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Galilei Galileo

Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, primogenito di Vincenzo, insigne musicista e teorico della musica. A Firenze, dove la famiglia si trasferisce nel 1574, Galileo riceve un'educazione di stampo prevalentemente artistico e letterario. Nel 1581, spinto dal padre, si iscrive all'Università di Pisa per conseguire la laurea in medicina, ma preferisce seguire i corsi dei maestri aristotelici e, soprattutto, approfondire lo studio della Matematica.
ritratto di Galileo Galilei
È di quegli anni la prima scoperta: la legge dell'isocronismo del moto pendolare, compiuta, secondo il tipico processo galileano, osservando oscillare una lampada nel duomo di Pisa. Nel 1585 lascia Pisa senza conseguire alcun titolo accademico e torna a Firenze. Qui, approfondendo sempre più lo studio dei classici greci, in particolare delle opere di Archimede, giunge alle fondamentali ricerche sul baricentro dei solidi esposte nel “Theoremata circa centrum gravitatis solidorum” (1585) e all'invenzione della bilancetta idrostatica, descritta nell'omonimo trattatello in volgare (1586).
Grazie all'appoggio dell'astronomo e matematico Guidobaldo Dal Monte, ottiene nel 1589 la cattedra di Matematica nello Studio di Pisa. Spinto da una forte insoddisfazione nei confronti della scienza aristotelica, intraprende le ricerche sul moto ed inizia a scrivere il “De motu”, rimasto a lungo inedito. Intanto, in seguito alla morte del padre, che gli lascia la responsabilità della madre, delle due sorelle e del fratello, la sua situazione economica diviene assai difficile. Nel 1592 riesce a farsi assegnare la cattedra di matematica allo Studio di Padova, dove allestisce anche un laboratorio. Vi rimarrà per diciotto anni, gli anni più sereni e felici della sua vita, sebbene le difficoltà economiche lo costringano ancora a impartire lezioni private. Stringe rapporti con gli uomini di cultura più in vista (soprattutto con Paolo Sarpi) e relazioni epistolari con i maggiori scienziati europei: Keplero, Gassendi, Welser.
Vari e ricchi sono gli interessi di questo periodo padovano, come rivelano i titoli delle sue opere: il “Trattato di fortificazione”, la “Breve istruzione dell'architettura militare” e “Le Mecaniche”, il “Trattato della sfera ovvero cosmografia”, e “Le operazioni del compasso geometrico e militare”. Nel frattempo, dalla convivenza con la veneziana Marina Gamba, ha tre figli, due femmine e un maschio.
Giorgio Strehler (a sinistra) e Tino Buazzelli (a destra) nella preparazione dello spettacolo "Vita di Galileo" di B. Brecht
In seguito alla riscoperta e al perfezionamento del cannocchiale, nel 1609 compie il passo decisivo che lo avvia a verificare la validità del sistema copernicano. Rivolgendo lo strumento al cielo e applicandolo all'osservazione dei fenomeni celesti, compie una serie di scoperte (la natura montuosa della luna, l'individuazione dei quattro satelliti di Giove), che all'inizio del 1610 vengono presentate nel “Sidereus Nuncius”. In quello stesso anno scopre gli anelli di Saturno, le macchie solari, le fasi di Venere. Poi, spinto dalla necessità di staccarsi dal retrivo ambiente accademico e dalla possibilità di dedicarsi con maggiore libertà alle sue ricerche, torna a Firenze. Nel 1611, dopo aver ottenuto le adesioni dei maggiori astronomi e matematici del tempo, va ad illustrare le sue scoperte, duramente osteggiate dagli scienziati tradizionalisti, proprio a Roma, dove ottiene l'approvazione dai Gesuiti del Collegio Romano, probabilmente ancora inconsapevoli delle implicazioni del programma galileiano. Ma già si destano i primi sospetti d'eresia da parte dell'Inquisizione.
Galileo, dal canto suo, accentua la polemica antiaristotelica contro la scienza ufficiale. Prima, nel 1612, pubblica, il “Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono”. Poi, nel 1613, entra in polemica diretta con un gesuita nelle tre lettere indirizzate a Marco Welser, edite col titolo “Istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e loro accidenti”. Inoltre, prima di stendere la grande opera sul sistema copernicano del mondo, si trova costretto a porre i limiti tra scienza e fede. Nelle quattro famose “Lettere copernicane” (una a Benedetto Castelli, due a Monsignor Dini, e una più ampia alla granduchessa Cristina di Lorena), viene a rivendicare l'indipendenza della scienza dalla religione e il diritto alla libera ricerca scientifica. Così, nonostante gli amici influenti, il 24 febbraio del 1616, da un decreto del cardinale Bellarmino, Galileo viene ammonito ad astenersi, pena il carcere, dal professare e dall'insegnare la teoria copernicana, in quanto inconciliabile con la fede cattolica.
Profondamente amareggiato, tuttavia saldo nelle proprie convinzioni, riprende la polemica e con “Il Saggiatore” – edito a cura degli Accademici dei Lincei nel 1623 e dedicato al suo vecchio amico, il nuovo papa Urbano VIII – risponde al trattato del gesuita Orazio Grassi, “Libra astronomica ac philosophica” (1618), scritto in occasione della comparsa di tre comete.
Joseph Nicolas Robert-Fleury, "Galileo Galilei di fronte all'Inquisizione in Vaticano nel 1632"
Sulla scia del grande successo conseguito con “Il Saggiatore”, suo capolavoro polemico, e sperando in una maggiore apertura della Chiesa verso la nuova scienza, nel 1624 intraprende la composizione del “Dialogo de' Massimi Sistemi”. Dopo una stesura protratta per anni e dopo vari negoziati ed aggiustamenti per ottenere il permesso di stampa, nel febbraio del 1632, esce questo capolavoro della letteratura scientifica di ogni tempo. Ma la carica rivoluzionaria dell'opera scatena subito la reazione dell'Inquisizione, che sequestra il libro e ordina all'autore di recarsi immediatamente a Roma, dove Galileo viene processato e condannato per aver disobbedito all'ingiunzione del 1616. Nel 1633, dopo cinque mesi, il processo si conclude con la sentenza che proibisce il Dialogo, con l'abiura e con la condanna al carcere formale. Grazie al suo prestigio internazionale e al suo atto di sottomissione, Galileo non viene incarcerato ma relegato, prima a Siena presso l'arcivescovo Ascanio Piccolomini, poi nella villa di Arcetri, presso Firenze.
Vecchio, debilitato e cieco, continua a mantenere rapporti con gli scienziati di tutta Europa; sotto l'occhio vigile dell'Inquisizione riprende e porta a termine il capolavoro in cui vengono gettate le basi della dinamica moderna, il trattato “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica ed i movimenti locali”, edito nel 1638 a Leida.
Vigile e sereno, muore ad Arcetri, nel suo «continuato carcere ed esilio», l'8 gennaio del 1642. Le sue spoglie vengono traslate nella basilica di Santa Croce a Firenze solo nel 1736.
Lauricella Giuseppe

Giuseppe Lauricella era nato ad Agrigento il 15 dicembre 1867; è morto a Catania il 9 gennaio 1913 per scarlattina contratta assistendo il figlio ammalato.
Laureatosi a Pisa, dove ebbe come maestri Bianchi, Dini e Volterra, nel 1892 fu assistente in quell'Università per un anno, insegnando poi dal 1895 al 1898 negli Istituti tecnici. Nel 1898 fu nominato, in seguito a concorso, professore di Calcolo infinitesimale all'Università di Catania. Nel 1910 fu chiamato a Roma ma vi rimase un solo anno avendo voluto (già nel 1911) tornare a Catania.
E’ autore di una sessantina di lavori di Analisi e di Fisica matematica. Oggi è particolarmente ricordata una sua condizione per la "chiusura" di un sistema di funzioni ortogonali.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei.
Necrologio: Boll. Mathesis, 5 (1913), pp. 34-40 (L. Silla).
Agnesi Maria Gaetana

Nasce a Milano il 16 maggio 1718 in una famiglia facoltosa di commercianti della seta. Il padre, Pietro, apparteneva alla ricca borghesia milanese, che in quegli anni investiva le ricchezze familiari nel tentativo di elevare il proprio casato al rango patrizio tramite un generoso mecenatismo per le arti e le scienze.
In tale contesto, le figlie Maria Gaetana e Maria Teresa (1720-1795) vengono avviate fin da giovanissime allo studio delle lingue, la prima, al canto ed al clavicembalo, la seconda, e iniziano presto ad esibirsi nel salotto di famiglia. Qui si radunavano parecchi esponenti dell'illuminismo cattolico lombardo legati al movimento di riforma di Antonio Ludovico Muratori (1672-1750) e appoggiato da papa Benedetto XIV. Impegnati in una campagna per un nuovo rigore morale e per la partecipazione attiva dei fedeli alla società civile, questi ecclesiastici si proponevano di armonizzare ragione e fede anche attraverso l’introduzione delle nuove teorie scientifiche (il sistema newtoniano e il calcolo infinitesimale).
ritratto di Maria Gaetana Agnesi
La giovane Maria Gaetana si forma in questo ambiente. Prosegue la sua educazione con i migliori istitutori privati leggendo gli autori classici e testi di filosofia, di etica e di fisica. Nel 1738 pubblica una raccolta di “Propositiones philosophicae”, dove le scienze vengono presentate secondo una prospettiva apologetica e dove solo le Matematiche consentono una “conoscenza certa” e una “contemplazione intellettuale” infusa di spirito religioso. Nello stesso periodo si accentua la sua vena mistica, e si dedica sempre più alla meditazione ed alla vita spirituale. L'anno successivo manifesta la volontà di abbandonare l’attività mondana e la frequentazione dei salotti per prendere i voti: di fronte alle resistenze paterne la giovane acconsente ad un compromesso che le permetta di vivere un’esistenza ritirata senza entrare in convento, ma prestando opera di assistenza presso il reparto femminile dell’Ospedale Maggiore di Milano.
È del 1740 l’incontro con il monaco olivetano Ramiro Rampinelli (1697-1759), docente di Matematica a Padova. Già dal 1735 l’Agnesi si era dedicata allo studio del manuale di calcolo differenziale del marchese de L'Hôpital con l’intenzione di scriverne un commento ad uso didattico. Sotto la guida di Rampinelli affronta i lavori dei matematici italiani cultori del calcolo infinitesimale ed entra in contatto con Jacopo Riccati (1676-1754). Nel 1748 pubblica i due volumi delle “Instituzioni analitiche per uso della gioventù italiana”: come indica il titolo, l’intento dell’autrice è divulgativo e didattico. Qui vi veniva discussa la curva detta Versiera, come la scienziata la battezzò nel 1748. Scrisse anche un commento a Traite analytique des sections coniques du marquis de l'Hôpital che, nonostante l'apprezzamento mostrato dai pochi lettori del manoscritto, non fu mai pubblicato.
Socia di varie accademie scientifiche, nel 1748 viene aggregata all’Accademia delle scienze di Bologna. Papa Benedetto XIV le fa assegnare nel 1750 l’incarico di lettrice onoraria di matematica all’Università di Bologna, che negli stessi anni vede tra i suoi docenti anche la fisica Laura Bassi (1711-1778). Ma nel 1752, alla morte del padre, abbandona l’attività scientifica per dedicarsi alle opere caritatevoli ed al raccoglimento spirituale: pochi anni dopo lascia il palazzo di famiglia e si trasferisce presso le stanze dell’Ospedale Maggiore. Su richiesta dell’arcivescovo di Milano, assume nel 1771 la direzione del reparto femminile del Pio Albergo Trivulzio. Muore il 9 gennaio 1799.
Ricci-Curbastro Gregorio

Era nato a Lugo (Ravenna) il 12 gennaio 1853; è morto a Bologna il 6 agosto 1925.
Studiò nelle Università di Roma e Bologna, laureandosi poi a Pisa nel 1875. In quest'ultima Università fu poi assistente di Ulisse Dini. Dopo un periodo di perfezionamento in Germania con Felix Klein, nel 1880 divenne professore straordinario di Fisica matematica all'Università di Padova, dove dieci anni dopo passò sulla cattedra di Algebra. Gli fu due volte negato (1887 e 1901) il "Premio Reale" dell'Accademia dei Lincei.
Gregorio Ricci-Curbastro
Il principale merito scientifico di Ricci è la creazione del Calcolo differenziale assoluto che costituirà, anche grazie alla collaborazione del suo allievo Levi-Civita con il quale scrisse un lavoro (1900) ormai classico, uno strumento indispensabile per la formulazione della teoria generale della Relatività. Prima però di tale affermazione, il nuovo metodo - di cui venivano indicate solo applicazioni affrontabili anche per altre vie - non incontrò molto favore e ciò spiega l'insuccesso di Ricci nelle due edizioni prima citate del "Premio Reale". Oggi, il "Calcolo" di Ricci si è fuso con quello tensoriale, svincolando quest'ultimo dall'uso esclusivo delle coordinate cartesiane.
Ricci-Curbastro lascia una sessantina di lavori, relativi a un paio su progetti di opere idrauliche.
Socio dell'Accademia dei Lincei e di altre Accademie, fu pure consigliere provinciale di Lugo e consigliere comunale e assessore (di parte cattolica) a Padova.
Necrologio: Memorie Lincei, (6) 1 (1926), pp. 555-564 (T. Levi-Civita); Onoranze a cura del Liceo Scient. «Gregorio Ricci-Curbastro» di Lugo (Faenza, 1954). Questo fascicolo contiene, fra l'altro i discorsi commemorativi di B. Finzi e F. Severi; F. Toscano, Il genio e il gentiluomo. Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività generale, Milano, Sironi, 2004.
Agostinelli Cataldo

Cataldo Agostinelli era nato a Ceglie Messapico (Brindisi) il 16 dicembre 1884 e morì a Torino il 18 gennaio 1988.
Si era laureato (1920) in Ingegneria meccanica al Politecnico di Torino e in Matematica (1930). Dapprima svolse attività tecnica, poi (1931-38) fu ordinario di Meccanica nel Regio Istituto Industriale "Omar" di Milano. Libero docente di Meccanica razionale dal 1935, fu incaricato di tale materia nelle Università di Torino e di Modena. Nel 1940 fu primo ternato (gli altri furono Maria Pastori e Giovanni Lampariello) al concorso per la cattedra di Meccanica razionale dell'Università di Messina: fu chiamato a Catania da dove, nell'immediato dopoguerra, ottenne il trasferimento a Torino.
Fu autore di 218 lavori e di numerosi trattati in diversi settori che comprendono la Dinamica dei sistemi rigidi , la Meccanica celeste, la Dinamica dei sistemi non olonomi e la Magnetofluidinamica su cui scrisse (1966), per incarico del C.N.R., un'ampia monografia nella quale si trovano anche trattate le onde magnetofluidodinamiche, i vortici e la teoria del plasma.
Fu socio dell'Accademia del Lincei, Presidente dell'Accademia delle Scienze di Torino e socio di numerose altre Accademie Locali.
Necrologio: "Boll. U.M.I." s. VII vol. IIA (1989) n. 3, pp. 353-369, a cura di A. Pignedoli.
Valabrega Gibellato Elda

Elda Valabrega Gibellato era nata a Torino il 12 febbraio 1924; vi è morta il 14 dicembre 1993.
Dopo aver compiuti gli studi medi presso il Liceo "Cavour" di Torino, si era laureata in Matematica e Fisica nel 1946 col massimo dei voti e la lode discutendo una tesi di Analisi superiore. Passata all'insegnamento medio, era rientrata all'Università quale assistente ordinario di Matematiche complementari nel periodo 1950-1958. Subito dopo, pur mantenendo il posto di ordinario di Matematica e Fisica presso l'Istituto Commerciale "Quintino Sella" di Torino, aveva contemporaneamente esercitato le funzioni di Professore incaricato presso quell'Ateneo: di "Esercitazioni di Matematica per i Chimici" e poi di "Matematiche elementari dal punto di vista superiore”.
La sua attività scientifica riguarda sia i temi di ricerca in Analisi sviluppati sotto la guida del suo maestro Ascoli, sia la Storia della Matematica e, soprattutto, l'ambito didattico in cui aveva pubblicato numerosi articoli e manuali scolastici e universitari.
Era stata Presidente della Mathesis torinese dalla morte di Tullio Viola (1985) fino al 1992.
Riccati Vincenzo

Appartenente ad una famiglia di matematici e poligrafi, Vincenzo è il maggiore dei figli di Jacopo Riccati (1676-1754), gli altri fratelli sono Giordano (1709-1790) e Francesco (1718-1791). Poligrafi in quanto i Riccati furono studiosi molto versatili e scrissero note e libri importanti su argomenti tra i più disparati: dalla Matematica all'Architettura, dalla Fisica alla Filosofia, dall'idraulica alla Letteratura, dall'Economia alla Storia, dalla Teoria musicale alla Teologia.
Vincenzo, nato a Castelfranco Veneto l'11 gennaio 1707, iniziò a dieci anni gli studi presso il Collegio di San Francesco Saverio di Bologna, retto dai gesuiti. Nel 1726 entrò, come aspirante, nel “Noviziato” di Piacenza della Compagnia di Gesù. Passò poi al Collegio di Padova dove si dedicò allo studio e all'insegnamento poi, nel 1734, si spostò prima a Parma, dove iniziò lo studio della Teologia e successivamente nell'Istituto di Sant'Ignazio a Roma. A partire dal 1739 rientrò a Bologna dove il il 2 febbraio 1741 prese i voti e insegnò per quasi trent'anni, fino alla soppressione nel 1773 della Compagnia. Tra i suoi allievi il più noto è il matematico ferrarese Gian Francesco Malfatti (1731-1807).
ritratto di Vincenzo Riccati
Il principale ambito delle ricerche di Vincenzo è l'Analisi ed in particolare la risoluzione di alcuni tipi particolari di equazioni differenziali (si veda il breve ma vivace trattatello “De usu motus tractorii in constructione Aequationum Differentialium Commentarius”, pubblicato a Bologna, presso la Tipografia di Lelio della Volpe nel 1752). Classica è poi la presentazione, completa e organica, dell'Analisi matematica contenuta nei due volumi, scritti a quattro mani col suo allievo Girolamo Saladini (1731-1813), delle “Institutiones Analyticae” (Bologna, 1765-1767), poi tradotti in volgare dal solo Saladini (Istituzioni Analitiche del Co. Vincenzo Riccati, compendiate da Girolamo Saladini, Canonico della Metropolitana, Bologna 1776).
Vincenzo Riccati è morto a Treviso il 17 gennaio 1775.
Bianchi Luigi
Era nato a Parma il 18 gennaio 1856; è morto a Pisa il 6 giugno 1928.
Fu allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa dove si laureò nel 1877 avendo avuto maestri, fra gli altri, Enrico Betti e Ulisse Dini. Dopo due anni di perfezionamento in Germania (a Monaco e a Göttingen, con Felix Klein) tornò a Pisa come professore incaricato all'Università e alla Scuola Normale e poi (dal 1886) come professore di Geometria analitica all'Università.
ritratto di Luigi Bianchi
Luigi Bianchi è stato indubbiamente uno dei maggiori matematici italiani dell'Italia unita. Le sue opere, che nell'edizione a cura dell'UMI occupano più di 10 volumi, concernono principalmente la Geometria differenziale e la Teoria dei numeri, nonché varie altre questioni di Analisi. Universalmente note sono le "formule di Bianchi" in Geometria differenziale. Inoltre, tanto i suoi lavori originali quanto i suoi numerosi trattati (quello classico di Geometria differenziale nonché quelli sui gruppi di sostituzioni, le funzioni ellittiche etcc.) sono scritti in forma così chiara ed elegante che invogliano a continuarne la lettura.
"Era uomo dotato di una forte vis comica che sapeva narrare un episodio o scolpire il carattere di un uomo con poche, incisive parole. Fu amatissimo dai suoi allievi, fra i quali G. Fubini e W. Blaschke" (Tricomi).
Fu socio dell'Accademia nazionale dei Lincei e delle altre principali accademie d'Italia. Poco prima della morte fu nominato Senatore del Regno. È sepolto nel Cimitero Monumentale di Pisa.
Necrologio: "Rendiconti Lincei", (6) 10 (1929) Supplemento: pp. XXXIV-XLIV (G. Fubini); "Annali di Matematica", (4) 6 (1928-29), pp. 45-83 (G. Fubini); "Rendiconti Seminario Torino", 16 (1956-57), pp. 115-157 (P. Vincensini).
Picone Mauro

Mauro Picone era nato a Palermo il 2 maggio 1885; è morto a Roma l'11 aprile 1977.
Il padre era un ingegnere minerario che la crisi dello zolfo siciliano spinse a cambiare mestiere e a dedicarsi all'insegnamento di Topografia (fra l'altro ad Arezzo e Parma, i luoghi dove Picone compì gli studi secondari). Vinto nel 1903 il concorso per l'ammissione alla “Normale”, frequenta i corsi di Ulisse Dini e Luigi Bianchi e resta "particolarmente affascinato dalla forza d'ingegno matematico di Eugenio Elia Levi, appena di due anni più anziano di lui, ma già affermatosi come ricercatore di levatura eccezionale" (Cimmino). Si laurea nel 1907 e resta a Pisa fino al 1913 quale assistente di Dini. Va poi a Torino – dove si ricongiunge alla famiglia – quale assistente di Meccanica razionale e di Analisi al Politecnico (con Guido Fubini) restandovi fino alla prima guerra. Dopo l'impegno di guerra, nel 1919 viene chiamato quale professore incaricato di Analisi a Catania, dove ritorna nel 1921 come titolare (dopo una breve parentesi a Cagliari). Successivamente, dopo una breve permanenza a Pisa nel 1924-25, passa a Napoli e quindi (nel '32) a Roma, dove resterà fino al collocamento a riposo nel 1960.
Alla formazione della personalità scientifica di Picone hanno contribuito sostanzialmente i due periodi più importanti della sua giovinezza: gli studi pisani e l'esperienza bellica. A loro si devono gli elementi costitutivi della sua produzione scientifica, ricca di quasi trecento lavori: da un lato, il gusto per l'astrattezza e la “generalità”; dall'altro, la convinzione profonda dell'importanza di risolvere numericamente problemi matematici sorti da esigenze concrete. Così, durante gli anni napoletani, Picone dà vita a un laboratorio di Analisi numerica che, malgrado i limitati mezzi di calcolo automatico allora disponibili, può considerarsi il prototipo degli innumerevoli Istituti analoghi poi diffusisi in tutto il mondo. Il piccolo istituto napoletano divenne poi, negli anni romani, l'"Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo" (1932) del C.N.R., che nel 1955 fu uno dei primi due Centri italiani a essere dotato di un calcolatore elettronico e che dal 1975 porta il suo nome. L'originale creazione dell'INAC può servire a spiegare, secondo Tricomi, "come un professore non dotato di eccezionali qualità didattiche, abbia potuto divenire in breve il più illustre capo scuola della Matematica italiana, dalla cui fucina sono direttamente o indirettamente usciti almeno i tre quarti dei professori di Analisi delle università italiane, e non – si badi bene – per manipolazioni sottobanco, bensì per autentici meriti, confermati dai giudizi dei “posteri contemporanei”: i colleghi stranieri".
(da sinistra) Mauro Picone e Renato Caccioppoli
È infatti merito grande di Picone essere riuscito a creare un centro di raccolta dei più promettenti ingegni matematici, che trovarono nell'INAC una possibilità di lavoro o di integrazione di stipendi piuttosto magri e nel suo Direttore "un Maestro pieno di comunicativo entusiasmo che sapeva spingerli, eventualmente anche con durezza, sulle ardue vie della scienza, ma trovava per loro sempre appropriati temi di ricerca in campi importanti e si compiaceva dei loro successi anche più che se fossero propri" (Tricomi). Impossibile sintetizzare i risultati dei vari filoni della sua multiforme attività di ricerca (ricca, secondo Tricomi, "di contributi abbondanti ma non eccelsi") che, a parte alcune tematiche legate alla Geometria differenziale classica, ruota sostanzialmente sulle equazioni differenziali (ordinarie e alle derivate parziali) e sul Calcolo delle variazioni. Tra i suoi risultati più noti c'è la famosa “identità di Picone” (contenuta nella sua tesi d'abilitazione del 1910) per le equazioni differenziali ordinarie lineari del secondo ordine, dipendenti da un parametro, ripetutamente citata e apprezzata per la semplicità e il grande numero di risultati cui porta in diverse situazioni. Un altro gruppo di pubblicazioni riguarda temi prevalentemente didattici (funzioni additive di campo, teorema di Green, integrale di Riemann e di Lebesgue) o, comunque, interventi su alcune proposizioni da correggere, precisare o provare con una dimostrazione più rigorosa e al tempo stesso più semplice. In questa rapida rassegna, non può mancare l'accenno a un tema che, dopo il calcolo approssimato delle soluzioni, caratterizzerà la produzione di Picone negli anni '30: la maggiorazione a priori delle soluzioni di equazioni, sia ordinarie sia alle derivate parziali.
Innumerevoli anche i riconoscimenti accademici: Premio Reale dei Lincei (1938), Medaglia d'oro dei Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte, ecc. Era membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Accademia dei XL, della Pontificia Accademia delle Scienze e di moltissime altre (sia italiane che estere).
Necrologio: Atti della Accademia delle Scienze di Torino, vol. 111, fasc. V-VI (sett.-dic. 1977), pp. 573-576 (F.G. Tricomi); Bollettino UMI, (5) vol. XV-A (1978), n. 1, pp. 261-277 (G. Cimmino).
Avondo-Bodino Giuseppe

Giuseppe Avondo-Bodino era nato a Villa del Bosco (Vercelli) il 13 luglio 1920; è morto a Milano il 2 aprile 1982.
Si era laureato in Matematica nel 1948. Aveva anche superato tutti gli esami del corso di laurea in Fisica e già redatto la tesi, ma non la discusse per una diversità di punti di vista con il relatore. Insegnante di Matematica e Fisica nei licei, nel 1970 vinse la cattedra di Matematica generale presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino. Insegnò anche a Milano (Università Bocconi e Facoltà di Scienze Politiche dell'Università) e ad Ancona.
Giuseppe Avondo-Bodino
La sua produzione scientifica (45 pubblicazioni) comprende contributi che riguardano prevalentemente la Statistica, le applicazioni del Calcolo delle Probabilità ai problemi di decisione e la Matematica finanziaria e attuariale. Il suo nome è legato soprattutto alla fondazione della società per le "Applicazioni della Matematica alle Scienze Economiche e Sociali" (A.M.A.S.E.S.), di cui fu anche il primo segretario e direttore della relativa rivista.