Un ricordo di Imre Toth

Con Imre Toth scompare non solo un grande storico e filosofo della Matematica ma anche e soprattutto un amico, un mentore per tutti noi del Centro PRISTEM. I racconti sulle sue esperienze di vita, infatti, sono significativi e di grande insegnamento tanto quanto i suoi libri, le sue conferenze e le sue lezioni.

Toth

 

Toth nasce da una famiglia ebrea a Szatmár-Németi (l’attuale Satu Mare) in Romania, una piccola città della Transilvania, “la terra – come lui stesso diceva - divenuta celebre per il mito del conte Dracula”. La sua educazione – come quella di tutti i suoi coetanei ebrei – è centrata unicamente sul sapere, sull’acquisizione della conoscenza, sulla cultura.  Toth racconta: “i miei coetanei parlavano di ragazze e giocavano a calcio, ma a me non interessava, io e i miei compagni ebrei passavamo giornate intere a studiare e ore ed ore a discutere su Kant e su Hegel. Leggevo di Marinetti e del Futurismo su articoli che mi passava mia madre, che non era laureata ma che aveva questa ricchezza comune a tutti gli ebrei: il sapere da tramandare e condividere con i propri figli”. Non è dunque un caso la scelta di suo padre Abraham Roth - Toth cambia la prima lettera del suo cognome per sfuggire alle persecuzioni naziste – che, prima di essere deportato, scrisse la sua ultima lettera indirizzata al Vincitore (1): “La prego, io sono vecchio, ho 56 anni… Ciò che ho messo insieme nella mia vita, questi libri, appartengono a mio figlio. Prego di non toccarli. Quando i Romani hanno occupato Siracusa hanno trovato il vecchio Archimede che disegnava cerchi sulla sabbia. E questi ha detto al soldato che stava per ucciderlo di non toccare i suoi cerchi”. Quando Toth, dopo la guerra, ritornò a casa trovò la sua abitazione completamente svuotata di mobili, suppellettili e quant’altro ma quei libri erano lì insieme alla lettera di suo padre.

L’approccio nei confronti della Matematica e dei suoi calcoli numerici, era quello di un alunno debole, annoiato. Il suo interesse si risveglierà solo quando comincierà a studiare l’Algebra. “Non vedevo – da studente – una finalità specifica nel risolvere problemi complicati, interessanti, affascinanti come amavano fare i miei coetanei. I problemi e i teoremi mi hanno sempre affascinato per la loro eleganza, la loro bellezza, la ricchezza dei loro contenuti (il fatto che fossero così sofisticati) ma non sono mai riusciti a soddisfare la mia sete di conoscenza.

Sentivo in modo vago e confuso che dietro il testo matematico si nascondeva altro senza poter mai formulare chiaramente di che cosa si trattava. Alle mie domande non avevo risposte soddisfacenti dai miei professori di Liceo (perché meno per meno fa più? e perché elevando qualche numero al quadrato si ottiene, come risultato, un numero negativo?). Non avendo risposte ho cominciato a leggere gli autori classici ed ho scoperto che, per questi, i miei interrogativi erano ancora questioni aperte e non trovavano le mie domande ridicole come i miei professori”.

“Gauss – continua Toth - fu il primo a protestare contro i termini immaginario, fittizio, impossibile, sofistico, e, per primo, attribuì lo stesso valore ontico di esistenza attuale ai numeri così denominati che ai numeri reali. Motivava la sua decisione con gli uguali diritti di cittadinanza nell’universo degli enti matematici dei quali, secondo lui, questi numeri erano stati, fino a quel momento, ingiustamente privati. Metafora politica anche molto bella, senza dubbio, perché era l’epoca in cui, in Germania, si discuteva se bisognasse accordare uguali diritti di cittadinanza agli ebrei, uguali diritti dei quali Gauss era sostenitore incondizionato. Parlare di estensione dei diritti di cittadinanza era, non soltanto moralmente e politicamente, ma anche logicamente, completamente giustificato perché gli ebrei, sprovvisti fino ad allora di diritti civili, disponevano ciononostante di esistenza e costituivano un sottoinsieme dell’insieme della popolazione dei paesi tedeschi” (2).

Come è evidente il legame tra la speculazione matematica e la riflessione politica e civile è immediata e sempre presente nel pensiero di Toth: “Il centro dell’Universo è ovunque si trovi un sistema di riferimento, un osservatore, equivalente a qualsiasi altro. Il centro è l’Uomo, il centro dell’Universo è il soggetto. Che lo vogliamo o no, noi ci troviamo tutti al centro di un mondo, l’involucro sferico che ci circonda”.

In una delle sue pubblicazioni, edita da Bollati Boringhieri nel 2007 dal titolo “La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale”, Toth scrive che “il pensiero occidentale è un grande fiume composto di affluenti che vengono da ogni luogo, un fiume le cui acque sfociano in tutti gli oceani” e “tra le molte caratteristiche originali ne trovo due che mi sembrano particolarmente adatte a rappresentare la singolarità di ciò che si chiama spiritualità occidentale: la polifonia musicale e la critica sociale… o piuttosto l’autocritica sociale e le idee strettamente legate a questa come la coscienza di sé, l’idea di libertà e di universalità del soggetto”. Più in là si legge: “L’opposizione non ha mai potuto essere eliminata nella storia dell’Occidente, il dissenso non ha mai potuto essere ridotto al silenzio; sempre persino nei periodo più duri, i più terribili, v’è stata una voce che ha detto No! All’ingiustizia, No! All’infamia. (…) L’assenza del dissenso, dell’opposizione, comporta la stagnazione, la degenerazione, la decrepitezza. Senza un costante esame di se medesima, senza una impietosa autocritica, la società cade inevitabilmente in un fatale stato di sonnolenza letale. Parlare è vivere, il silenzio è la morte”.

Uno dei temi più amati e continuo oggetto della sua ricerca è costituito dalle geometrie non euclidee che Toth – lo ripetiamo ancora una volta – esprime non solo come indagine matematica ma anche filosofica, come presa di coscienza e riflessione etica. Sottolinea che le geometrie non euclidee si affermano diversi decenni dopo la loro scoperta e per di più in Italia (che in quel periodo era in pieno Risorgimento).

Questa la grande innovazione: “Il complesso dei teoremi non euclidei scaturì d’un tratto e da una sola e pura sorgente: la negazione”. Fu caparbia la resistenza all’ammissione del sistema non euclideo soprattutto nell’ambito della geometria, da oltre 2000 anni sapere puro e certo, modello - fin dall’antichità – della verità unica, assoluta. Accettare le nuove teorie significa ammettere l’esistenza di più verità, tutte egualmente valide: la verità non è più una sola ma esistono più verità; il pensiero va spontaneamente all’opera di Pirandello e alle sue molteplici letture, alle sue tante verità, evidenti in particolare in “Sei personaggi in cerca di autore”.

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Toth dichiara che già in Aristotele, nelle sue “Etiche” si parla della libera scelta tra un triangolo euclideo e uno non euclideo, un esempio che cita per illustrare la condizione di libertà che definisce la peculiarità dell’essere umano. “La coscienza dispone della libertà di negare tutto un mondo, quello stabilito da Euclide, e di creare – grazie al solo mezzo della negazione – un nuovo mondo. (…) Ma a questo punto le due creazioni, le due geometrie dispongono di uguali diritti di esistenza e di verità. Invece di essere distruttiva, la negazione si rivela creativa! Di conseguenza la verità non è un limite alla libertà, bensì è la libertà ad essere fonte della verità” (3).

“L’emergere delle geometrie non-euclidee – continua Toth - è stato il momento decisivo nel quale il soggetto delle matematiche ha preso coscienza della sua immanente libertà, della sua libertà di assegnare la verità, nello stesso tempo, a due proposizioni assiomatiche contraddittorie. L’assioma logico della contraddizione conserva invariabilmente la sua rigorosa validità all’interno di ciascuno dei due opposti universi”. (…) “Grazie alla Geometria non euclidea, il soggetto della Matematica è divenuto consapevole della sua stessa libertà, allo stesso modo ha preso coscienza che ciò che costituisce la sua essenza: è la libertà di scegliere ciò che è necessario e che, all’interno della scienza Matematica, accettare la pluralità dei mondi e delle verità costituisce una necessità”.

Concludiamo con un pensiero emblematico e una riflessione che Imre Toth fece nella sua relazione al Convegno PRISTEM “Esistono rivoluzioni in Matematica?” del 1995 (4). Durante questa conferenza, Toth affermò che in Matematica la vera grande rivoluzione era stata la scoperta delle geometrie non euclidee, ignorata per decenni dai matematici e diventata di dominio pubblico solo all’inizio del secolo scorso. Alla base di questa riottosità si trova una notevole contraddizione: una creazione che deriva da una negazione (e questo era inconcepibile nel mondo ancora rigoroso e fondato sul principio di non contraddittorietà come quello matematico). Ma Toth si spinge oltre affermando che accettare le geometrie non euclidee significa accettare una concezione diversa dello spazio. Il mondo non è più unico. Esiste una pluralità di mondi generata dalla libertà delle idee e qui il momento decisivo: “si afferma una libertà di scelta tra cose ugualmente possibili”. Scegliere è difficile perché la libertà di scelta è prerogativa di un uomo totalmente libero!

 

 

(1) Intervista di Romano Gatto pubblicata sul n. 6 di "Lettera Matematica Pristem".

 

(2) Intervista di Liliana Curcio pubblicata sul n. 45 di "Lettera Matematica PRISTEM".

 

(3) Recensione al libro di Toth “No! Libertà e verità, creazione e negazione. Palinsesto di parole e immagini” (edito da Rusconi nel 1998) di Pietro Nastasi pubblicata sul n. 31 di "Lettera Matematica  PRISTEM".

 

(4) Dal commento del Convegno “Esistono rivoluzioni in Matematica” pubblicata sul n. 15 di "Lettera Matematica" PRISTEM.

Pubblichiamo l'intervista che Imre Toth ha rilasciato a Romano Gatto

Pubblichiamo l'intervista che Imre Toth ha rilasciato, qualche anno fa, a Liliana Curcio.