Ipazia d'Alessandria
(370 ca - 415)
La più celebre matematica e filosofa dell'antichità. É la prima scienziata la cui vita sia ben documentata ed è una delle poche ad essere citata in quasi tutte le opere storiografiche delle scienze naturali. I suoi scritti sono andati perduti o incorporati in pubblicazioni di altri autori, ma esistono comunque buone fonti contemporanee del suo lavoro e indicazioni delle sue opere in varie raccolte.
Ipazia nacque ad Alessandria d'Egitto, capitale delle scienze dell'Impero Romano e crebbe nel colto ambiente alessandrino. Ricevette un'istruzione di prim'ordine dal padre Teone, matematico e astronomo, direttore del "Museion", la più famosa Accademia dell'antichità. Approfondi i suoi studi presso la Scuola neoplatonica, oltre che ad Atene e in Italia.
Ipazia era ammirata per la sua bellezza e la sua saggezza, ma non si sposò mai e all'età di 31 anni assunse la direzione della Scuola neoplatonica di Alessandria. Insegnante di matematica e di filosofia, ella fu un'autorità e un indiscusso punto di riferimento culturale nello scenario dell'epoca. Scrisse trattati di matematica e compilò tavole astronomiche.
La sua opera più significativa è un commento in tredici volumi all'Aritmetica di Diofanto (Il sec.), il "padre dell'algebra", cui si devono lo studio delle equazioni indeterminate - le diofantee - e importanti elaborazioni delle equazioni quadratiche. Nel suo commento, Ipazia sviluppò soluzioni alternative a vecchi problemi e ne formulò di nuovi che vennero inglobati in seguito nell'opera di Diofanto.
Scrisse anche un commento in otto volumi a Le coniche di Apollonio di Pergamo (111 sec. a.C.), un'analisi matematica delle sezioni del cono, figure che furono dimenticate fino al XVI secolo quando vennero usate per illustrare i cicli secondari e le orbite eli ittiche dei pianeti. In quest'opera Ipazia inserì il Corpus astronomico, una raccolta da lei compilata di tavole astronomiche sui moti dei corpi celesti.
La studiosa fu autrice con il padre di un commento all'Almagesto di Tolomeo, una mastodontica opera in tredici libri che raccoglieva tutte le conoscenze astronomiche e matematiche dell'epoca e di un'edizione riveduta e corretta degli Elementi di Euclide.
Ipazia si occupò anche di meccanica e di tecnologia applicata. Le vengono attribuite due invenzioni: un areometro e un astrolabio piano. Il primo strumento, che determina il peso specifico di un liquido, fu progettato come un tubo sigillato avente un peso fissato ad un'estremità: a seconda di quanto questo tubo affondava in un liquido, era possibile leggerne su una scala graduata il peso specifico. L'astrolabio progettato da Ipazia era formato da due dischi metallici forati, ruotanti uno sopra l'altro mediante un perno rimovibile: veniva utilizzato per calcolare il tempo, per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti. Pare che mediante questo strumento Ipazia abbia addirittura risolto alcuni problemi di astronomia sferica.
Nonostante vivesse in un'epoca fortemente influenzata dalla misoginia aristotelica, in cui le donne venivano considerate esseri inferiori, Ipazia divenne così celebre per il suo acume filosofico che rnolti affrontavano lunghi viaggi per ascoltare le sue lezioni. La sua vita si concluse con una tragica morte, dovuta alle persecuzioni cristiane contro i rappresentanti della scienza ellenistica, che proponevano un razionalismo inconciliabile con la religione emergente. Accadde infatti che alcuni cristiani tra cui il vescovo Cirillo, divenuto Patriarca di Alessandria nel 412, sfruttarono abilmente i conflitti sociali tra le diverse etnie esistenti in città e, dopo la cacciata degli ebrei, iniziarono la sua epurazione dagli "eretici" neoplatonici.
Fu così che Ipazia, pagana, ma convinta sostenitrice della distinzione tra religione e conoscenza, donna che rappresentava una provocazione per la sua condotta di vita indipendente, per l'impegno civile e per la sua influenza politica, cadde vittima di tale persecuzione. Durante un agguato, tesole da un gruppo di fanatici cristiani, fu fatta letteralmente a pezzi. Con lei rnoriva l'ultima scienziata eminente di quell'epoca. L'antica filosofia e scienza ellenistiche vennero riscoperte soltanto nel Rinascimento, un millennio dopo.