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Veneroni Emilio

Era nato a Milano il 5 novembre 1874; è morto il 18 giugno 1927.
Laureato in Matematica a Pavia nel 1897, fu professore all'Istituto Tecnico di Pavia e libero docente e incaricato in quell'Università. Fu altresì ispettore delle scuole medie.
Fu autore di alcune Note di Geometria pubblicate nei “Rendiconti” del Circolo matematico di Palermo.
Bellavitis Giusto

Era nato a Bassano (Vicenza) il 22 novembre 1803, da famiglia nobile ma povera; è morto a Tezze (Vicenza), il 6 novembre 1880.
Autodidatta, dopo essere stato a lungo impiegato comunale, nel 1843 fu nominato professore di Matematica al Liceo di Vicenza e nel 1845 all'Università di Padova, dove sempre rimase, ricevendo la laurea in Matematica, ad honorem, quando era già professore ordinario.
Autore di un centinaio di pubblicazioni sui soggetti più diversi, non solo matematici, è oggi soprattutto ricordato per il suo "metodo delle equipollenze": una forma di calcolo geometrico nel piano, per cui lo si può considerare come uno dei precursori della teoria dei vettori. Non comprese, anzi avversò, i nuovi indirizzi geometrici (Geometrie non-euclidee etc.) affermatisi nei suoi tardi anni.
Socio dell'Accademia dei Lincei e di altre, fu Senatore del Regno dopo il 1866.
Necrologio: "Bulletin Sciences Mathém.", (2) 4 (l880), pp. 343-380 (A. Laisant); "Atti Accad. Pontaniana", 15 (1883), pp. 5-13 (G. Torelli).
Vacca Giovanni Enrico Eugenio

Era nato a Genova il 18 novembre 1872; è morto a Roma il 6 gennaio 1953.
Laureatosi in Matematica a Genova nel 1897, dal '97 al 1905 fu, salvo un'interruzione, assistente di Peano a Torino, di cui divenne un seguace, non dei meno fanatici, mantenendo però autonomia di pensiero e un amplissimo campo d'interessi culturali. Nel 1905-07, a Firenze, sotto la guida di Puini, cominciò ad interessarsi della Cina e della lingua cinese, forse perchè gli ideogrammi di questa potevano riattaccarsi alla logica simbolica di Peano. Dopo un lungo viaggio in Cina, nel 1910 divenne libero docente e incaricato di Storia e Geografia dell'Asia Orientale all'Università di Roma e nel 1921 divenne titolare di questa disciplina all'Università di Firenze. Trasferito a Roma nel 1923, vi rimase sino al collocamento a riposo e alla morte.
Vacca, oltre che di questioni sinologiche e anche di mineralogia, si occupò prevalentemente di Storia e Filosofia delle Matematiche, sostenendo, a differenza di altri peaniani, una concezione «platonica» di esse, cioè considerando le verità matematiche come qualcosa di esistente a priori, indipendentemente dallo studioso che le indaga. Si interessò, fra l'altro, del grande teorema di Fermat - che sperava di poter dimostrare - e della costante di Eulero-Mascheroni.
Necrologio: “Bollettino UMI”, (3) 8 (1953), pp.448-456 (E. Carruccio).
Mascheroni Lorenzo

Lorenzo Mascheroni, nato a Bergamo il 13 maggio 1750, è noto per i suoi contributi in Analisi e Geometria e per aver dimostrato che i problemi risolubili con riga e compasso possono essere in realtà risolti solo con il compasso.
Mascheroni ricevette un'educazione cattolica e sin da giovane venne indirizzato alla carriera ecclesiastica, divenne abate a 17 anni e sacerdote a 24. Dopo un periodo come insegnante decise di dedicarsi alle scienze sperimentali e all'Analisi matematica. Nel 1775 venne ammesso all'Accademia degli Eccitati di Bergamo e qui studiò Logica, Metafisica e Fisica. Nell'84 divenne lettore di Fisica e Fisica Sperimentale. Poco dopo pubblicò il volume matematico sulla statica delle strutture ad arco "Nuove ricerche sull’equilibrio delle volte" fornendo contributi originali alla teoria della statica delle strutture. Successivamente pubblicò alcuni testi di Analisi e Geometria. Nel 1786 ottenne la cattedra di Algebra e Geometria all'Università di Pavia dove entrò in contatto con Lazzaro Spallanzani e Alessandro Volta e divenne, a tutti gli effetti, uno dei principali scienziati illuministi. Dal 1788 al '91 fu capo dell'Accademia pavese degli Affidati e per i suoi meriti scientifici venne nominato membro dell'Accademia di Padova, di quella Reale di Mantova e della Società Italiana delle Scienze.
Lorenzo Mascheroni
Mascheroni contribuì a divulgare in Italia la teoria del calcolo infinitesimale pubblicando nel 1790 "Adnotationes ad calculum integrale Euleri" dove calcolò le prime 32 cifre dello sviluppo decimale della costante che verrà poi detta di Eulero-Mascheroni, che compare in Teoria dei numeri e Analisi matematica. Nel 1797 pubblicò la "Geometria del compasso".
Napoleone, durante la campagna d'Italia, incontrò Mascheroni e lesse il suo libro sul calcolo integrale. Tornato a Parigi ne parlò con Lagrange e Laplace e il libro di Mascheroni fu tradotto immediatamente in francese. Fra gli storici della Matematica vi è un acceso dibattito su alcuni teoremi di Geometria attribuiti a Napoleone ma probabilmente dovuti a Mascheroni stesso.
Mascheroni si interessò anche di politica e nel 1797 fu eletto deputato della Repubblica Cisalpina e inviato a Parigi nel 1798 per partecipare alla commissione incaricata di stabilire definitivamente la lunghezza del metro. Il 10 dicembre 1799 la commissione terminò i lavori ma, a causa dell'occupazione austriaca a Milano, Mascheroni dovette restare a Parigi. Qui, in seguito a una breve malattia, morì il 14 luglio 1800.
Enriques Federigo

Federigo Enriques nasce a Livorno il 5 gennaio 1871. Morirà a Roma il 14 giugno 1946.
Si laurea giovane nel 1891, in Matematica quale allievo della “Normale” di Pisa. Dopo il consueto anno di perfezionamento per conseguire l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole superiori, passa un periodo di apprendistato alla ricerca geometrica a Roma e a Torino. Nel 1893 è nominato professore incaricato all'Università di Bologna e già tre anni dopo ottiene per concorso la piena titolarità della cattedra di Geometria proiettiva e descrittiva. Nel 1922 è chiamato all'Università di Roma, dove rimane sino alla morte, salvo la parentesi delle persecuzioni razziali (1938-44) dalle quali riuscì indenne grazie all'aiuto di amici, colleghi e allievi.
Enriques e Einstein a Bologna nel 1921
Accanto a Corrado Segre, Guido Castelnuovo (suo cognato, avendone sposato la sorella) e Francesco Severi, Enriques è considerato il fondatore della scuola italiana di Geometria algebrica a cui ha apportato contributi di capitale importanza. Già nel 1893 e nel 1896 aveva pubblicato due fondamentali Memorie che contengono le premesse di una teoria organica delle superfici algebriche. Dalla collaborazione con Castelnuovo nasce poi una loro classificazione molto semplice con l’eliminazione di casi particolari. In due Note del 1914, Enriques espone i risultati pressoché definitivi: le superfici vengono suddivise in classi di equivalenza birazionali in funzione dei valori assunti dai plurigeneri e dal genere numerico. Grazie ad una “infezione filosofica” contratta al Liceo e alle vivaci discussioni pisane con i colleghi, aveva ben presto riconosciuto il carattere sostanzialmente storico della evoluzione scientifica, ed è perciò anche ricordato per gli importanti contributi da lui dati alla storia della Matematica e del pensiero scientifico e filosofico. Enriques è stato così presidente della neonata Società Filosofica Italiana e fondatore della importante rivista di divulgazione Scientia, oltre che capace e intelligente organizzatore del Congresso internazionale di Filosofia tenutosi esattamente cento anni fa a Bologna nel 1911 e per il quale ebbe una dura polemica con Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Ugualmente rilevante è stata la sua attività nel campo della didattica della Matematica, sviluppata sia con le opere originali sia attraverso la quasi ventennale direzione del Periodico di Matematiche.
Un cenno merita anche l'attività espletata da Enriques nel campo dell'editoria matematica, iniziata con le celebri Questioni sulle Matematiche elementari e con manuali scolastici (in collaborazione con Ugo Amaldi) ancora in circolazione. Fra i volumi, eccellono alcune fondamentali Memorie di Geometria algebrica, i quattro sulla Teoria geometrica delle equazioni algebriche (in collaborazione con Oscar Chisini), i volumi sulle superfici algebriche e sulle superfici razionali (con Luigi Campedelli e con Fabio Conforto), la Storia del pensiero scientifico (in collaborazione con Giorgio De Santillana) e, infine, il celebre saggio Problemi della scienza del 1906, tradotto in tutte le principali lingue (come anche le sue Lezioni di Geometria proiettiva risalenti già 1894, quand'era appena ventitreenne). Enriques è stato anche direttore della Sezione matematica della Enciclopedia Italiana (1925 – 1937) e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei (dal 1925 al 1938 e dal 1945 alla morte).
Per ulteriori spunti biografici si veda: G. Castelnuovo, Commemorazione lincea tenuta l'11 gennaio 1947 in Rendiconti Lincei, (8) 2 (1947), pp. 3-21 e le commemorazioni in occasione del decennale della morte a cura di F. Severi, G. Sansone e E. Togliatti.
Galilei Galileo

Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, primogenito di Vincenzo, insigne musicista e teorico della musica. A Firenze, dove la famiglia si trasferisce nel 1574, Galileo riceve un'educazione di stampo prevalentemente artistico e letterario. Nel 1581, spinto dal padre, si iscrive all'Università di Pisa per conseguire la laurea in medicina, ma preferisce seguire i corsi dei maestri aristotelici e, soprattutto, approfondire lo studio della Matematica.
ritratto di Galileo Galilei
È di quegli anni la prima scoperta: la legge dell'isocronismo del moto pendolare, compiuta, secondo il tipico processo galileano, osservando oscillare una lampada nel duomo di Pisa. Nel 1585 lascia Pisa senza conseguire alcun titolo accademico e torna a Firenze. Qui, approfondendo sempre più lo studio dei classici greci, in particolare delle opere di Archimede, giunge alle fondamentali ricerche sul baricentro dei solidi esposte nel “Theoremata circa centrum gravitatis solidorum” (1585) e all'invenzione della bilancetta idrostatica, descritta nell'omonimo trattatello in volgare (1586).
Grazie all'appoggio dell'astronomo e matematico Guidobaldo Dal Monte, ottiene nel 1589 la cattedra di Matematica nello Studio di Pisa. Spinto da una forte insoddisfazione nei confronti della scienza aristotelica, intraprende le ricerche sul moto ed inizia a scrivere il “De motu”, rimasto a lungo inedito. Intanto, in seguito alla morte del padre, che gli lascia la responsabilità della madre, delle due sorelle e del fratello, la sua situazione economica diviene assai difficile. Nel 1592 riesce a farsi assegnare la cattedra di matematica allo Studio di Padova, dove allestisce anche un laboratorio. Vi rimarrà per diciotto anni, gli anni più sereni e felici della sua vita, sebbene le difficoltà economiche lo costringano ancora a impartire lezioni private. Stringe rapporti con gli uomini di cultura più in vista (soprattutto con Paolo Sarpi) e relazioni epistolari con i maggiori scienziati europei: Keplero, Gassendi, Welser.
Vari e ricchi sono gli interessi di questo periodo padovano, come rivelano i titoli delle sue opere: il “Trattato di fortificazione”, la “Breve istruzione dell'architettura militare” e “Le Mecaniche”, il “Trattato della sfera ovvero cosmografia”, e “Le operazioni del compasso geometrico e militare”. Nel frattempo, dalla convivenza con la veneziana Marina Gamba, ha tre figli, due femmine e un maschio.
Giorgio Strehler (a sinistra) e Tino Buazzelli (a destra) nella preparazione dello spettacolo "Vita di Galileo" di B. Brecht
In seguito alla riscoperta e al perfezionamento del cannocchiale, nel 1609 compie il passo decisivo che lo avvia a verificare la validità del sistema copernicano. Rivolgendo lo strumento al cielo e applicandolo all'osservazione dei fenomeni celesti, compie una serie di scoperte (la natura montuosa della luna, l'individuazione dei quattro satelliti di Giove), che all'inizio del 1610 vengono presentate nel “Sidereus Nuncius”. In quello stesso anno scopre gli anelli di Saturno, le macchie solari, le fasi di Venere. Poi, spinto dalla necessità di staccarsi dal retrivo ambiente accademico e dalla possibilità di dedicarsi con maggiore libertà alle sue ricerche, torna a Firenze. Nel 1611, dopo aver ottenuto le adesioni dei maggiori astronomi e matematici del tempo, va ad illustrare le sue scoperte, duramente osteggiate dagli scienziati tradizionalisti, proprio a Roma, dove ottiene l'approvazione dai Gesuiti del Collegio Romano, probabilmente ancora inconsapevoli delle implicazioni del programma galileiano. Ma già si destano i primi sospetti d'eresia da parte dell'Inquisizione.
Galileo, dal canto suo, accentua la polemica antiaristotelica contro la scienza ufficiale. Prima, nel 1612, pubblica, il “Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono”. Poi, nel 1613, entra in polemica diretta con un gesuita nelle tre lettere indirizzate a Marco Welser, edite col titolo “Istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e loro accidenti”. Inoltre, prima di stendere la grande opera sul sistema copernicano del mondo, si trova costretto a porre i limiti tra scienza e fede. Nelle quattro famose “Lettere copernicane” (una a Benedetto Castelli, due a Monsignor Dini, e una più ampia alla granduchessa Cristina di Lorena), viene a rivendicare l'indipendenza della scienza dalla religione e il diritto alla libera ricerca scientifica. Così, nonostante gli amici influenti, il 24 febbraio del 1616, da un decreto del cardinale Bellarmino, Galileo viene ammonito ad astenersi, pena il carcere, dal professare e dall'insegnare la teoria copernicana, in quanto inconciliabile con la fede cattolica.
Profondamente amareggiato, tuttavia saldo nelle proprie convinzioni, riprende la polemica e con “Il Saggiatore” – edito a cura degli Accademici dei Lincei nel 1623 e dedicato al suo vecchio amico, il nuovo papa Urbano VIII – risponde al trattato del gesuita Orazio Grassi, “Libra astronomica ac philosophica” (1618), scritto in occasione della comparsa di tre comete.
Joseph Nicolas Robert-Fleury, "Galileo Galilei di fronte all'Inquisizione in Vaticano nel 1632"
Sulla scia del grande successo conseguito con “Il Saggiatore”, suo capolavoro polemico, e sperando in una maggiore apertura della Chiesa verso la nuova scienza, nel 1624 intraprende la composizione del “Dialogo de' Massimi Sistemi”. Dopo una stesura protratta per anni e dopo vari negoziati ed aggiustamenti per ottenere il permesso di stampa, nel febbraio del 1632, esce questo capolavoro della letteratura scientifica di ogni tempo. Ma la carica rivoluzionaria dell'opera scatena subito la reazione dell'Inquisizione, che sequestra il libro e ordina all'autore di recarsi immediatamente a Roma, dove Galileo viene processato e condannato per aver disobbedito all'ingiunzione del 1616. Nel 1633, dopo cinque mesi, il processo si conclude con la sentenza che proibisce il Dialogo, con l'abiura e con la condanna al carcere formale. Grazie al suo prestigio internazionale e al suo atto di sottomissione, Galileo non viene incarcerato ma relegato, prima a Siena presso l'arcivescovo Ascanio Piccolomini, poi nella villa di Arcetri, presso Firenze.
Vecchio, debilitato e cieco, continua a mantenere rapporti con gli scienziati di tutta Europa; sotto l'occhio vigile dell'Inquisizione riprende e porta a termine il capolavoro in cui vengono gettate le basi della dinamica moderna, il trattato “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica ed i movimenti locali”, edito nel 1638 a Leida.
Vigile e sereno, muore ad Arcetri, nel suo «continuato carcere ed esilio», l'8 gennaio del 1642. Le sue spoglie vengono traslate nella basilica di Santa Croce a Firenze solo nel 1736.
Lauricella Giuseppe

Giuseppe Lauricella era nato ad Agrigento il 15 dicembre 1867; è morto a Catania il 9 gennaio 1913 per scarlattina contratta assistendo il figlio ammalato.
Laureatosi a Pisa, dove ebbe come maestri Bianchi, Dini e Volterra, nel 1892 fu assistente in quell'Università per un anno, insegnando poi dal 1895 al 1898 negli Istituti tecnici. Nel 1898 fu nominato, in seguito a concorso, professore di Calcolo infinitesimale all'Università di Catania. Nel 1910 fu chiamato a Roma ma vi rimase un solo anno avendo voluto (già nel 1911) tornare a Catania.
E’ autore di una sessantina di lavori di Analisi e di Fisica matematica. Oggi è particolarmente ricordata una sua condizione per la "chiusura" di un sistema di funzioni ortogonali.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei.
Necrologio: Boll. Mathesis, 5 (1913), pp. 34-40 (L. Silla).
Agnesi Maria Gaetana

Nasce a Milano il 16 maggio 1718 in una famiglia facoltosa di commercianti della seta. Il padre, Pietro, apparteneva alla ricca borghesia milanese, che in quegli anni investiva le ricchezze familiari nel tentativo di elevare il proprio casato al rango patrizio tramite un generoso mecenatismo per le arti e le scienze.
In tale contesto, le figlie Maria Gaetana e Maria Teresa (1720-1795) vengono avviate fin da giovanissime allo studio delle lingue, la prima, al canto ed al clavicembalo, la seconda, e iniziano presto ad esibirsi nel salotto di famiglia. Qui si radunavano parecchi esponenti dell'illuminismo cattolico lombardo legati al movimento di riforma di Antonio Ludovico Muratori (1672-1750) e appoggiato da papa Benedetto XIV. Impegnati in una campagna per un nuovo rigore morale e per la partecipazione attiva dei fedeli alla società civile, questi ecclesiastici si proponevano di armonizzare ragione e fede anche attraverso l’introduzione delle nuove teorie scientifiche (il sistema newtoniano e il calcolo infinitesimale).
ritratto di Maria Gaetana Agnesi
La giovane Maria Gaetana si forma in questo ambiente. Prosegue la sua educazione con i migliori istitutori privati leggendo gli autori classici e testi di filosofia, di etica e di fisica. Nel 1738 pubblica una raccolta di “Propositiones philosophicae”, dove le scienze vengono presentate secondo una prospettiva apologetica e dove solo le Matematiche consentono una “conoscenza certa” e una “contemplazione intellettuale” infusa di spirito religioso. Nello stesso periodo si accentua la sua vena mistica, e si dedica sempre più alla meditazione ed alla vita spirituale. L'anno successivo manifesta la volontà di abbandonare l’attività mondana e la frequentazione dei salotti per prendere i voti: di fronte alle resistenze paterne la giovane acconsente ad un compromesso che le permetta di vivere un’esistenza ritirata senza entrare in convento, ma prestando opera di assistenza presso il reparto femminile dell’Ospedale Maggiore di Milano.
È del 1740 l’incontro con il monaco olivetano Ramiro Rampinelli (1697-1759), docente di Matematica a Padova. Già dal 1735 l’Agnesi si era dedicata allo studio del manuale di calcolo differenziale del marchese de L'Hôpital con l’intenzione di scriverne un commento ad uso didattico. Sotto la guida di Rampinelli affronta i lavori dei matematici italiani cultori del calcolo infinitesimale ed entra in contatto con Jacopo Riccati (1676-1754). Nel 1748 pubblica i due volumi delle “Instituzioni analitiche per uso della gioventù italiana”: come indica il titolo, l’intento dell’autrice è divulgativo e didattico. Qui vi veniva discussa la curva detta Versiera, come la scienziata la battezzò nel 1748. Scrisse anche un commento a Traite analytique des sections coniques du marquis de l'Hôpital che, nonostante l'apprezzamento mostrato dai pochi lettori del manoscritto, non fu mai pubblicato.
Socia di varie accademie scientifiche, nel 1748 viene aggregata all’Accademia delle scienze di Bologna. Papa Benedetto XIV le fa assegnare nel 1750 l’incarico di lettrice onoraria di matematica all’Università di Bologna, che negli stessi anni vede tra i suoi docenti anche la fisica Laura Bassi (1711-1778). Ma nel 1752, alla morte del padre, abbandona l’attività scientifica per dedicarsi alle opere caritatevoli ed al raccoglimento spirituale: pochi anni dopo lascia il palazzo di famiglia e si trasferisce presso le stanze dell’Ospedale Maggiore. Su richiesta dell’arcivescovo di Milano, assume nel 1771 la direzione del reparto femminile del Pio Albergo Trivulzio. Muore il 9 gennaio 1799.
Ricci-Curbastro Gregorio

Era nato a Lugo (Ravenna) il 12 gennaio 1853; è morto a Bologna il 6 agosto 1925.
Studiò nelle Università di Roma e Bologna, laureandosi poi a Pisa nel 1875. In quest'ultima Università fu poi assistente di Ulisse Dini. Dopo un periodo di perfezionamento in Germania con Felix Klein, nel 1880 divenne professore straordinario di Fisica matematica all'Università di Padova, dove dieci anni dopo passò sulla cattedra di Algebra. Gli fu due volte negato (1887 e 1901) il "Premio Reale" dell'Accademia dei Lincei.
Gregorio Ricci-Curbastro
Il principale merito scientifico di Ricci è la creazione del Calcolo differenziale assoluto che costituirà, anche grazie alla collaborazione del suo allievo Levi-Civita con il quale scrisse un lavoro (1900) ormai classico, uno strumento indispensabile per la formulazione della teoria generale della Relatività. Prima però di tale affermazione, il nuovo metodo - di cui venivano indicate solo applicazioni affrontabili anche per altre vie - non incontrò molto favore e ciò spiega l'insuccesso di Ricci nelle due edizioni prima citate del "Premio Reale". Oggi, il "Calcolo" di Ricci si è fuso con quello tensoriale, svincolando quest'ultimo dall'uso esclusivo delle coordinate cartesiane.
Ricci-Curbastro lascia una sessantina di lavori, relativi a un paio su progetti di opere idrauliche.
Socio dell'Accademia dei Lincei e di altre Accademie, fu pure consigliere provinciale di Lugo e consigliere comunale e assessore (di parte cattolica) a Padova.
Necrologio: Memorie Lincei, (6) 1 (1926), pp. 555-564 (T. Levi-Civita); Onoranze a cura del Liceo Scient. «Gregorio Ricci-Curbastro» di Lugo (Faenza, 1954). Questo fascicolo contiene, fra l'altro i discorsi commemorativi di B. Finzi e F. Severi; F. Toscano, Il genio e il gentiluomo. Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività generale, Milano, Sironi, 2004.