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Gambioli Dionisio

Era nato a Pergola (Pesaro) l'11 settembre 1858; è morto a Roma il 4 novembre 1941.
Insegnò in varie scuole medie e, da ultimo, all'Istituto tecnico di Roma. Pubblicò qualche lavoro di Algebra. Tradusse in italiano la storia delle matematiche moderne di Rouse-Ball, aggiungendovi un'ampia appendice (159 pp.) con notizie su molti matematici italiani. Tradusse anche altre opere, per esempio i Principi della Meccanica di Mach.
Collaborò con V. Volterra e G. Loria nella pubblicazione delle opere di Fagnano. E’ anche autore di un "Breve sommario di storia delle matematiche" (seconda ed., Palermo 1929).
del Ferro Scipione

Scipione del Ferro, nato a Bologna il 6 febbraio 1465, viene detto lo scopritore del metodo risolutivo per le equazioni di terzo grado considerate nella forma x3+px=q.
Lettore nello Studium di Bologna dal 1496, scoprì nel 1505 il metodo per ottenere le soluzioni di queste equazioni ma lo tenne nascosto. Così, sfruttando la segretezza della formula, stupiva pubblico e colleghi nelle sfide matematiche che si tenevano in quel periodo sotto il portico della Chiesa di Santa Maria dei Servi a Bologna. Grazie a queste sfide, aumentò il suo prestigio e iniziò a godere della protezione dei nobili del tempo.
Prima della morte, avvenuta a Bologna il 5 novembre 1526, rivelò la formula ad un suo studente, Antonio Maria Fior. Da questo momento inizia un'avvincente storia che coinvolgerà i più importanti matematici del tempo. Venuto a sapere dell'esistenza di una soluzione, Nicolò Tartaglia fu stimolato a ricavarla da sé e nel 1541 venne in possesso del metodo generale. Organizzò allora una gara matematica con Fior che lo vide vincitore.
In seguito alla sfida Gerolamo Cardano invitò Tartaglia e, con la promessa di fargli incontrare un mecenate, si fece comunicare la soluzione (sia pure in un’oscura forma poetica) con l’impegno di mantenerla segreta. Questo avveniva nel 1539. Nonostante l’impegno preso, Cardano pubblicò la sua versione del metodo di Tartaglia nell'opera "Ars Magna". Tartaglia protestò per il mancato mantenimento della promessa e nacque una forte controversia soprattutto con Lodovico Ferrari, allievo di Cardano.
Minich Serafino Raffaele

Era nato a Venezia, da famiglia dalmata, il 5 novembre 1808; è morto a Padova il 29 maggio 1883.
Laureatosi a Padova nel 1829, nel 1830 fu nominato assistente e nel '34 supplente di Introduzione al Calcolo nell'Università di Padova in cui, nel 1842, fu nominato ordinario di Analisi algebrica e infinitesimale. Fu più volte rettore dell'Università di Padova e deputato al Parlamento per Venezia.
Lasciò un centinaio di lavori riguardanti principalmente l'Analisi, la Geometria differenziale e la Meccanica razionale. Si occupò però anche di altri svariati argomenti e nel 1837 volle anche laurearsi in Filosofia. Uno dei suoi lavori più notevoli concerne l'integrazione delle equazioni differenziali lineari non omogenee.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei e dell'Istituto Veneto.
Necrologio: Atti Ist. Veneto, (6) 1 (1884), pp. 1095-1173 (A. Favaro).
Veneroni Emilio

Era nato a Milano il 5 novembre 1874; è morto il 18 giugno 1927.
Laureato in Matematica a Pavia nel 1897, fu professore all'Istituto Tecnico di Pavia e libero docente e incaricato in quell'Università. Fu altresì ispettore delle scuole medie.
Fu autore di alcune Note di Geometria pubblicate nei “Rendiconti” del Circolo matematico di Palermo.
Bellavitis Giusto

Era nato a Bassano (Vicenza) il 22 novembre 1803, da famiglia nobile ma povera; è morto a Tezze (Vicenza), il 6 novembre 1880.
Autodidatta, dopo essere stato a lungo impiegato comunale, nel 1843 fu nominato professore di Matematica al Liceo di Vicenza e nel 1845 all'Università di Padova, dove sempre rimase, ricevendo la laurea in Matematica, ad honorem, quando era già professore ordinario.
Autore di un centinaio di pubblicazioni sui soggetti più diversi, non solo matematici, è oggi soprattutto ricordato per il suo "metodo delle equipollenze": una forma di calcolo geometrico nel piano, per cui lo si può considerare come uno dei precursori della teoria dei vettori. Non comprese, anzi avversò, i nuovi indirizzi geometrici (Geometrie non-euclidee etc.) affermatisi nei suoi tardi anni.
Socio dell'Accademia dei Lincei e di altre, fu Senatore del Regno dopo il 1866.
Necrologio: "Bulletin Sciences Mathém.", (2) 4 (l880), pp. 343-380 (A. Laisant); "Atti Accad. Pontaniana", 15 (1883), pp. 5-13 (G. Torelli).
Vacca Giovanni Enrico Eugenio

Era nato a Genova il 18 novembre 1872; è morto a Roma il 6 gennaio 1953.
Laureatosi in Matematica a Genova nel 1897, dal '97 al 1905 fu, salvo un'interruzione, assistente di Peano a Torino, di cui divenne un seguace, non dei meno fanatici, mantenendo però autonomia di pensiero e un amplissimo campo d'interessi culturali. Nel 1905-07, a Firenze, sotto la guida di Puini, cominciò ad interessarsi della Cina e della lingua cinese, forse perchè gli ideogrammi di questa potevano riattaccarsi alla logica simbolica di Peano. Dopo un lungo viaggio in Cina, nel 1910 divenne libero docente e incaricato di Storia e Geografia dell'Asia Orientale all'Università di Roma e nel 1921 divenne titolare di questa disciplina all'Università di Firenze. Trasferito a Roma nel 1923, vi rimase sino al collocamento a riposo e alla morte.
Vacca, oltre che di questioni sinologiche e anche di mineralogia, si occupò prevalentemente di Storia e Filosofia delle Matematiche, sostenendo, a differenza di altri peaniani, una concezione «platonica» di esse, cioè considerando le verità matematiche come qualcosa di esistente a priori, indipendentemente dallo studioso che le indaga. Si interessò, fra l'altro, del grande teorema di Fermat - che sperava di poter dimostrare - e della costante di Eulero-Mascheroni.
Necrologio: “Bollettino UMI”, (3) 8 (1953), pp.448-456 (E. Carruccio).
Mascheroni Lorenzo

Lorenzo Mascheroni, nato a Bergamo il 13 maggio 1750, è noto per i suoi contributi in Analisi e Geometria e per aver dimostrato che i problemi risolubili con riga e compasso possono essere in realtà risolti solo con il compasso.
Mascheroni ricevette un'educazione cattolica e sin da giovane venne indirizzato alla carriera ecclesiastica, divenne abate a 17 anni e sacerdote a 24. Dopo un periodo come insegnante decise di dedicarsi alle scienze sperimentali e all'Analisi matematica. Nel 1775 venne ammesso all'Accademia degli Eccitati di Bergamo e qui studiò Logica, Metafisica e Fisica. Nell'84 divenne lettore di Fisica e Fisica Sperimentale. Poco dopo pubblicò il volume matematico sulla statica delle strutture ad arco "Nuove ricerche sull’equilibrio delle volte" fornendo contributi originali alla teoria della statica delle strutture. Successivamente pubblicò alcuni testi di Analisi e Geometria. Nel 1786 ottenne la cattedra di Algebra e Geometria all'Università di Pavia dove entrò in contatto con Lazzaro Spallanzani e Alessandro Volta e divenne, a tutti gli effetti, uno dei principali scienziati illuministi. Dal 1788 al '91 fu capo dell'Accademia pavese degli Affidati e per i suoi meriti scientifici venne nominato membro dell'Accademia di Padova, di quella Reale di Mantova e della Società Italiana delle Scienze.
Lorenzo Mascheroni
Mascheroni contribuì a divulgare in Italia la teoria del calcolo infinitesimale pubblicando nel 1790 "Adnotationes ad calculum integrale Euleri" dove calcolò le prime 32 cifre dello sviluppo decimale della costante che verrà poi detta di Eulero-Mascheroni, che compare in Teoria dei numeri e Analisi matematica. Nel 1797 pubblicò la "Geometria del compasso".
Napoleone, durante la campagna d'Italia, incontrò Mascheroni e lesse il suo libro sul calcolo integrale. Tornato a Parigi ne parlò con Lagrange e Laplace e il libro di Mascheroni fu tradotto immediatamente in francese. Fra gli storici della Matematica vi è un acceso dibattito su alcuni teoremi di Geometria attribuiti a Napoleone ma probabilmente dovuti a Mascheroni stesso.
Mascheroni si interessò anche di politica e nel 1797 fu eletto deputato della Repubblica Cisalpina e inviato a Parigi nel 1798 per partecipare alla commissione incaricata di stabilire definitivamente la lunghezza del metro. Il 10 dicembre 1799 la commissione terminò i lavori ma, a causa dell'occupazione austriaca a Milano, Mascheroni dovette restare a Parigi. Qui, in seguito a una breve malattia, morì il 14 luglio 1800.
Enriques Federigo

Federigo Enriques nasce a Livorno il 5 gennaio 1871. Morirà a Roma il 14 giugno 1946.
Si laurea giovane nel 1891, in Matematica quale allievo della “Normale” di Pisa. Dopo il consueto anno di perfezionamento per conseguire l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole superiori, passa un periodo di apprendistato alla ricerca geometrica a Roma e a Torino. Nel 1893 è nominato professore incaricato all'Università di Bologna e già tre anni dopo ottiene per concorso la piena titolarità della cattedra di Geometria proiettiva e descrittiva. Nel 1922 è chiamato all'Università di Roma, dove rimane sino alla morte, salvo la parentesi delle persecuzioni razziali (1938-44) dalle quali riuscì indenne grazie all'aiuto di amici, colleghi e allievi.
Enriques e Einstein a Bologna nel 1921
Accanto a Corrado Segre, Guido Castelnuovo (suo cognato, avendone sposato la sorella) e Francesco Severi, Enriques è considerato il fondatore della scuola italiana di Geometria algebrica a cui ha apportato contributi di capitale importanza. Già nel 1893 e nel 1896 aveva pubblicato due fondamentali Memorie che contengono le premesse di una teoria organica delle superfici algebriche. Dalla collaborazione con Castelnuovo nasce poi una loro classificazione molto semplice con l’eliminazione di casi particolari. In due Note del 1914, Enriques espone i risultati pressoché definitivi: le superfici vengono suddivise in classi di equivalenza birazionali in funzione dei valori assunti dai plurigeneri e dal genere numerico. Grazie ad una “infezione filosofica” contratta al Liceo e alle vivaci discussioni pisane con i colleghi, aveva ben presto riconosciuto il carattere sostanzialmente storico della evoluzione scientifica, ed è perciò anche ricordato per gli importanti contributi da lui dati alla storia della Matematica e del pensiero scientifico e filosofico. Enriques è stato così presidente della neonata Società Filosofica Italiana e fondatore della importante rivista di divulgazione Scientia, oltre che capace e intelligente organizzatore del Congresso internazionale di Filosofia tenutosi esattamente cento anni fa a Bologna nel 1911 e per il quale ebbe una dura polemica con Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Ugualmente rilevante è stata la sua attività nel campo della didattica della Matematica, sviluppata sia con le opere originali sia attraverso la quasi ventennale direzione del Periodico di Matematiche.
Un cenno merita anche l'attività espletata da Enriques nel campo dell'editoria matematica, iniziata con le celebri Questioni sulle Matematiche elementari e con manuali scolastici (in collaborazione con Ugo Amaldi) ancora in circolazione. Fra i volumi, eccellono alcune fondamentali Memorie di Geometria algebrica, i quattro sulla Teoria geometrica delle equazioni algebriche (in collaborazione con Oscar Chisini), i volumi sulle superfici algebriche e sulle superfici razionali (con Luigi Campedelli e con Fabio Conforto), la Storia del pensiero scientifico (in collaborazione con Giorgio De Santillana) e, infine, il celebre saggio Problemi della scienza del 1906, tradotto in tutte le principali lingue (come anche le sue Lezioni di Geometria proiettiva risalenti già 1894, quand'era appena ventitreenne). Enriques è stato anche direttore della Sezione matematica della Enciclopedia Italiana (1925 – 1937) e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei (dal 1925 al 1938 e dal 1945 alla morte).
Per ulteriori spunti biografici si veda: G. Castelnuovo, Commemorazione lincea tenuta l'11 gennaio 1947 in Rendiconti Lincei, (8) 2 (1947), pp. 3-21 e le commemorazioni in occasione del decennale della morte a cura di F. Severi, G. Sansone e E. Togliatti.
Galilei Galileo

Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, primogenito di Vincenzo, insigne musicista e teorico della musica. A Firenze, dove la famiglia si trasferisce nel 1574, Galileo riceve un'educazione di stampo prevalentemente artistico e letterario. Nel 1581, spinto dal padre, si iscrive all'Università di Pisa per conseguire la laurea in medicina, ma preferisce seguire i corsi dei maestri aristotelici e, soprattutto, approfondire lo studio della Matematica.
ritratto di Galileo Galilei
È di quegli anni la prima scoperta: la legge dell'isocronismo del moto pendolare, compiuta, secondo il tipico processo galileano, osservando oscillare una lampada nel duomo di Pisa. Nel 1585 lascia Pisa senza conseguire alcun titolo accademico e torna a Firenze. Qui, approfondendo sempre più lo studio dei classici greci, in particolare delle opere di Archimede, giunge alle fondamentali ricerche sul baricentro dei solidi esposte nel “Theoremata circa centrum gravitatis solidorum” (1585) e all'invenzione della bilancetta idrostatica, descritta nell'omonimo trattatello in volgare (1586).
Grazie all'appoggio dell'astronomo e matematico Guidobaldo Dal Monte, ottiene nel 1589 la cattedra di Matematica nello Studio di Pisa. Spinto da una forte insoddisfazione nei confronti della scienza aristotelica, intraprende le ricerche sul moto ed inizia a scrivere il “De motu”, rimasto a lungo inedito. Intanto, in seguito alla morte del padre, che gli lascia la responsabilità della madre, delle due sorelle e del fratello, la sua situazione economica diviene assai difficile. Nel 1592 riesce a farsi assegnare la cattedra di matematica allo Studio di Padova, dove allestisce anche un laboratorio. Vi rimarrà per diciotto anni, gli anni più sereni e felici della sua vita, sebbene le difficoltà economiche lo costringano ancora a impartire lezioni private. Stringe rapporti con gli uomini di cultura più in vista (soprattutto con Paolo Sarpi) e relazioni epistolari con i maggiori scienziati europei: Keplero, Gassendi, Welser.
Vari e ricchi sono gli interessi di questo periodo padovano, come rivelano i titoli delle sue opere: il “Trattato di fortificazione”, la “Breve istruzione dell'architettura militare” e “Le Mecaniche”, il “Trattato della sfera ovvero cosmografia”, e “Le operazioni del compasso geometrico e militare”. Nel frattempo, dalla convivenza con la veneziana Marina Gamba, ha tre figli, due femmine e un maschio.
Giorgio Strehler (a sinistra) e Tino Buazzelli (a destra) nella preparazione dello spettacolo "Vita di Galileo" di B. Brecht
In seguito alla riscoperta e al perfezionamento del cannocchiale, nel 1609 compie il passo decisivo che lo avvia a verificare la validità del sistema copernicano. Rivolgendo lo strumento al cielo e applicandolo all'osservazione dei fenomeni celesti, compie una serie di scoperte (la natura montuosa della luna, l'individuazione dei quattro satelliti di Giove), che all'inizio del 1610 vengono presentate nel “Sidereus Nuncius”. In quello stesso anno scopre gli anelli di Saturno, le macchie solari, le fasi di Venere. Poi, spinto dalla necessità di staccarsi dal retrivo ambiente accademico e dalla possibilità di dedicarsi con maggiore libertà alle sue ricerche, torna a Firenze. Nel 1611, dopo aver ottenuto le adesioni dei maggiori astronomi e matematici del tempo, va ad illustrare le sue scoperte, duramente osteggiate dagli scienziati tradizionalisti, proprio a Roma, dove ottiene l'approvazione dai Gesuiti del Collegio Romano, probabilmente ancora inconsapevoli delle implicazioni del programma galileiano. Ma già si destano i primi sospetti d'eresia da parte dell'Inquisizione.
Galileo, dal canto suo, accentua la polemica antiaristotelica contro la scienza ufficiale. Prima, nel 1612, pubblica, il “Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono”. Poi, nel 1613, entra in polemica diretta con un gesuita nelle tre lettere indirizzate a Marco Welser, edite col titolo “Istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e loro accidenti”. Inoltre, prima di stendere la grande opera sul sistema copernicano del mondo, si trova costretto a porre i limiti tra scienza e fede. Nelle quattro famose “Lettere copernicane” (una a Benedetto Castelli, due a Monsignor Dini, e una più ampia alla granduchessa Cristina di Lorena), viene a rivendicare l'indipendenza della scienza dalla religione e il diritto alla libera ricerca scientifica. Così, nonostante gli amici influenti, il 24 febbraio del 1616, da un decreto del cardinale Bellarmino, Galileo viene ammonito ad astenersi, pena il carcere, dal professare e dall'insegnare la teoria copernicana, in quanto inconciliabile con la fede cattolica.
Profondamente amareggiato, tuttavia saldo nelle proprie convinzioni, riprende la polemica e con “Il Saggiatore” – edito a cura degli Accademici dei Lincei nel 1623 e dedicato al suo vecchio amico, il nuovo papa Urbano VIII – risponde al trattato del gesuita Orazio Grassi, “Libra astronomica ac philosophica” (1618), scritto in occasione della comparsa di tre comete.
Joseph Nicolas Robert-Fleury, "Galileo Galilei di fronte all'Inquisizione in Vaticano nel 1632"
Sulla scia del grande successo conseguito con “Il Saggiatore”, suo capolavoro polemico, e sperando in una maggiore apertura della Chiesa verso la nuova scienza, nel 1624 intraprende la composizione del “Dialogo de' Massimi Sistemi”. Dopo una stesura protratta per anni e dopo vari negoziati ed aggiustamenti per ottenere il permesso di stampa, nel febbraio del 1632, esce questo capolavoro della letteratura scientifica di ogni tempo. Ma la carica rivoluzionaria dell'opera scatena subito la reazione dell'Inquisizione, che sequestra il libro e ordina all'autore di recarsi immediatamente a Roma, dove Galileo viene processato e condannato per aver disobbedito all'ingiunzione del 1616. Nel 1633, dopo cinque mesi, il processo si conclude con la sentenza che proibisce il Dialogo, con l'abiura e con la condanna al carcere formale. Grazie al suo prestigio internazionale e al suo atto di sottomissione, Galileo non viene incarcerato ma relegato, prima a Siena presso l'arcivescovo Ascanio Piccolomini, poi nella villa di Arcetri, presso Firenze.
Vecchio, debilitato e cieco, continua a mantenere rapporti con gli scienziati di tutta Europa; sotto l'occhio vigile dell'Inquisizione riprende e porta a termine il capolavoro in cui vengono gettate le basi della dinamica moderna, il trattato “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica ed i movimenti locali”, edito nel 1638 a Leida.
Vigile e sereno, muore ad Arcetri, nel suo «continuato carcere ed esilio», l'8 gennaio del 1642. Le sue spoglie vengono traslate nella basilica di Santa Croce a Firenze solo nel 1736.