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Beltrami Eugenio

Eugenio Beltrami era nato a Cremona il 16 novembre 1835; è morto a Roma il 18 febbraio 1900.
Ebbe gioventù movimentata e nel 1856 dovette interrompere, prima della laurea, gli studi all’Università di Pavia essendo stato espulso dal collegio Ghislieri per ragioni politiche. Per qualche tempo, frequentò l'Osservatorio Astronomico di Brera in Milano. Costituitosi il Regno d'Italia, nel 1862 Brioschi lo fece nominare, senza concorso, professore straordinario di Algebra e Geometria analitica all'Università di Bologna. Potè così finalmente dedicarsi solo alla scuola e alla scienza, oscillando per un ventennio fra le Università di Bologna (1862-63 e poi, di nuovo, 1866-70), Pisa (1863-66), Roma (1873-76) e Pavia (1876-91). Si stabilì poi definitivamente a Roma, ove succedette a Brioschi nella Presidenza dell'Accademia nazionale dei Lincei. Pochi mesi prima di morire, era stato nominato Senatore del Regno. Nell'Accademia dei Lincei si conserva un suo busto.
Eugenio Beltrami
Per la sua formazione scientifica fu decisivo il periodo pisano (1863-66) in cui ebbe dimestichezza con Enrico Betti e con Bernhard Riemann. Inoltre, avendo dovuto, a Pisa, insegnare anche Geodesia, fu naturalmente condotto a riflettere sui problemi di Geometria differenziale dal punto di vista riemaniano, da cui prese origine la sua celebre realizzazione concreta della Geometria non euclidea sulla pseudosfera. Altri suoi importanti lavori riguardano varie questioni di teoria del potenziale e dell'elasticità, le onde elettromagnetiche etc. e sono, fra l'altro, scritte in una forma lucida ed elegante che ha fatto del Beltrami un vero classico dello stile matematico.
Andreotti Aldo

Aldo Andreotti nacque a Firenze il 15 marzo 1924 e morì a Pisa il 21 febbraio 1980.
Dopo aver iniziato gli studi matematici nel 1942 presso la "Normale" di Pisa, nel 1943 si rifugiò in Svizzera dove poté frequentare corsi tenuti da B. Eckman e da G. de Rham. Rientrato a Pisa, conseguì la laurea in Matematica nel 1947 discutendo una tesi relativa a problemi di rappresentazioni conformi. Trascorse a Roma i tre anni successivi, prima come "discepolo ricercatore" presso l'Istituto di Alta Matematica, poi come assistente di Geometria, avendo così occasione di perfezionare le sue conoscenze sotto la guida di Francesco Severi. Dopo un breve soggiorno a Princeton, ove ebbe contatti con S. Lefschetz e con C. L. Siegel, in seguito a concorso fu nominato nel 1951 professore di Geometria a Torino, per essere in seguito (1956) trasferito presso l'Università di Pisa. Nel ventennio seguente, alternò l'attività nella sede pisana con lunghi periodi di insegnamento e di ricerca all'estero. Fu visiting presso le Università di Nancy, Parigi, Princeton, Gottinga, Strasburgo, Brandeis, Stanford, Corvallis (Oregon). Frutto di queste esperienze scientifiche internazionali, sono i suoi contatti con K. Kodaria e Spencer ma soprattutto la collaborazione con H. Grauert e W. Stoll.
La sua produzione scientifica, attestata da 100 pubblicazioni, riguarda principalmente tre settori di ricerca: Geometria algebrica, Analisi e Geometria complessa, Equazioni alle derivate parziali.
Fra i suoi contributi al settore della Geometria algebrica si ricordano: la dimostrazione di dualità tra le varietà di Picard e di Albanese di una superficie algebrica; una celebre dimostrazione del teorema di Torelli; la classificazione delle superfici contenute in una varietà abeliana; i risultati (ottenuti in collaborazione con P. Salmon) connessi al problema delle sottovarietà intersezione completa. Di rilievo sono pure le dimostrazioni, frutto di una collaborazione con T. Fraenkel, dei teoremi di Lefschetz sulle sezioni iperpiane. Vanno infine ricordate le sue ricerche, assieme a A. Mayer, relative al cosiddetto problema di Schottky, che segnarono un ritorno all'impiego di quei metodi classici di Geometria algebrica il cui uso era stato abbandonato da molto tempo. Egli stesso, dall'inizio degli anni '60, si era allontanato da questa disciplina anche sulla base della diffusissima opinione che la Geometria algebrica andasse rifondata su basi analitiche ed algebriche più rigorose.
Aldo Andreotti
Nell'ambito della Geometria complessa, collaborò con H. Grauert, R. Narasimhan e E. Vesentini ottenendo risultati di fondamentale importanza sulla geometria degli spazi analitici. Con H. Grauert sviluppò con metodi di variabile complessa la teoria di tali spazi, per riprenderla successivamente da un punto di vista geometrico differenziale. A questi lavori si aggiungono quelli, in collaborazione con F. Nourguet, dedicati al problema di Levi in cui, mediante la nozione di q-convessità, si fornisce un significato geometrico a certi gruppi di coomologia.
Infine, nell'ambito del terzo campo di ricerca, rientrano i suoi studi sui complessi di operatori differenziali, che estendono al caso di più equazioni risultati di Hormander e altri. In questo settore ebbe come collaboratore il suo ultimo allievo, M. Nacinovich.
Notevole fu l'influenza esercitata da una tale personalità scientifica sulle scelte culturali operate in Italia nell'ambito della Matematica. Il fatto che uno scienziato del suo valore, punto di riferimento per molti colleghi, avesse accantonato lo studio della Geometria algebrica contribuì ad alimentare il generale disagio, tipico degli anni '60, che i geometri manifestavano nei confronti dei cosiddetti metodi classici. Sebbene tale atteggiamento, comune ai maggiori esponenti della comunità matematica dell'epoca, abbia condotto alla disincentivazione delle ricerche nel campo della Geometria algebrica, la posizione di Andreotti va intesa come un invito a riprendere lo studio di tale disciplina (come poi avvenne a partire dagli anni '70) sulla base di aggiornati strumenti tecnici, che tenessero conto dei profondi progressi algebrici.
Un altro suo merito indiscutibile è l'aver acceso in Italia l'interesse per l'Analisi complessa, già così vivo e diffuso nella scuola tedesca.
Dottore honoris causa dell'Università di Nizza, vincitore (1971) del "Premio Feltrinelli" dei Lincei, fu anche socio corrispondente dei Lincei dal 1968 e nazionale dal 1979.
Necrologio: Bollettino U.M.I., s. V, vol. XVIIIA (1981) n. 2 pp. 337-345, a cura di F. Gherardelli; in Selecta di Opere di A.A., Pisa, S.N.S. 1982, a cura di E. Vesentini.
Scorza Dragoni Giuseppe

Giuseppe Scorza Dragoni era nato il 2 luglio 1908, è morto a Padova il 27 febbraio 1996.
Aveva ricoperto la cattedra di Analisi presso l'Università di Padova dal 1936 al 1962 e vi era tornato nel 1974 dopo quattro anni presso quella di Roma e otto presso quella di Bologna.
Giuseppe Scorza Dragoni
Ha scritto numerose Note e Memorie, raccolte in quattro volumi.
Era socio Linceo e dell'Accademia dei XL. Era anche Professore emerito dell'Università di Padova.
Vitali Giuseppe

Giuseppe Vitali era nato a Ravenna il 26 agosto 1875; è morto a Bologna il 29 febbraio 1932.
Laureatosi in Matematica a Pisa, nel 1899, da allievo della “Normale”, fu per due anni assistente di Dini. Passò poi ad insegnare nelle scuole medie, da ultimo (dal 1904) al Liceo «C. Colombo» di Genova, dove fu pure incaricato alla Scuola Navale Superiore. Dopo una lunga interruzione nell'attività scientifica (1909-22), in cui partecipò attivamente alla vita politica genovese come consigliere e assessore comunale, nel 1923 divenne, in seguito a concorso, professore di Analisi infinitesimale all'Università di Modena, da cui l'anno dopo passò a Padova e successivamente, nel 1930, a Bologna. Nel 1926 era stato colpito da un'emiplegia, che lo lasciò minorato nel corpo ma non nella mente. Rimessosi stoicamente al lavoro dopo la malattia, nonostante fosse impedito di scrivere a mano, redasse dopo l'accidente una metà circa dei suoi lavori, finchè, alla fine di febbraio 1932, un secondo attacco cardiaco lo fulminò a 56 anni, poco dopo che aveva finito di far lezione all'Università di Bologna.
Giuseppe Vitali
Vitali fu essenzialmente un self made man che, per buona parte della sua carriera, lavorò quasi senza contatti con altri scienziati; gli capitò così di arrivare simultaneamente ad altri, ma indipendentemente da loro, specie da Lebesgue, a fondamentali risultati di Teoria delle funzioni di variabile reale che altrimenti gli avrebbero data fama mondiale. Comunque, anche le sole cose per cui la priorità può considerarsi come sua, ad esempio il suo teorema «di copertura», la sua condizione di chiusura di un sistema di funzioni ortonormali, il suo teorema sulle successioni di funzioni analitiche, bastano ad assicurare che il suo nome non verrà troppo presto dimenticato. Negli ultimi anni Vitali si occupò pure molto di un suo Calcolo differenziale assoluto generalizzato e della Geometria degli spazi hilbertiani.
Negli ultimi anni era stato fatto socio dell'Accademia nazionale dei Lincei e di quella di Bologna.
Necrologio: “Rend. Semin. Mat. Padova”, 3 (1932), pp. 67-81 (A. Tonolo); “Bolletino UMI”, 11 (1932), pp. 125-126 (S. Pincherle).
Sbrana Umberto

Umberto Sbrana era nato a Pisa il 2 marzo 1882; è morto a Genova il 17 novembre 1942. Era fratello di Francesco, anch'egli matematico.
Allievo della “Normale” di Pisa, vi si laureò nel 1903 e, dopo aver fruito di un posto di perfezionamento “Lavagna”, dal 1904 al 1906 fu assistente di Ulisse Dini per l'Analisi infinitesimale. Insegnò poi nelle scuole medie, e, negli ultimi anni, in particolare presso l'Istituto tecnico di Genova, dove fu anche responsabile della Biblioteca Universitaria.
Fu autore di vari lavori di Geometria differenziale.
Genocchi Angelo

Angelo Genocchi era nato a Piacenza il 5 marzo 1817; è morto a Torino il 7 marzo 1889.
Cominciò come giurista, laureandosi nel 1838 nella Facoltà giuridica che, dopo i moti del 1831, era stata spostata da Parma a Piacenza. Dopo aver brevemente esercitata l'avvocatura, nel 1846 divenne titolare di Diritto romano nella Facoltà stessa. Dopo la reazione seguita ai moti del 1848, emigrò a Torino e si mise a studiare privatamente Matematica, frequentando le lezioni di Giovanni Plana e di Felice Chiò. Nel 1858, spinto da Chiò, partecipò al concorso per Algebra e Geometria complementare all'Università di Torino e nel 1859 divenne titolare di questa cattedra. Dopo qualche cambiamento intermedio, dal 1863 in poi, insegnò Calcolo fino alla morte, facendosi supplire, negli ultimi anni, da Giuseppe Peano (che poi gli successe).
busto di Angelo Genocchi nei giardini Margherita di Piacenza
I suoi lavori più notevoli, che hanno spesso carattere critico, riguardano la teoria dei numeri, quella delle serie, gli integrali euleriani ecc., ma oggi è soprattutto ricordato per il "Genocchi-Peano": il trattato che rispecchia il suo corso universitario (completato però dalle aggiunte dell'allora suo assistente Peano, che ne formano la parte più notevole). Tuttavia, Genocchi – che di molte di queste aggiunte aveva preso conoscenza solo a pubblicazione avvenuta – in un primo tempo non le aveva molto gradite e non aveva nascosto il suo malcontento.
Fu socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, che diresse dal 1885 alla morte, e di varie altre. Poco prima di morire era stato nominato Senatore del Regno. Un suo busto si trova nell'atrio dell'Accademia delle Scienza di Torino mentre una lapide con medaglione figura nei loggiati dell'Università.
Necrologio: Memorie Accademia Scienze Torino, 39 (1889), pp. 463-495 (F. Siacci); Atti Accademia Scienze Torino, 27 (1892), 1090-1106 (E. D Ovidio); Annali Università Torino per il 1889-90, pp. 195-202 (G. Peano).
Bortolotti Ettore

Ettore Bortolotti era nato a Bologna il 6 marzo 1866; vi è morto il 17 febbraio 1947.
Si era laureato a Bologna, nel 1889, con Salvatore Pincherle di cui fu assistente per 2 anni. Insegnò poi, per alcuni anni, nelle scuole medie finché nel 1900 vinse la cattedra di Calcolo infinitesimale a Modena da dove, nel 1919, passò all'Università di Bologna per l'insegnamento di Geometria analitica. Coadiuvò Pincherle nella fondazione dell'UMI e nell'organizzazione del Congresso Internazionale dei Matematici del 1928 a Bologna.
Si occupò prevalentemente di Storia delle matematiche (soprattutto della scuola algebrica bolognese e di Bombelli, di Evangelista Torricelli e di Paolo Ruffini) con forti accenti nazionalistici.
Necrologio: Periodico di Matematica, (4) 26 (1948), pp. 1-11 (E. Carruccio).
Ciclo di conferenze “Matematica e …” a Urbino 2010/2011
Faà di Bruno Francesco

Francesco Faà di Bruno era nato ad Alessandria, da nobile famiglia, il 29 marzo 1825; è morto a Torino il 27 marzo 1888.
Studiò all'Accademia Militare di Torino e fu inizialmente (1846-1853) ufficiale di stato maggiore, giungendo sino al grado di capitano. Durante tale periodo (1849-51) fu mandato a Parigi a perfezionarsi nelle Matematica nella prospettiva, poi rientrata, di dover curare la formazione dei principi Umberto ed Amedeo di Savoia. Congedatosi dall'esercito, tornò a Parigi dove, nel 1855, si addottorò in Matematiche e, rientrato a Torino, dal 1857 insegnò come libero docente in quell'Università, succedendo, nel 1871, a Felice Chiò per l'Algebra e Geometria analitica. Nel 1876, fu nominato professore straordinario di Analisi superiore. Nel contempo, si dedicava attivamente alla sfera religiosa e nel 1876 fu consacrato prete a Roma. Da allora in poi, pur continuando ad insegnare, fu prevalentemente un sacerdote, fondatore, fra l'altro, di non poche "opere" di assistenza. Giovanni Paolo II, nel 1988, a 100 anni dalla morte, lo ha beatificato.
Francesco Faà di Bruno
Quale matematico, Faà di Bruno è soprattutto ricordato per un trattato del 1876 sulla teoria delle forme binarie che fu anche tradotto in tedesco da Emma Nöther. Alla morte, lasciò incompiuto un ampio trattato sulle funzioni ellittiche.
Costruì sul campanile della chiesa di Santa Zita a Torino - seconda guglia della città - un osservatorio astronomico, da lui usato regolarmente. Tutti gli strumenti di Faà, i suoi telescopi in ottone e legno sono stati recentemente catalogati, restaurati ed esposti in un piccolo museo in via San Donato 31, accanto alla chiesa di Santa Zita.
Necrologio: Annuario Università Torino per l’a.a. 1888-89, pp. 156-164 (E. D'Ovidio); Boll. Bibl. Storia Matematica, 1 (1898), pp. 94-98 (G. Loria). V. Messori, "Un italiano serio. Il beato Francesco Faà di Bruno", Milano, Edizioni Paoline, 1990.
Padova Ernesto

Ernesto Padova era nato a Livorno il 17 febbraio 1845; è morto a Padova il 9 marzo 1896.
Si era laureato a Pisa nel 1866 da allievo della "Normale". Insegnò dapprima in un Liceo di Napoli, per poi essere nominato, nel 1872, su suggerimento di Enrico Betti, professore di Meccanica razionale all'Università di Pisa da dove, nel 1882, passò a Padova. Qui rimase sino alla prematura scomparsa.
Ernesto Padova
Enrico Padova è autore di una cinquantina di lavori di Analisi, Meccanica razionale e Fisica matematica (elasticità, elettro-magnetismo ecc.). In Meccanica analitica, fu tra i primi a trattare questioni di stabilità del movimento.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei.
Necrologio: Rendiconto Lincei, (5) 51 (1896), pp. 284-285 (E. Beltrami).