Aldo Andreotti
Aldo Andreotti nacque a Firenze il 15 marzo 1924 e morì a Pisa il 21 febbraio 1980.
Dopo aver iniziato gli studi matematici nel 1942 presso la "Normale" di Pisa, nel 1943 si rifugiò in Svizzera dove poté frequentare corsi tenuti da B. Eckman e da G. de Rham. Rientrato a Pisa, conseguì la laurea in Matematica nel 1947 discutendo una tesi relativa a problemi di rappresentazioni conformi. Trascorse a Roma i tre anni successivi, prima come "discepolo ricercatore" presso l'Istituto di Alta Matematica, poi come assistente di Geometria, avendo così occasione di perfezionare le sue conoscenze sotto la guida di Francesco Severi. Dopo un breve soggiorno a Princeton, ove ebbe contatti con S. Lefschetz e con C. L. Siegel, in seguito a concorso fu nominato nel 1951 professore di Geometria a Torino, per essere in seguito (1956) trasferito presso l'Università di Pisa. Nel ventennio seguente, alternò l'attività nella sede pisana con lunghi periodi di insegnamento e di ricerca all'estero. Fu visiting presso le Università di Nancy, Parigi, Princeton, Gottinga, Strasburgo, Brandeis, Stanford, Corvallis (Oregon). Frutto di queste esperienze scientifiche internazionali, sono i suoi contatti con K. Kodaria e Spencer ma soprattutto la collaborazione con H. Grauert e W. Stoll.
La sua produzione scientifica, attestata da 100 pubblicazioni, riguarda principalmente tre settori di ricerca: Geometria algebrica, Analisi e Geometria complessa, Equazioni alle derivate parziali.
Fra i suoi contributi al settore della Geometria algebrica si ricordano: la dimostrazione di dualità tra le varietà di Picard e di Albanese di una superficie algebrica; una celebre dimostrazione del teorema di Torelli; la classificazione delle superfici contenute in una varietà abeliana; i risultati (ottenuti in collaborazione con P. Salmon) connessi al problema delle sottovarietà intersezione completa. Di rilievo sono pure le dimostrazioni, frutto di una collaborazione con T. Fraenkel, dei teoremi di Lefschetz sulle sezioni iperpiane. Vanno infine ricordate le sue ricerche, assieme a A. Mayer, relative al cosiddetto problema di Schottky, che segnarono un ritorno all'impiego di quei metodi classici di Geometria algebrica il cui uso era stato abbandonato da molto tempo. Egli stesso, dall'inizio degli anni '60, si era allontanato da questa disciplina anche sulla base della diffusissima opinione che la Geometria algebrica andasse rifondata su basi analitiche ed algebriche più rigorose.
Aldo Andreotti
Nell'ambito della Geometria complessa, collaborò con H. Grauert, R. Narasimhan e E. Vesentini ottenendo risultati di fondamentale importanza sulla geometria degli spazi analitici. Con H. Grauert sviluppò con metodi di variabile complessa la teoria di tali spazi, per riprenderla successivamente da un punto di vista geometrico differenziale. A questi lavori si aggiungono quelli, in collaborazione con F. Nourguet, dedicati al problema di Levi in cui, mediante la nozione di q-convessità, si fornisce un significato geometrico a certi gruppi di coomologia.
Infine, nell'ambito del terzo campo di ricerca, rientrano i suoi studi sui complessi di operatori differenziali, che estendono al caso di più equazioni risultati di Hormander e altri. In questo settore ebbe come collaboratore il suo ultimo allievo, M. Nacinovich.
Notevole fu l'influenza esercitata da una tale personalità scientifica sulle scelte culturali operate in Italia nell'ambito della Matematica. Il fatto che uno scienziato del suo valore, punto di riferimento per molti colleghi, avesse accantonato lo studio della Geometria algebrica contribuì ad alimentare il generale disagio, tipico degli anni '60, che i geometri manifestavano nei confronti dei cosiddetti metodi classici. Sebbene tale atteggiamento, comune ai maggiori esponenti della comunità matematica dell'epoca, abbia condotto alla disincentivazione delle ricerche nel campo della Geometria algebrica, la posizione di Andreotti va intesa come un invito a riprendere lo studio di tale disciplina (come poi avvenne a partire dagli anni '70) sulla base di aggiornati strumenti tecnici, che tenessero conto dei profondi progressi algebrici.
Un altro suo merito indiscutibile è l'aver acceso in Italia l'interesse per l'Analisi complessa, già così vivo e diffuso nella scuola tedesca.
Dottore honoris causa dell'Università di Nizza, vincitore (1971) del "Premio Feltrinelli" dei Lincei, fu anche socio corrispondente dei Lincei dal 1968 e nazionale dal 1979.
Necrologio: Bollettino U.M.I., s. V, vol. XVIIIA (1981) n. 2 pp. 337-345, a cura di F. Gherardelli; in Selecta di Opere di A.A., Pisa, S.N.S. 1982, a cura di E. Vesentini.