, al contrario di quanto si potrebbe supporre a prima vista, è proprio quello su cui mi trovo maggiormente in difficoltà e imbarazzi nell’esprimere pareri e suggerimenti sul modo di concretare le generiche indicazioni dei programmi (…). Ma poi c’è un’altra ragione più specifica e più assillante, che crea difficoltà e imbarazzo: ed è il fatto che nessuna spiegazione per quanto accurata sembra sufficiente a garantire dal rischio di fraintendimenti purtroppo assai frequenti. (…) La consapevolezza di questo rischio e della difficoltà di scongiurarlo (oltre allo scrupolo di non cadere nel comune difetto di sopravvalutare per naturale “deformazione professionale”, l’importanza e “indispensabilità della propria materia) mi avevano trattenuto dall’associarmi espressamente e pressantemente alla proposta di vari colleghi (soprattutto Prodi) di inserire nei programmi tale argomento, attribuendo anzi a tale innovazione un significato e un valore particolarmente caratterizzanti per lo spirito della riforma. Naturalmente, apprezzavo e condividevo pienamente tali idee, e penso, con delle informazioni obiettive, di averle avvalorate, ma sempre preoccupandomi di non influenzare passionalmente il parere della maggioranza. (…) Alla fine, l’inclusione di tali argomenti fu approvata con voto unanime”.
Mi scuso per la lunghezza della citazione, ma mi sembrava opportuno lasciare ad un grande matematico quale Bruno de Finetti la presentazione delle opinioni di un altro grande matematico quale Giovanni Prodi, in un contesto particolarmente importante e caro ad entrambi.
Mi permetto di aggiungere un piccolissimo commento personale: spero che i lettori avranno apprezzato lo stile di queste riflessioni di de Finetti, a fronte del chiacchiericcio inconcludente e delle sopraffazioni verbali che al giorno d’oggi caratterizzano negativamente i dibattiti in tutte le sedi, ivi incluse le discussioni sulle riforme scolastiche del nostro paese.
La successiva riforma dei programmi di matematica (sempre per le scuole secondarie superiori) rientra nell’ambito del Piano Nazionale per l’Informatica (in sigla PNI), piano promosso nel 1985 dal ministro della PI, sen. Franca Falcucci con l’obiettivo di introdurre gradualmente l’informatica nel processo formativo delle giovani generazioni. A tal fine fu costituito un comitato ristretto coordinato dalla stessa sen. Facucci e di cui faceva parte per l’area matematica Giovanni Prodi.
Una prima importante decisione che il comitato dovette prendere fu quella della collocazione dell’informatica entro i futuri piani di studio per le scuole secondarie di secondo grado. Si trattava di scegliere tra due alternative: aggiungere l’informatica come ulteriore disciplina e se stante tra quelle dei piani di studio tradizionali, o incorporare nozioni di informatica, là dove ritenuto opportuno, all’interno delle discipline tradizionali.
Fu proprio Prodi a far propendere il comitato per la seconda alternativa, sostenendo con efficaci argomentazioni che sotto molti aspetti (storici, culturali e applicativi) la matematica e la fisica erano le due discipline che avevano i più profondi legami con le scienze informatiche.
Sciolto questo nodo, la commissione fu ampliata e suddivisa in varie sottocommissioni tematiche, una delle quali era quella del settore fisico-matematico, di cui naturalmente Prodi faceva parte.
L’attuazione del piano ebbe inizio con la preparazione di gruppi via via più numerosi di docenti di matematica e di fisica secondo un sistema a cascata (formazione iniziale di un gruppo di formatori, che a loro volta contribuirono alla formazione di nuovi colleghi). La sperimentazione nelle classi ebbe inizio nel 1986-87 per il biennio e fu successivamente estesa alle classi del triennio [2].
Anche in questo contesto Prodi continuò a cimentarsi con competenza ed entusiasmo giovanile per cui lascio a lui la parola, traendo le citazioni che seguono da una sua relazione dal titolo “Problemi didattici inerenti all’attuazione dei nuovi programmi di matematica per il biennio”, relazione che egli tenne nel 1988 alla Certosa di Pontignano (Siena) e che successivamente fu pubblicata in [PRODI, 1989].
“Un ruolo decisivo è giocato dal’informatica: essa è stata la causa contingente che ha permesso l’avvio alla preparazione dei nuovi programmi, e continua la funzione di elemento garante dell’evoluzione. Infatti, nel nome dell’informatica il ministero della P.I. ha impiegato senza precedenti; nel nome dell’informatica gli insegnanti si sottopongono a processi di aggiornamento estremamente onerosi, che difficilmente avrebbero accettato per altri scopi. Così, per chi li osserva in modo oggettivo e disincantato, vi sono fenomeni estremamente interessanti e nuovi da rilevare in questa vicenda scolastica. In particolare, l’informatica assume il ruolo di rivelazione globale dell’inadeguatezza culturale dell’insegnamento e ciò è certamente un fatto positivo, a patto che non si pensi che solo nell’informatica si possano trovare i rimedi (…). Quanto agli insegnanti di matematica, il Ministero ha ritenuto che essi la matematica dovessero saperla già e che occorresse solo aggiungere al loro bagaglio le conoscenze di informatica… Non abbiamo ancora un’elaborazione culturale che possa mettere in evidenza i punti cruciali e fissare i confini fra cultura e tecnologia. E tuttavia questa delimitazione è essenziale perché la scuola deve trasmettere le idee culturali di base, ma non può rincorrere la tecnologia (…). Non bisogna confondere “formale” con “astratto”, anche se fra questi termini c’è una parziale sovrapposizione. Il “formale” può assumere un elevato grado di concretezza quando può essere trattato operativamente; ciò che fino a poco tempo fa era decisamente astratto – cioè poteva venir colto solo da menti mature e dotate delle capacità, per così dire, di dare consistenza ontologica a costruzioni di puro pensiero – diventa tangibile se è oggetto di manipolazioni che si possono compiere col calcolatore, purché se ne abbia una sufficiente consapevolezza”.
Segueno alcuni esempi, poi Prodi prosegue:
“Nei programmi si punta molto sulla logica, tanto da attribuire ad essa il compito di fare da ponte fra l’informatica e la matematica tradizionale. Alla base di questa scelta c’è una motivazione storica: l’informatica, come scienza, è sorta dalla logica, così come la logica moderna era sorta all’inizio del secolo, dall’algebra”.
La relazione di Prodi prosegue con un ulteriore paragrafo dedicato alla geometria al calcolatore.
Non entro in dettagli perché questa parte, pur essendo interessante come le altre, è ormai datata. Il lettore interessato potrà trovare opinioni più recenti espresse da Prodi in suoi scritti, per esempio nell’articolo su “Il calcolatore nell’insegnamento della matematica a livello della scuola secondaria superiore” (Vedi [PRODI, 1982]).
Infine, la terza riforma (sempre riferita alle scuole secondarie superiori) fu concepita con l’intento di rivedere organicamente tutti il settore delle scuole secondarie superiori sia dal punto di vista legislativo e burocratico, sia da quello dei piani di studio e degli sbocchi professionali.
A tal fine, nel 1988 il nuovo ministro della PI Giovanni Galloni istituì una commissione composta da esperti di tutte le aree disciplinari e da funzionari e ispettori ministeriali, col compito di procedere alla revisione dei programmi dei primi due anni dell’istruzione secondaria di secondo grado. I lavori della commissione si svolsero per lo più sotto forma di sottocommissioni disciplinari, mentre il compito di coordinare i lavori era stato affidato al sottosegretario alla PI Beniamino Brocca, da cui il nome “Commissione Brocca”.
Successivamente la medesima commissione con l’aggiunta di altri esperti, fu incaricata di estendere il lavoro anche ai programmi del triennio.
Entrambi i programmi Brocca furono pubblicati dal Ministero della PI (vedi [BROCCA]) e furono distribuiti ai docenti operanti nelle classi sperimentali, ma non furono mai resi disponibili al pubblico attraverso i normali canali commerciali.
Nell’impossibilità di citare nominativamente gli oltre 25 membri della sottocommissione alla quale era stato affidato il settore “Matematica e Informatica” devo limitarmi a segnalare, oltre al nome di Prodi e al mio, quello degli ispettori ministeriali Vincenzo Vita e Lucia Ciarrapico, autori, tra l’altro, di due articoli miranti a suscitare tra i docenti di scuole secondarie superiori l’interesse e la partecipazione ad una discussione sull’imminente riforma che essi avrebbero dovuto poi attuare nelle loro classi (Vedi [CIARRAPICO-VITA]).
Quanto alla matematica i piani di studio Brocca hanno recepito molte delle indicazioni dei programmi di frascati e del PNI.
Una innovazione, introdotta unicamente per la matematica e la fisica, stava nel non avere elaborato programmi diversi per ciascuno dei numerosi indirizzi scolastici a quel tempo esistenti, né un programma unico per tutti gli indirizzi, bensì due programmi distinti, detti “programma A (debole)” destinato agli indirizzi con maggior numero di ore settimanali. Sostanzialmente il programma A era un sottoinsieme del programma B. Entrambi i programmi erano articolati nella medesima sequenza di temi e precisamente:
- Geometria del piano e dello spazio
- Insiemi numerici e calcolo
- Relazioni e funzioni
- Elementi di probabilità e statistica
- Elementi di logica e di informatica
Era inoltre previsto per entrambi i programmi un “laboratorio di informatica”.
Come già evidenziato in precedenza, a Prodi stavano particolarmente a cuore gli ultimi due temi (Probabilità e Informatica). Ma per completezza di informazione aggiungo che Prodi attribuiva notevole importanza anche agli altri tre temi presenti nei programmi, pur criticando le modalità spesso insoddisfacenti con le quali tali argomenti venivano sviluppati nei libri di testo e nella prassi didattica corrente.
Per non dilungarmi eccessivamente mi limito a segnalare qui due articoli, entrambi pubblicati su Archimede, che mi sembrano emblematici per illustrare i punti di vista di Prodi.
Il primo articolo, riguarda l’algebra ed è polemico fin dal suo titolo: “Anche il calcolo letterale può essere intelligente (vedi [PRODI-VILLANI]).
Ne trascrivo il secondo capoverso:
“Nell’attuale prassi dell’insegnamento, a livello delle scuole secondarie superiori, molto spesso il calcolo letterale si traduce in una lunga attività esecutiva e ripetitiva, priva di motivazioni e di applicazioni. Lo si potrebbe paragonare all’ “istruzione formale” che gli eserciti tradizionali riservano alle reclute: un complesso di movimenti da eseguire meccanicamente e prontamente, con allusioni solo vaghe e indirette alla possibilità di una guerra e alla presenza di un nemico. Veramente, l’ “istruzione formale” all’inizio della vita militare aveva anche lo scopo di indurre nei soldati un atteggiamento automatico di obbedienza pronta ed acritica, (…) ma non si vede a che possano giovare questi atteggiamenti mentali nell’apprendimento della matematica. Non si può negare che anche nel calcolo occorre, con un opportuno allenamento, creare riflessi condizionati (…) ma nell’insegnamento corrente troppo spesso si passa il segno, anche perché il calcolo letterale viene somministrato quasi tutto all’inizio della scuola secondaria superiore, anziché essere proposto man mano, in relazione all’ampliarsi delle prospettive teoriche e dei problemi affrontati.”
Il secondo articolo di Prodi che sto per citare riguarda la geometria, e più specificamente la geometria basata sulle trasformazioni geometriche. Il titolo è scherzoso: “Storiella estiva con morale” ma le osservazioni con le quali Prodi commenta la “storiella” sono tutt’altro che superficiali, al punto che Carlo Pucci, direttore della rivista che stava per pubblicare l’articolo di Prodi, ritenne opportuno affiancare tale articolo con uno suo in difesa della tradizionale geometria euclidea (vedi [PRODI-PUCCI]).
Dai due articoli traggo alcune citazioni, che mi sembrano riflettere bene i contrapposti punti di vista dei due autori.
Prodi (da pag. 168): “Sono in vacanza. C’è con noi un giovane nipote che è stato rimandato in matematica; è naturale che me ne occupi io. (…) Prendiamo le mosse della geometria, cominciando dal teorema che recita: se un triangolo ha due lati uguali, ha anche due angoli uguali. Cerco di convincere il nipote della bellezza del risultato, ma la dimostrazione che trovo sul libro di testo del ragazzo mi disgusta: si prolungano i lati uguali, si fa un’incastellatura orribile, producendo due triangoli fra loro simmetrici, poi si procede per differenza di angoli, ecc. (…) Ritorno in città ma, prima di scrivere voglio documentarmi. Ricorro al prof. B, un anziano insegnante espertissimo in libri di testo. Gli chiedo il favore di farmi un’indagine: chi ha introdotto una dimostrazione così insensata? Il prof. B mi guarda in modo leggermente malizioso e dice “Professore, questa dimostrazione è quella di Euclide”
Prodi prosegue poi:
“La storiella finisce qui, ma può avere una morale interessante. Se l’autore di un testo di fisica esponesse oggi la meccanica sulla base della “teoria dell’impeto”, si coprirebbe di ridicolo. Ma l’idea di progresso che si ha in fisica è diversa da quella che si ha, in generale, in matematica: la fisica procede per successive rivoluzioni, che buttano all’aria tutto; la matematica deve, ovviamente, conservare i suoi risultati fondamentali e finisce spesso per prolungare certe metodologie e certi abiti mentali al di là del loro limite naturale di sopravvivenza (…)”.
Quanto a Pucci il suo articolo inizia citando l’enunciato del teorema in discussione e la sua dimostrazione nella forma data da Euclide (proposizione 5 del primo libro degli Elementi).
L’articolo prosegue col seguente commento di Pucci:
“Si noti l’aspetto rigorosamente costruttivo della dimostrazione di Euclide (…). La geometria euclidea privilegia l’aspetto costruttivo con procedure in qualche modo affini a consuete attività manuali. Alcuni ragionamenti possono essere spiegati a un contadino o a un artigiano, privo di istruzione ma abituato ad osservazioni di misura e a trarne conseguenze operative.”
Infine Pucci conclude:
“Con la rivoluzione tecnologica molte cose sono destinate a trasformazioni e aumenta l’importanza di una familiarizzazione degli studenti con strutture matematiche più astratte. Tuttavia, a mio avviso, non è ancora chiaro il livello di astrazione da dare ai vari concetti a seconda dell’età degli studenti e si può concordare con la seguente affermazione di Prodi: Siamo in un periodo di eclettismo, in cui non ci sono, per la didattica della matematica, idee dominanti ma si accetta una pluralità di impostazioni e si accentuano gli aspetti euristici, originali.”
E anche in questo caso mi permetto di aggiungere un mio breve commento: è davvero bella questa contrapposizione di opinioni, che sfocia in un accordo più ampio sulla pluralità delle possibili impostazioni, viste come arricchimento della didattica della matematica.
Per concludere questa parte dedicata alla matematica nelle scuole secondarie di superiori cerco di rispondere sinteticamente ad eventuali domande di chi fosse curioso di conoscere la fine della storia.
Come spesso accade nel nostro Paese, purtroppo i programmi PNI e Brocca non furono recepiti nella prassi scolastica normale, e rimasero confinati ad una fase sperimentale che perdura tuttora, accanto ai vecchissimi programmi (di Gentile o dell’immediato dopoguerra) (Vedi [CIARRAPICO]). Mentre scrivo questo articolo (dicembre 2010) una ennesima proposta di riforma della scuola superiore è in discussione al parlamento, tra perduranti contestazioni e incertezze.
2. SCUOLE SECONDARIE DI PRIMO GRADO
Dopo le riforme delle scuole secondarie di secondo grado la priorità passò alle scuole secondarie di primo grado ossia alle scuole medie e dell’‟avviamento. Per completezza d‟informazione va detto che nel 1940, ossia nel pieno della seconda guerra mondiale, il ministro Bottai aveva tentato una riforma della scuola media, riforma che però a causa delle vicissitudini belliche non poté essere attuata. Per una riforma globale del settore occorre quindi arrivare all’‟inizio del 1963 quando entrò in vigore una prima riforma elaborata da una commissione nominata dal ministro Gui (legge n. 1859 del 31. 12. 1962) in base alla quale la scuola media e quella dell’‟avviamento furono accorpate per formare quella che fu chiamata la scuola media unica. Qualche anno più tardi l‟obbligo scolastico fu esteso all’‟età di 14 anni.
Nel nuovo assetto la matematica era una disciplina a sé stante (distinta dall’‟altra disciplina scientifica denominata “Osservazioni ed elementi di scienze naturali”).
Quanto ai contenuti dei programmi di matematica del 1963, essi erano ancora molto appiattiti sulle ormai anacronistiche tradizioni preesistenti. Per esempio nei programmi per la seconda classe figurava come primo argomento il “Calcolo di radici quadrate”, e per la terza classe figuravano “Regole pratiche per la determinazione delle aree delle superfici e dei volumi dei solidi più noti, ricavate da considerazioni di carattere concreto” . Non vi si faceva invece alcun cenno ai temi della “matematica moderna” benché questi fossero già ben noti e fonte di accesi dibattiti nell’‟ambito della comunità matematica.
Nel decennio successivo, constatata l‟inadeguatezza dei programmi Gui, fu costituita una nuova ampia commissione ministeriale, nota come “commissione dei sessanta”, incaricata di predisporre (per tutte le discipline) programmi più consoni alle finalità della scuola media unica. Per la matematica facevano parte della commissione svariati docenti di scuola media (tra cui Emma Castelnuovo) nonché professori universitari (tra cui Prodi) e funzionari ministeriali. A seguito di un avvicendamento dei ministri della PI i nuovi programmi furono emanati dal ministro Pedini (col DM 268 del 9. 2. 1979) e successivamente completati da apposite norme per gli esami di licenza media (DM 348 del 26. 8. 1981).
Da notare, tra le caratteristiche salienti dei programmi del 1979, l‟accorpamento di matematica e scienze sotto il titolo unificante di “Scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali”. L‟insegnamento di entrambe le discipline rimase comunque affidato, come prima, ad uno stesso insegnante, perlopiù non laureato in matematica.
Quanto alla parte matematica di questi nuovi programmi, essi furono suddivisi in un preambolo intitolato “Matematica e formazione del pensiero” e in un elenco di sette “Obiettivi e contenuti”:
1. La geometria: prima rappresentazione del mondo fisico
2. Insiemi numerici
3. Matematica del certo e matematica del probabile
4. Problemi ed equazioni
5. Il metodo delle coordinate
6. Trasformazioni geometriche
7. Corrispondenze - analogie strutturali
Come risulta già ad una superficiale lettura di questi titoli è chiaro che la commissione ha cercato di preparare fin dagli anni della scuola media il terreno per un proficuo proseguimento degli studi nella scuola secondaria superiore (vedi il precedente paragrafo 3.2) e contemporaneamente di dare a tutti gli allievi una formazione utile anche per coloro che avrebbero abbandonato gli studi alla fine della scuola media.
Prodi commentò (favorevolmente) i nuovi programmi in vari articoli di varie riviste, tra cui quello intitolato “Didattica della probabilità nella Scuola Media”, ristampato in questa stessa rivista (PRODI, 1991), al quale quindi rinvio il lettore.
Detto per inciso, nell’‟occasione della nuova riforma della scuola media l‟UMI che fino a quel momento si era interessata all’‟elaborazione dei soli programmi delle scuole superiori, ma non di quelli delle scuole medie, decise, anche su proposta della CIIM presieduta in quegli anni da Prodi, di occuparsene attivamente in considerazione dell‟importanza dell’‟argomento. Ne derivarono due pubblicazioni dedicate rispettivamente ai programmi di matematica della scuola media ([NUMI n. 10, ottobre 1979]) e alla prova scritta di matematica nell’‟esame di licenza media (vedi [UMI-CIIM, 1981]).
Rimaneva ancora da riformare la scuola elementare (ora detta primaria) i cui programmi erano rimasti immutati per oltre mezzo secolo, a partire da un regio decreto del 1928.
Una prima riforma post-bellica fu attuata frettolosamente nel 1955 (programmi Ermini). Tali programmi furono abrogati pochi anni più tardi dal ministro Falcucci la quale, in analogia con quanto era stato fatto per le scuole secondarie, nominò nel 1983 una commissione ministeriale coordinata dal prof. Mauro Laeng (pedagogista) con l‟incarico di elaborare nuovi programmi per la scuola elementare, programmi pubblicati nel 1985 e che entrarono in vigore per la prima classe nell’‟anno scolastico 1987-1988.
Tra le innovazioni curricolari e organizzative ne segnalo la più innovativa.
In luogo dei tradizionali insegnanti “tuttologi” (maestri e maestre) a ciascuno dei quali veniva affidata un‟unica classe col compito di coprire col suo insegnamento le tematiche previste nei piani di studio di tutte le discipline, il nuovo assetto prevedeva un‟organizzazione più complessa.
Ad un gruppo di tre insegnanti venivano affidate due classi, con la possibilità di suddividersi tra loro i compiti. Per esempio uno dei tre insegnanti (detto scherzosamente “maestro a righe”) poteva curare le discipline umanistiche (lingua, storia, geografia) mentre un altro insegnante (detto scherzosamente “maestro a quadretti”) poteva optare per le discipline scientifiche (matematica e scienze) e il terzo poteva specializzarsi nell‟insegnamento di una lingua straniera o curare altre discipline o altre attività spesso trascurate.
In previsione di questa riforma, la CIIM aveva organizzato a Trento, dal 6 all’‟11 Ottobre 1980, con la collaborazione del Centro Internazionale per la Ricerca Matematica, un convegno dedicato a “processi cognitivi e apprendimento della matematica nella scuola elementare”. Vedi relazione di Prodi sul NUMI del Luglio 1981, pagg. 4-7. Vi parteciparono conferenzieri di numerosi paesi. Gli atti furono pubblicati nel 1984 (vedi [PRODI, 1984]).
Anche l‟IRRSAE della Toscana si era attivato con lodevole tempismo fin dal dicembre 1983 organizzando un convegno dal titolo “Proposta di programma per la scuola elementare “ i cui atti sono stati pubblicati nel supplemento al Bollettino IRRSAE Toscana, 1984. Per la matematica erano intervenuti (nell’‟ordine) U. Cattabrini, M. Pellerey, G. Prodi, V. Villani (vedi [IRRSAE TOSCANA] pp. 43- 54).
Trascrivo una riflessione di Prodi sui rapporti tra matematica e logica:
“Negli anni scorsi è stato spesso proposto un approccio alla matematica che partiva da uno studio degli insiemi e dalle operazioni logiche fondamentali, per arrivare solo in un secondo tempo al numero. Questo approccio si è dimostrato errato; infatti la matematica è un‟attività che coinvolge operazioni di carattere logico, ma che ha una sua originalità, una sua immediatezza, e anche una sua peculiarità. (…) La logica permea tutti i nostri discorsi, ma raramente la si può esplicitare a questo livello di età; il bambino non ha ancora quel grado di capacità formale, quel grado di consapevolezza che gli possa permettere di isolare la componente logica (…) Mi pare molto importante invitare gli insegnanti a distinguere la loro personale cultura da quello che invece è destinato ad essere materia del loro insegnamento in classe. “
Tornando alla riforma del 1985, il programma per la matematica era suddiviso in una prima parte intitolata Matematica e formazione del pensiero, e in una seconda parte di Obiettivi e contenuti, che comprendevano i sei temi:
- I problemi
- Aritmetica
- Geometria e misura
- Logica
- Probabilità, statistica, informatica.
All’‟interno di ciascun tema, veniva specificato quali argomenti dovessero essere riferiti al primo e secondo anno, oppure al terzo, quarto e quinto anno).
Il programma si concludeva con una frase che si riallaccia alla precedente riflessione di Prodi, frase che - se ben ricordo - fu proposta dallo stesso Prodi e accolta all‟unanimità da tutti i membri della commissione:
"L‟introduzione al pensiero e all‟attività matematica deve rivolgersi, in primo luogo, a costruire soprattutto là dove essa si manifesta carente, una larga base esperienziale, di fatti, fenomeni, situazioni e processi, sulla quale poi sviluppare le conoscenze intuitive, i procedimenti e gli algoritmi di calcolo e le più elementari formalizzazioni del pensiero matematico".
L‟importanza che Prodi annetteva ad una riflessione sulle modalità di apprendimento in età infantile è testimoniata dall’‟elevato numero dei suoi scritti nei quali egli affrontava l‟argomento da svariati punti di vista. Trascrivo ancora qualche brano relativo all’‟acquisizione del concetto di numero, tratto dal suo articolo intitolato “La matematica oggi - Alcune riflessioni teoriche (Scuola Italiana Moderna, gennaio 1984)”.
“Difficile situazione quella della matematica nella scuola elementare: da un lato essa è considerata come ovvia, dall’‟altro essa risulta astrusa e poco amichevole... Un tempo l‟insegnamento della matematica nella scuola elementare era soggetto a rigidi vincoli: occorreva dare al bambino, anche nel campo della matematica, tutte quelle nozioni e quelle capacità di base che sarebbero state indispensabili al cittadino e al lavoratore di domani. Non era il caso, dunque, di chiedersi se il bambino fosse in grado di capire, ad esempio, la nozione di peso specifico o il ruolo dei “numeri fissi”: una volta riscontrata la necessità di queste nozioni per la vita pratica, il problema era chiuso. In questa situazione anche le riflessioni metodologiche non potevano avere molto respiro: spesso non si poteva fare altro che condurre il bambino a memorizzare e ad applicare meccanicamente una regola (…) In tutti i paesi industrializzati, in un periodo che può essere collocato fra gli anni „50 e gli anni „60, si crea nella scuola elementare una forte spinta verso l‟innovazione: nasce la domanda di una nuova matematica che abbia uno spiccato valore formativo.
Per il nostro paese, questa svolta importante coincide con l‟introduzione della nuova scuola media (1963). Ma i programmi della scuola elementare riformata nel 1955 non vengono toccati...“
A questo punto Prodi accenna alla “matematica moderna” e alle implicazioni (positive o negative) che ne possono derivare per l‟insegnamento elementare. Prosegue poi parlando dei possibili approcci al numero naturale e conclude con la seguente riflessione:
“Nel mio articolo “La teoria degli insiemi nella introduzione alla matematiche di base” (Scuola Italiana Moderna, 1971) tentai, senza disporre di risultati sperimentali ma solo sulla base del buonsenso, una difesa dell‟approccio ordinale, ma, a giudicare dalla scarsità di reazioni, l‟efficacia del mio tentativo fu assai scarsa (quando si sostengono idee contrarie alla moda, la reazione non è la polemica, ma il silenzio). Ma successive ricerche sperimentali hanno mutato l‟orientamento degli studiosi dimostrando che l‟approccio ordinale è, sotto certi aspetti, più agevole di quello cardinale, anche al fine di ottenere una buona abilità aritmetica, e di impadronirsi pienamente dello stesso aspetto cardinale del numero.
Il fatto è che l‟idea di numero naturale è estremamente complessa ed è perciò illusoria la ricerca di un “primo punto” a partire dal quale tutto si possa facilmente ricavare (…) Nello stesso tempo, si deve tener presente che la costruzione e l‟interiorizzazione della successione degli interi naturali è un processo lento, che deve continuare lungo tutta la scuola elementare, ed oltre; tutta la successiva attività matematica contribuisce a questo processo, ma il calcolo mentale vi ha una sua particolare efficacia, che deve essere sottolineata”
Segnalo infine un piacevole e istruttivo libriccino scritto da tre collaboratrici di Prodi sull‟insegnamento della statistica e della probabilità nella scuola elementare (Vedi [BASTIANIONI et al]).
Concludo questo paragrafo con due osservazioni:
1. Mi sembra interessante notare come, partendo dal convegno di Royaumont e dai programmi di Frascati del 1966-1967, i successivi programmi per le scuole secondarie superiori (Brocca 1991-1992), quelli per le scuole sec. di primo grado (del 1979) e quelli per le scuole primarie (del 1985) hanno adottato uno stesso schema per la presentazione dei contenuti e hanno adottato denominazioni pressoché identiche per i principali temi. Lascio ai lettori decidere se si è trattato di un banale appiattimento o se si è seguito l‟antico detto “repetita iuvant” nell’‟intento di far interiorizzare più profondamente agli allievi le nozioni ritenute basilari.
2. Com’‟era facile prevedere, l‟editoria per le scuole superiori, medie ed elementari colse di volta in volta l‟occasione delle riforme per rinnovare i libri di testo presenti nei loro cataloghi, ma nella maggior parte dei casi la fretta per battere la concorrenza non favorì una attenta riflessione sulle parti obsolete, su quelle tuttora valide e su quelle nuove da sostituire o da integrare con le precedenti. In una prima fase gli autori dei libri scolastici per tutti e tre gli ordini scolastici si limitarono ad appiccicare ai loro testi tradizionali qualche capitolo di “matematica moderna” (o più precisamente di “insiemistica”). Una successiva (seconda) fase fu influenzata dall‟informatica, e da ultimo furono inseriti argomenti di carattere interdisciplinare. Col risultato di aumentare smisuratamente il numero delle pagine e appesantire il peso (non solo metaforico) dei libri.
Anche sotto questo aspetto Prodi scelse una strada diversa: fin dall‟inizio della sua “discesa in campo” (anno 1974) egli focalizzò la sua attenzione sulle scuole secondarie superiori, formando un affiatato gruppo di lavoro comprendente docenti universitari e di scuole secondarie delle sedi di Pisa, Pavia e Trieste. I partecipanti al gruppo di lavoro iniziarono ad elaborare proposte concrete per un insegnamento innovativo della matematica nel primo biennio delle scuole secondarie superiori, e i membri del gruppo che insegnavano in tali classi ne sperimentarono l‟efficacia dal vivo, con i loro allievi. Per passi successivi e con i dovuti aggiustamenti ne scaturì una prima stesura (ciclostilata) di due libri di testo (una per la prima e l‟altro per la seconda classe). Dopo ulteriori limature, i due libri furono dati alle stampe negli anni 1975-1977 col titolo “Matematica come scoperta” e furono corredati di guide per insegnanti (vedi [PRODI, 1975-1977]). Cinque anni più tardi Prodi pubblicò in collaborazione col collega e amico Enrico Magenes un terzo volume destinato agli studenti del triennio (vedi [MAGENES e PRODI]). Erano dunque passati ben otto anni dall’‟inizio del progetto! E il numero complessivo delle pagine dei tre volumi destinati agli studenti ammontava a meno di 800. Un bell’‟esempio di serietà professionale. Per ulteriori informazioni e commenti rinvio all’‟articolo di [BAZZINI et al].
4. UNIVERSITÀ E PREPARAZIONE DEI FUTURI INSEGNANTI
Questo paragrafo è l‟ultimo quanto all’‟ordine che ho seguito nella mia trattazione, ma certo non lo è quanto alla sua rilevanza. Devo comunque limitarmi a considerare le principali modifiche apportate nella seconda metà del Novecento ai piani di studio universitari e alle norme per accedere alla carriera di insegnanti.
Nell‟immediato dopoguerra i giovani italiani intenzionati a conseguire una laurea in ambito matematico o fisico potevano scegliere tra “matematica” (senza ulteriori specificazioni), fisica (senza ulteriori specificazioni) e “matematica e fisica”. Quest‟ultima era la preferita da coloro che aspiravano, dopo la laurea, ad una carriera di insegnanti di matematica nelle scuole secondarie.
Successivamente la laurea in “matematica e fisica” fu abolita e nel contempo una riforma (del 1962) ristrutturò la laurea in matematica introducendo tre diversi indirizzi:
- generale
- applicativo
- didattico.
Tutti e tre questi indirizzi consentivano, previo superamento di un esame nazionale, l‟accesso all’‟insegnamento della matematica o di altre discipline affini. Ma naturalmente chi mirava ad una carriera di insegnante sceglieva l‟indirizzo didattico, più specifico e in certi casi anche più facile.
Nel frattempo una legge del 1973 (legge 477) stabiliva l‟obbligo di una formazione universitaria completa per tutti i (futuri) insegnanti (non solo di scuola secondaria ma anche di scuola primaria).
Nel mondo della scuola rimaneva però ancora aperto un dibattito sulle modalità di reclutamento e di preparazione disciplinare dei futuri insegnanti, in luogo del vecchio e screditato sistema dei concorsi.
C‟era chi riteneva semplicisticamente che “chi sa, sa anche insegnare” mentre altri sostenevano che per poter bene insegnare fosse necessario almeno un ulteriore anno di specializzazione disciplinare e psicopedagogica. Il dibattito su questo dilemma durò a lungo, e alla fine ebbero partita vinta i fautori della seconda alternativa. Infatti una nuova legge (per la precisione la legge 341 del 1990) decretò l‟istituzione di una apposita Scuola di Specializzazione biennale per l‟Insegnamento Secondario (in sigla SSIS), che però entrò in vigore appena nell’‟anno accademico 1999-2000 e la cui attività fu sospesa senza validi motivi appena nove anni più tardi. Per chi fosse interessato a saperne di più rinvio all’‟articolo di [BERNARDI].
Anche la preparazione universitaria dei futuri maestri subì una sorte simile a quella descritta sopra per la preparazione universitaria dei futuri insegnanti di scuole secondarie. Nel 1998 fu istituito un corso di laurea quadriennale in Scienze della Formazione Primaria, destinato a divenire l‟unica via di accesso all’‟insegnamento nelle scuole primarie. Grosso modo il corso era articolato su due bienni, il primo di carattere psico-pedagogico ed il secondo di approfondimento in tre aree diverse (linguistico-espressiva, matematico-scientifica, di lingua straniera). Tale laurea aveva valore abilitante. Purtroppo dopo pochi anni anche questa innovazione fu abolita senza validi motivi e con particolare disappunto da parte di chi, come Prodi, aveva speso molte energie per un‟iniziativa tanto innovativa. L‟impegno di Prodi e dei suoi valenti collaboratori rimane comunque testimoniato dai loro scritti, tra i quali per es. [BASTIANONI et al].