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VENERDI' 18 DICEMBRE ALLE ORE 16,45
Le tracce della cultura materiale di tutte le civiltà che ci hanno preceduto, testimoniano della seduzione che i motivi geometrici, da sempre, esercitano sull’uomo. Questo fascino si traduce nella propensione che spinge gli esseri umani a decorare tutto ciò che li circonda: gli oggetti, i corpi, l’ambiente.
I pavimenti cosmateschi, coloratissimi tappeti marmorei la cui ricchezza e varietà contrasta con l’austera semplicità delle architetture romaniche nelle quali sono inseriti, nonostante l’inevitabile degrado prodotto dal trascorrere di quasi mille anni, riescono ancora a sopraffare i nostri sensi con la loro vibrante bellezza.
I pavimenti di Carlo Scarpa A quasi mille anni dalle opere dei Cosmati, l’evoluzione più interessante è costituita da un affinamento della capacità di valutare cosa sia riconoscibile come pattern, l’acquisizione di un più sofisticato “senso dell’ordine”. Il pavimento che l’architetto italiano Carlo Scarpa progettò, nel 1961, per uno spazio relativamente piccolo all’interno del museo del palazzo Querini Stampalia a Venezia, è un segno di questo mutamento (Figura 8) [11].
I pavimenti di Tess JarayTess Jaray è un’artista astratta britannica, contemporanea, che nei suoi dipinti ad olio e nelle stampe ha lavorato a lungo con ritmi e motivi. Alla fine degli anni Ottanta, ha rivolto la sua attenzione al progetto di grandi pavimentazioni urbane nell’ambito di un processo di riqualificazione di alcuni dei maggiori centri cittadini in Gran Bretagna. Tra i suoi lavori spiccano alcuni significativi progetti come il distretto della cattedrale di Wakefield e la Centenary place a Birmingham.
Siamo molto simili ai nostri antenati. Condividiamo con loro il piacere della decorazione con motivi geometrici. Il motivo decorativo in architettonica è utile quanto bello, come afferma Christopher Alexander, teorico dell’architettura: “il principale scopo della decorazione nell’ambiente – in edifici, stanze e spazi pubblici- è di descrivere il mondo nel sua interezza connettendone le parti”[18]; “quando [l’ornamento] è ben impiegato viene sempre utilizzato in luoghi dove vi è un autentica mancanza, la necessità di un po’ più di struttura”.
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