Quando si parla di rigore...

Il n. 72 di “Lettera Matematica PRISTEM” riporta un passo estratto da un testo di Sandro Faedo in cui il matematico pisano racconta alcuni episodi di un suo viaggio negli USA, negli anni '60, per intensificare i rapporti di “collaborazione” con l'IBM.

Il brano che qui riportiamo - sempre tratto dal testo scritto da Sandro Faedo – è invece un aneddoto sul rigore dei matematici e, in particolare, di Eugenio Bertini quale esaminatore (in un concorso universitario) di Beppo Levi.

Sandro Faedo

 

Era noto che ogni curva algebrica, anche se dotata di punti multipli, punti per cui la curva passa più volte, può essere trasformata in una priva di punti multipli con una trasformazione birazionale. Da oltre 20 anni si cercava di dimostrare lo stesso teorema per le superfici algebriche; ad es. il vertice di un cono è un punto multiplo per una superficie. Nel 1903 a Pisa era riunita la commissione di concorso per una cattedra di geometria composta da Luigi Bianchi, di cui parlerò tra breve, Eugenio Bertini e il loro allievo Federigo Enriques, allora professore a Bologna. Fra i concorrenti c' era un giovane matematico, che io ho conosciuto, Beppo Levi che in un suo lavoro diceva di aver dimostrato la possibilità di sciogliere le singolarità di ogni superficie algebrica con una trasformazione birazionale. Beppo Levi era un espositore molto oscuro.

Basta pensare che nella sua memoria egli, senza avvertire il lettore, si muoveva in uno spazio a sei dimensioni. Bianchi e Bertini si misero d' impegno a leggere la memoria di Levi, ma dopo qualche pagina smisero perchè la trovavano incomprensibile.

Enriques invece non lesse neanche una riga del lavoro di Levi ma lo chiamò e gli scrisse le equazioni di alcune superfici dotate di complessi punti multipli.

Levi si mise a scrivere e dopo qualche ora portò la soluzione ad Enriques, che fu così convinto che la dimostrazione di Levi era corretta. Se ciò fosse stato riconosciuto anche dagli altri commissari Beppo Levi doveva vincere il concorso, ma Bianchi e Bertini erano di diverso avviso. Allora Enriques esclamò: mi faccio tagliare la testa che la dimostrazione di Levi è corretta. E Bertini gelido gli rispose: e non sarebbe ancora una dimostrazione!

Nel 1920 Oscar Chisini, allievo a Bologna di Enriques, dimostrò in modo comprensibile il teorema di Levi. Enriques li invitò entrambi a casa sua e li rinchiuse in una stanza, dicendo che avrebbe riaperto la porta solo quando si fossero messi d' accordo. Dopo un' ora la porta fu riaperta e Chisini riconobbe che la dimostrazione di Levi, seppure esposta in modo oscuro, era corretta. In seguito Beppo Levi vinse un concorso di analisi matematica e nelle sue lezioni definiva per ogni funzione f(x) i quattro numeri derivati del Dini; in una nota a piè di pagina era scritto che se quei quattro numeri erano uguali si chiamavano la derivata di f(x). Era un po' difficile che il concetto di derivata potesse così entrare nella testa di uno studente di ingegneria.