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Levi-Civita Tullio

Tullio Levi-Civita era nato a Padova, da insigne famiglia israelita, originaria di Rovigo, il 29 marzo 1873; è morto a Roma il 29 dicembre 1941.
Ingegno precocissimo, si laureò nel 1894 a Padova dove ebbe come maestri, fra gli altri, Gregorio Ricci Curbastro e Giuseppe Veronese. Dopo un periodo di perfezionamento a Bologna e un breve periodo d'insegnamento per incarico a Pavia e a Padova, già nel 1897, a soli 24 anni, Levi-Civita diviene professore di Meccanica razionale all'Università di Padova, dove rimase sino al 1919, anno in cui fu chiamato all'Università di Roma, prima come ordinario di Analisi superiore e poi di Meccanica razionale. A Roma Levi-Civita restò fino alle persecuzioni razziali del 1938 e alla morte, nonostante che, dopo il suo allontanamento dalla cattedra che aveva tanto onorato avrebbe potuto ben facilmente trovare onorevole sistemazione all'estero.
(da sinistra) Leonida Tonelli, Gino Fano, Guido Fubini, Tullio Levi-Civita, Francesco Severi
Tullio Levi-Civita è stato uno dei maggiori matematici mondiali dell'ultimo secolo. "Matematico nato, nel pieno senso della parola, egli passava senza sforzo dall'uno all'altro di campi svariati – dalla meccanica analitica all'elettromagnetismo, dalla meccanica celeste alla teoria del calore, dall'idromeccanica all'elasticità – e ovunque affrontava problemi precisi ed elevati, per lo più i problemi fondamentali caratteristici dei singoli indirizzi considerati" (Ugo Amaldi). Fra i contributi più importanti da lui apportati alle svariate teorie di cui si occupò, e principalmente alla Meccanica e alla Relatività, si annoverano quelli sulla stabilità del movimento, sulla regolarizzazione del problema dei tre corpi, sui fondamenti della Relatività, sull'idrodinamica (teoria della scia, onde in canali profondi, getti liquidi, ecc.) sui potenziali dipendenti da due sole coordinate, ecc. Oggi il suo nome è, forse, più di tutto ricordato in connessione con il cosiddetto "parallelismo di Levi-Civita" che, escogitato soprattutto per pervenire ad una definizione non algoritmica della curvatura riemanniana di una varietà, ha dato origine a tutta una fioritura di nuovi studi di Geometria differenziale.
Se Levi-Civita non fosse stato un grande scienziato, sarebbero bastate le sue qualità umane a farlo ricordare durevolmente.
Lasciò un paio di centinaia di pubblicazioni, fra cui alcuni trattati e, in particolare, un classico manuale di Meccanica Razionale (in 3 volumi) in collaborazione con Ugo Amaldi.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e di quasi tutte le altre accademie italiane, di quella pontificia e di molte estere. Dottore honoris causa delle Università di Amsterdam, Harvard, Parigi, ecc., fu insignito della Medaglia Sylvester della Royal Society.
Necrologio: Rendiconti Lincei, (8) 1 (1946), pp. 1130-1155 (U. Amaldi); Comptes Rendus Academie Paris, 215 (1942), pp. 233-235 (E. Cartan);
Amoroso Luigi

Luigi Amoroso era nato a Napoli il 26 marzo 1886; morirà a Roma il 28 ottobre 1965.
Iniziati gli studi matematici all'inizio del secolo presso la "Normale" di Pisa, li proseguì a Roma dove si laureò nel 1907 con una tesi sulle funzioni olomorfe di due variabili complesse.
Assistente inizialmente di Guido Castelnuovo alla cattedra di Geometria, vinse nel 1914 il concorso per la cattedra di Matematica finanziaria all'Università di Bari. Successivamente passò a Napoli e a Roma (titolare dal 1926 della cattedra di Economia politica, che tenne fino al collocamento fuori ruolo nel 1956).
Il mondo matematico italiano ha occasione di ricordare in modo particolare la sua permanenza a Napoli perché fu in questa città che si poté realizzare, grazie al suo interessamento e al conseguente consistente contributo del Banco di Napoli, il primo progetto dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo di Mauro Picone. Amoroso e Picone si erano conosciuti sui "banchi" della "Normale".
Di interessi poliedrici, Amoroso partecipò attivamente (soprattutto nel periodo fra le due guerre mondiali) alla vita culturale ed economica del Paese, impegnandosi a fondo anche in esperienze di gestione ed amministrazione aziendale e bancaria.
Le sue pubblicazioni (150) spaziano dalla Matematica pura a quella finanziaria, dall'Economia matematica alla Statistica. Il settore in cui ha lasciato una traccia più profonda è comunque quello dell'Economia matematica che, in Italia, dopo Pareto, si è lungamente identificata con la sua persona. Fu autore di importanti e diffusi manuali sui quali si formarono intere generazioni di economisti. Il suo programma di ricerca prevedeva la continuazione e lo sviluppo del programma paretiano in ambito dinamico. È per questa scelta che successivamente la sua opera è stata ridimensionata come una ripetizione non sempre originale di un paradigma che con il passare dei decenni, aveva perso mordente e autorevolezza. Significativa rimane la sua memoria del 1928 "Discussione del sistema di equazioni che definiscono l'equilibrio del consumatore" che, per certi versi, anticipa di qualche anno idee e risultati di Abraham Wald in tema di esistenza e unicità dell'equilibrio.
Socio corrispondente dei Lincei (1947) e nazionale dal 1956, fu anche preside della Facoltà di Scienze Politiche di Roma dal 1950 al 1961.
Necrologio: Accademia Nazionale Dei Lincei, "Celebrazioni Lincee", n. 2, 1967, a cura di M. Picone e V. Travaglino.
Freda Elena

Elena Freda era nata a Roma il 25 marzo 1890; vi è morta il 25 novembre 1978.
Laureatasi in Matematica a Roma nel 1912 con Guido Castelnuovo, continuò gli studi per laurearsi in Fisica nel 1915 con Orso Mario Corbino e nello stesso anno fu borsista presso l’appena fondato “Seminario Matematico”. Nel 1918 ottenne la libera docenza in Fisica matematica, poi definitivamente confermatale nel 1929. Dopo aver tenuto a Roma un corso integrativo di Meccanica superiore, nell’anno accademico 1923-24 è incaricata di Fisica matematica e di Meccanica razionale presso l’Università di Messina. L’anno successivo è di nuovo a Roma, dove insegnerà per il resto della sua carriera fino al ritiro nel 1959, alternando nei vari anni corsi su “Equazioni inegrali e loro applicazioni”, “Equilibrio e movimento dei corpi elastici”, “Onde elettromagnetiche” (inserendovi anche Relatività e Meccanica quantistica) ecc.
Elena Freda con un gruppo di sue allieve
Pur avendo esordito con una ricerca in Geometria proiettiva suggeritale da Guido Castelnuovo, i suoi interessi di ricerca furono presto indirizzati nella tradizione di Volterra e Corbino (Analisi funzionale, Fisica matematica e Fisica sperimentale). Sul finire degli anni '20 si era ulteriormente orientata verso il paradigma volterriano di matematizzazione della Biologia. Ma il suo maggior contributo scientifico è forse rappresentato da un libro in francese (sempre con prefazione di Volterra) sui "Metodi d’integrazione delle equazioni alle derivate parziali del secondo ordine di tipo iperbolico" (Paris 1937), che è sostanzialmente la trascrizione di un suo corso di lezioni del 1931.
Sui rapporti tra Freda e Vito Volterra si può vedere in particolare il terzo capitolo del recente (2010) libro di S. Lunguerri, "Un matematico un po' speciale: Vito Volterra e le sue allieve" (Pendragon, Bologna).
Necrologio: Dizionario Biografico degli Italiani, sub voce (E. Giannetto).
Ciclo di conferenze “Matematica e …” a Urbino 2010/2011
Dedò Modesto

Modesto Dedò era nato a Gerenzano (Va) il 1 giugno 1914; è morto a Lugano il 23 marzo 1991.
Nel 1932 aveva iniziato gli studi in Ingegneria presso il Politecnico di Milano ma – probabilmente su consiglio di Oscar Chisini – passò poi a quelli di Matematica. Seguì i nuovi corsi fino al 1936 e preparò la tesi senza tuttavia completare gli studi. Si laureò – relatore sempre Oscar Chisini – nel 1939 e nello stesso anno vinse il concorso ad assistente ordinario di Geometria presso il Politecnico di Milano e il concorso a cattedre di Matematica e Fisica nei licei.
Richiamato al servizio militare, dopo l'armistizio del 1943 fu internato in Svizzera ove ebbe modo di organizzare vari corsi per i militari che si trovavano nella sua stessa situazione: sia di alfabetizzazione che a livello secondario e universitario presso le Università di Losanna e di Neuchatel.
Ritornato in Italia nel '45 tenne vari corsi per reduci presso il Politecnico di Milano. Negli anni dal '47 al '49 ebbe l'incarico di Geometria presso lo stesso Politecnico mentre, dal '50 al '53, tenne il medesimo corso presso l'Università. Nel 1952 divenne libero docente in "Geometria analitica con elementi di proiettiva e geometria descrittiva con disegno". Dal 1953 al 1966 fu professore di ruolo di Geometria presso l'Accademia Aeronautica di Nisida, ma nel 1966 si dimise preferendo tornare all'Università degli Studi di Milano a occuparvi – come professore aggregato – la cattedra di Matematiche complementari.
Nel 1972 vinse il concorso per professore di ruolo di Geometria e passò alla cattedra di Geometria del Politecnico. Nel 1975 si trasferì all'Università sulla cattedra di Geometria e infine nel 1979 passò a quella di Matematiche elementari dal punto di vista superiore presso la stessa facoltà di Scienze.
In tutti quegli anni accademici tenne anche corsi di Logica matematica, di Critica dei principi e di Didattica della matematica.
La sua attività scientifica si è svolta in vari settori (Geometria algebrica e Topologia nel senso classico, Geometria differenziale), ma la sua produzione è soprattutto importante nell'ambito della Didattica della matematica. È opportuno ricordare almeno i due volumi di "Matematiche Elementari dal punto di vista superiore" che riproducono il corso per la preparazione degli insegnanti che egli tenne a Napoli nel 1955-56 e i tre volumi di "Matematiche elementari".
Su mandato dell'UMI fu il coordinatore della traduzione dello School Matbematics Project (Un progetto per l'insegnamento della matematica), che la casa editrice Zanichelli pubblicò negli anni 1972-77.
Nel 1968 fu nominato membro della CIIM (Commissione per l'Insegnamento della Matematica dell’UMI), mentre dal 1973 al 1980 fu membro della Commissione Scientifica dell'UMI. Condirettore (con Carlo Felice Manara) del Periodico di Matematiche dal 1963 al 1970, fu per lunghi anni un appassionato animatore della “Mathesis” milanese, curando i rapporti fra l'Università e gli insegnanti delle scuole secondarie.
Necrologio: Carlo Felice Manara "In ricordo di un amico: Modesto Dedò" L'insegnamento della matematica e delle scienze integrate, vol.16 n.5/6 maggio/giugno 1993.
D’Ovidio Enrico

Enrico D’Ovidio era nato a Campobasso l'11 agosto 1843; è morto a Torino il 21 marzo 1933.
Studiò a Napoli nello studio privato di Achille Sannia ma ottebbe la laurea, senza esami, solo nel 1869 dopo che già insegnava da alcuni anni alla Scuola di Marina e al Liceo «Umberto». Nel 1872 ottenne, per concorso, la cattedra di Algebra e Geometria analitica all'Università di Torino, dove rimase sino al collocamento a riposo nel 1918. Per qualche tempo insegnò anche, per incarico, Geometria superiore e Analisi superiore. Fu ripetutamente preside della Facoltà, rettore dell'Università (1880-1885), direttore del Politecnico ed anche presidente dell'Accademia delle Scienze.
Enrico D'Ovidio
Gli si riconosce principalmente il merito di aver posto le basi su cui qualche tempo dopo, per opera prevalente di Corrado Segre che fu suo allievo, fu fondata la maggiore scuola geometrica d'Italia. I suoi contributi personali rimangono però ad un livello meno elevato e riguardano le metriche euclidee e non euclidee, le figure dello spazio rigato e soprattutto la teoria delle forme, allora molto in auge, che egli portò anche nell'insegnamento della Geometria analitica.
Nel marzo 1905 fu nominato Senatore del Regno ma correva voce (per sua natura, incontrollabile) che tale nomina fosse effetto di un equivoco e avrebbe dovuto invece riguardare il fratello Francesco (1849-1925), noto filologo, che effettivamente, pochi mesi dopo, venne fatto Senatore anche lui.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e di quelle di Torino, Napoli, ecc. Una via di Torino porta il suo nome.
Necrologio: “Atti Accademia Scienze Torino”, 69 (1933-34), pp. 119-127 (C. Somigliana); Annuario Univiversità di Torino pel 1932-33 (G. Fano).
Colonnetti Gustavo

Gustavo Colonnetti era nato a Torino l'8 novembre 1886; vi è morto il 20 marzo 1968.
Si era laureato in Ingegneria civile nel 1908 e nello stesso anno era stato nominato assistente di Scienza delle costruzioni. L'11 luglio 1911 si laureò anche in Matematica, nella stessa seduta in cui ottenne la laurea Alessandro Terracini (che accenna alla coincidenza nei suoi "Ricordi"). Il 1° dicembre di quell'anno fu nominato professore straordinario di Meccanica applicata nella "Regia Scuola Superiore Navale" di Genova e nel 1914 passò a Pisa in qualità di ordinario. Nel 1918 fu nominato Direttore della "Regia Scuola di Applicazione" di Pisa e tale rimase fino al 1920, quando si trasferì al Politecnico di Torino dove tenne la cattedra di Meccanica tecnica e successivamente di Scienza delle costruzioni. Dal 1° ottobre 1922 e fino al dicembre 1925 fu direttore del Politecnico di Torino, carica che dovette abbandonare per non iscriversi al partito fascista. Nel 1943 espatriò in Svizzera per non sottostare alla Repubblica di Salò e in Svizzera organizzò il cosiddetto "Campo Universitario Italiano", dove più di 200 studenti rifugiati ebbero assistenza morale e materiale e poterono seguire corsi di studio riconosciuti poi in Italia. Rientrato in Italia nel dicembre 1944, fu membro della Consulta e quindi deputato alla Costituente ma soprattutto fu presidente del CNR o, come allora si chiamava, "Consiglio nazionale delle Ricerche e della Ricostruzione" dal 1945 al 1956, contribuendo in maniera determinante alla sua ricostituzione e ristrutturazione.
Gustavo Colonnetti
La sua produzione scientifica si è sviluppata lungo tre filoni fondamentali: la Scienza delle costruzioni, la Teoria matematica dell'elasticità e l'Idrodinamica. Nel primo, oltre a numerose ricerche sperimentali, vanno ricordate le Note (elaborate prima della laurea in Matematica) in cui si espongono alcune costruzioni grafiche originali che vanno inquadrate nell'interesse che allora suscitava la Statica grafica. Le ricerche relative al secondo indirizzo di ricerca sono quelle più importanti e iniziano già con la sua tesi di laurea. In questo settore il primo risultato di rilievo è del 1912 ed è rappresentato dal teorema che egli chiamò "2° teorema di reciprocità" (il primo è quello di Betti) e che ora si chiama spesso "teorema di Colonnetti". Esso è collegato ai teoremi fondamentali dell'Elasticità (di Castigliano, di Menabrea e di Betti) e si dimostra con procedimenti analoghi. Sulle applicazioni e sulle possibili estensioni di questi teoremi Colonnetti è tornato più volte nelle sue ricerche, riassunte nel primo capitolo del trattato "L'équilibre des corps déformables" (Paris, Dunod, 1955) e nel IV cap. della "Memoria Elastoplasticità" (Accademia Pontificia, 1960). Ma la sua attività si è anche estesa in due campi collegati a quello prima accennato: lo studio dei fenomeni di isteresi elastica e quello delle deformazioni plastiche e della loro influenza nel proporzionamento delle travi. Per quanto riguarda il terzo dei settori di ricerca prima accennati, è bene almeno ricordare che in un gruppo di quattro Note del 1911 presentò alcuni sviluppi notevoli sul moto di liquidi perfetti, incompressibili e omogenei.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre sia italiane che straniere, fra cui l'Académie des Sciences de l'Institut de France, della quale fu socio corrispondente dal 1950.
Necrologio: "Celebrazioni Lincee", n. 20, 1969, (G. Supino).
Mineo Corradino

Corradino Mineo era nato a Palermo il 26 luglio 1875; vi è morto il 16 marzo 1960.
Si era laureato nella sua città natale nel 1900 e subito dopo divenne assistente di Geodesia sotto la guida di Adolfo Venturi. Nel 1922 succedette al suo maestro come incaricato e poi, in seguito a concorso, come titolare di Geodesia. Nel 1948 passò (quale professore fuori ruolo) all'insegnamento di Astronomia ma già prima, a partire dagli anni Trenta, era stato incaricato della direzione dell'Osservatorio astronomico di Palermo.
Corradino Mineo
Lascia un centinaio di pubblicazioni, principalmente di Geodesia e di Astronomia, fra cui prevalgono quelle relative alla determinazione del geoide in base a sole misure di gravità e questioni connesse.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e preside della Facoltà di scienze di Palermo.
Nalli Pia

Pia Nalli era nata a Palermo il 10 febbraio 1886; è morta a Catania nel 1964, quasi dimenticata.
Si era laureata in Matematica a Palermo nel 1910, discutendo una tesi assegnatale da Giuseppe Bagnera. Libero docente nel 1914, diventa professore straordinario di Analisi a Cagliari (1921-1923) e successivamente professore ordinario nella stessa sede fino al 1927, quando si trasferisce sulla cattedra di Analisi algebrica di Catania. "La sua aspirazione ad insegnare nella Sua città natale, Palermo, venne sempre frustrata e fu per lei motivo di grande amarezza vedersi preferire matematici di statura ben diversa dalla Sua. Ritiratasi dall'insegnamento, non ebbe dalla Facoltà di Catania, che per trenta anni Ella aveva servito, il riconoscimento della proposta di nomina a Professore Emerito. Ma anche in campo nazionale Pia Nalli fu lasciata nel più completo oblio. Nessuna Accademia pensò di accoglierLa mai fra i suoi membri, mai fu chiamata a giudicare un concorso universitario (...), mai ebbe un incarico di distinzione e di prestigio. D'altra parte Ella possedeva l'orgoglio dell'autentico scienziato di razza, che Le impediva di mendicare i riconoscimenti e le cariche" (Gaetano Fichera). Tutto ciò, malgrado una produzione scientifica di grande rispetto.
Pia Nalli
Aveva esordito con alcune ricerche nell'indirizzo degli studi di Bagnera ma, dove esprime doti di autentica originalità, è negli studi sulla teoria dell'integrale in cui si riallaccia alle fondamentali ricerche di Borel, Lebesgue, de la Vallée Poussin, Vitali e Denjoy. La sua tesi di abilitazione alla libera docenza, “Esposizione e confronto critico delle diverse definizioni proposte per l'integrale definito di una funzione limitata o no”, rivela come la giovane analista "abbia saputo penetrare e profondamente impadronirsi di una materia che a quell'epoca era ancora tutt'altro che assestata ed anzi in via di formazione" (Fichera). Negli anni immediatamente successivi, le sue ricerche riguardano la sommazione delle serie, l’Analisi reale e quella funzionale mentre, dal 1928 in poi, la sua attenzione si sposta decisamente verso il calcolo differenziale assoluto di Ricci e Levi-Civita, con cui intrattiene un vivace scambio epistolare.
Necrologio: Bollettino UMI, (3) vol. XX (1965), n. 6, pp. 544-549 (G. Fichera)
Pincherle Salvatore

Salvatore Pincherle era nato a Trieste l'11 febbraio 1853, morirà a Bologna il 19 luglio 1936.
Dopo gli studi medi compiuti in Francia, nel 1869 si iscrisse all'Università di Pisa, dove si laureò nel 1874. Insegnò per alcuni anni nel Liceo di Pavia ma già nel 1877-78, grazie ad una borsa di studio, potè passare un anno a Berlino (con Karl Weierstrass) che fu veramente decisivo per la sua futura carriera. Tornato in Italia, Pincherle fu inizialmente apprezzato soprattutto come divulgatore della teoria delle funzioni analitiche (secondo Weierstrass) di cui fu subito compresa l'importanza. Vinse così nel 1880 - appena ventisettenne - il concorso per la cattedra di Calcolo infinitesimale all'Università di Palermo e l'anno dopo fu chiamato a Bologna dove sempre rimase, fino al 1928.
Il nome di Pincherle resta legato, assieme a quello di Volterra, alla fondazione di uno dei più importanti capitoli della Matematica del Novecento: l'Analisi funzionale. Restando però troppo fedele allo schema della teoria delle funzioni analitiche secondo Weierstrass, Pincherle passò accanto, senza approfondirli, ai problemi più interessanti del nuovo ramo di Analisi, di cui considerò forse gli aspetti meno fecondi. Comunque, fu fra i primi a studiare approfonditamente la trasformazione di Laplace che, se non avesse già un nome, potrebbe con buon fondamento chiamarsi "trasformazione di Pincherle".
Sia per la sua attività scientifica diretta, sia per la sua cinquantennale attività didattica e la redazione di numerosi trattati, Pincherle appartiene di buon diritto a quella élite di matematici italiani che, nel primo cinquantennio unitario, realizzarono il miracolo di portare l'Italia dalla coda all'avanguardia della Matematica mondiale.
Pur alieno da cariche che lo potessero distogliere dalla scuola e dalla scienza, fu il fondatore (1922) e il primo presidente dell'Unione Matematica Italiana e, nel 1928, presiedette autorevolmente il Congresso Internazionale dei Matematici a Bologna, contribuendo efficacemente a ridare a tali periodici congressi quel carattere genuinamente internazionale che avevano perduto per le conseguenze della prima guerra mondiale.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e di altre accademie, fra cui la Bayerische Akademie che, nel 1933, gli mandò, per iniziativa di Perron, un caloroso messaggio in occasione del suo 80-esimo compleanno. L'Istituto matematico di Bologna è a lui intitolato.
Necrologio: Annali di Matematica, (4) 16 (1937), pp. 1-21 (U. Amaldi); Annuario Scuola Normale Superiore Pisa, (2) 6 (1937), pp. 1-10 (L. Tonelli).